In fuga: via dal Nordest 20 mila giovani
Riprendono i flussi migratori di giovani del Nordest, neolaureati che lasciano Veneto e Friuli-Venezia Giulia per cercare lavoro e nuove prospettive. Nonostante il territorio sia tra i più dinamici del Paese. Si tratta di emigrazione qualificata, con laurea e dottorato, che la crisi economica e un mercato del lavoro europeo hanno spinto altrove. La Fondazione Migrantes nel “Rapporto italiani nel mondo 2015” ha messo in fila i numeri del fenomeno. Nell’ultimo anno 15mila veneti si sono trasferiti all’estero, un numero inferiore, in Italia, alla sola Lombardia. Quasi 5 mila sono invece i friulani e i giuliani che hanno lasciato la regione. Per fare un raffronto con le altre regioni la Lombardia “perde” 24 mila abitanti, Sicilia quasi 15 mila, Lazio quasi 14 mila, Piemonte quasi 13 mila. Prendendo in considerazione le prime 20 province, a parte Roma in prima posizione, c’è Milano in sesta, Treviso e Torino al nono e decimo posto, e Udine in diciassettesima posizione: province fra le più ricche del Paese, il che spiega la natura del fenomeno.
Iscritti all’Aire
I cittadini veneti iscritti all’Aire (passaporto italiano e residenza fuori dei confini nazionali) sono oltre 350mila, mentre i friulani si attestano ad oltre 167mila, numeri in crescita da anni. «È un fenomeno cui stiamo assistendo da sei-sette anni: giovani veneti e friulani hanno ripreso ad emigrare – commenta Devi Sacchetto, professore di Sociologia dei Sistemi economici e Migrazioni dell’Università di Padova – Questi giovani hanno un’idea di mercato del lavoro europeo, non più nazionale, e trovano agevole cercare un’occupazione altrove. Credo che il fenomeno non sia destinato a esaurirsi una volta passata la crisi, se mai passerà. È comunque una tendenza tipica delle zone più ricche d'Europa».
Domanda di lavoro
Le motivazioni di questo fenomeno possono essere ricercate nella domanda di lavoro presente nel territorio. «Nel Nordest sono presenti moltissime aziende manifatturiere che offrono lavoro di tipo manuale – prosegue il sociologo padovano – Mentre i giovani intendono smarcarsi da questo tipo di lavori e mirano ad un percorso di accrescimento culturale».
A mancare in Italia è anche una prospettiva di crescita. «Il dato del reddito non è il fattore determinante nella scelta di emigrare, molti giovani accettano stipendi inferiori che in Italia: quello che conta sono le prospettive, che qui purtroppo mancano», spiega Giacomo Vendrame, segretario della Cgil Treviso, in passato responsabile del Nidil, il sindacato che segue i lavoratori precari. «Se ne vanno lavoratori sempre più qualificati, questo è il dramma. Vanno all'estero e hanno successo – aggiunge Vendrame – Questo purtroppo è legato al difficile rapporto tra impresa e fattore della conoscenza nei nostri territori: molte imprese pensano che il giovane laureato non serva, che sia un problema. E invece le imprese che hanno successo sono proprio quelle che capiscono che i laureati aiutano i processi di innovazione. Il problema non è che i giovani vanno via – conclude – È che non tornano, così perde tutto il sistema». Il Nordest è sempre stato terra di emigrazione, ma ora tutto è cambiato. Un esempio è quello che sta accadendo con i gelatieri. Dagli anni ’50 un flusso costante di lavoratori dal Cadore, e poi dal resto del Nordest, si è diretto verso Nord, specie in Germania.
Non più disperazione
«Allora l’emigrazione era legata alla disperazione, molto diversa da oggi», spiega da Berlino Annalisa Carnio, trevigiana di Roncade, emigrata nella capitale tedesca nel 1988. Cura le pubbliche relazione dell’Unione Gelatieri Italiani in Germania, associazione nata nel 1969 e che unisce oltre mille gelaterie dove trovare il vero “Italienisches Eis”. «L’emigrazione delle gelaterie è stata sempre atipica – prosegue Annalisa Carnio, ora con doppia cittadinanza – La gente andava a fare la stagione di otto mesi in Germania e tornava durante l’inverno. Avevano doppia residenza: si sono sempre considerati cadorini o veneti e in Germania si sono realizzati professionalmente». E si arriva ora al paradosso che non si trovano più lavoratori stagionali italiani. Le gelaterie cercano disperatamente italiani e danno da lavorare a tutti, anche a tedeschi e inglesi, ma non trovano ragazzi italiani. Come ad esempio in una grossa gelateria a Berlino, gestita da due imprenditori di Conegliano. Qui i dipendenti sono una sessantina, di 10 nazionalità diverse, ma nessun italiano a parte due collaboratori “storici”.
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