Lavoro flessibile al porto di Trieste. Ora i camalli manovrano i treni

Esperimento con sette dipendenti dell’agenzia Alpt. Il presidente Mariani: «Così affrontiamo i picchi di attività»
Piercarlo Fiumanò

Il lavoro flessibile entra nel porto di Trieste. L’esperimento è partito già nei mesi scorsi, ma è da qualche giorno che sette giovani lavoratori dell’Agenzia per il lavoro portuale di Trieste (ex articolo 17 della legge sui porti) presieduta da Francesco Mariani, dopo avere superato un duro corso di formazione durato mesi, stanno coprendo le esigenze di Adriafer, società dell’Authority diventata impresa ferroviaria. Un caso eccezionale che potrebbe però aprire la strada a nuovi modelli di relazioni sul lavoro e non solo nel porto di Trieste.

Eccezioni ci sono già state come nel caso dei portuali genovesi impegnati nello smantellamento della Concordia. Ma nello stesso porto di Genova, guidato dalla compagnia portuale Culmv che è la più grande in Italia, non sono mai state consentite deroghe al lavoro portuale tradizionale anche in presenza di una forte richiesta di gruisti: «Forniamo personale per i picchi di lavoro. Garantiamo la presenza di lavoratori specializzati (due sono laureati) e già formati in grado di svolgere più mansioni. Il porto non è un’industria e l’attività dello scalo è condizionata dal meteo e dall’instabilità geopolitica come sta accadendo in questi giorni a causa della crisi nel Mar Rosso che sta ritardando l’arrivo delle navi costrette a circumnavigare l’Africa. In questo modo riusciamo ad affrontare in modo flessibile i momenti di picco del lavoro. L’Agenzia sta aggiungendo mansioni e professionalità in più», sottolinea Mariani.

La novità trova fondamento nell’accordo di secondo livello di Adriafer (siglato da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Usb e Ugl) società controllata interamente dall’Autorità di sistema portuale che gestisce il servizio di manovra portuale a Trieste e ha di recente adottato e applicato il contratto dei portuali. Sul campo sono entrati quindi giovani “camalli” già formati dotati anche delle necessarie competenze per fare i manovratori: formazione di treni, gestione degli scambi e altri interventi in coordinamento con i macchinisti. L’iniziativa è stata definita «molto positiva» dal dg dell’Associazione Nazionale Compagnie Imprese Portuali Gaudenzio Parenti, che in una conversazione con Shipping Italy ne auspica un’estensione su scala nazionale: «Certo il contesto di Trieste è l’ideale per trovare gli equilibri giusti grazie alla presenza di persone di grande esperienza e capacità quali Zeno D’Agostino, presidente dell’Authority e Franco Mariani, che guida l’Alpt». «Sicuramente ci sono aspetti da approfondire, a partire da quelli contrattuali e salariali, ma la nostra posizione è positiva», commenta Amedeo D’Alessio, della segreteria Filt-Cgil.

L’attività di Adriafer, che ha circa 130 dipendenti con una età media di 34 anni, è strettamente integrata al lavoro portuale, così come ai ritmi del terminalisti. «Abbiamo sempre creduto che i lavoratori ex art. 17 legge 84/94 rappresentino la professionalità imprescindibile per dare continuità alle attività portuali: un insieme di orgoglio portuale e resistenza alla fatica e alle intemperie e contemporaneamente con quel contenuto di intelligenza, capacità e professionalità che hanno consentito a 7 lavoratori su 9 di superare prove di selezione psico-fisiche complesse, alla conoscenza teorica e pratica della movimentazione ferroviaria» si legge in una nota di Usb.

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