La manifattura resta debole. Mercato interno in forte flessione
La produzione industriale in provincia di Udine è diminuita del 3,5% nel quarto trimestre del 2024

Resta debole l’andamento dell’industria in provincia di Udine. I dati del quarto trimestre 2024, diffusi ieri dall’ufficio studi di Confindustria su un campione rappresentativo delle aziende associate, due terzi del totale per numero di addetti, confermano che non siamo ancora davanti a un’inversione di tendenza, anche se il rallentamento, nel corso di tutto l’anno passato, è stato meno accentuato rispetto al 2023. E le incognite perdurano in questo primo scorcio di 2025, con la crisi della Germania sempre presente e i possibili dazi americani sulle merci europee all’orizzonte.
In dettaglio, nel quarto trimestre 2024 la produzione industriale in provincia di Udine è diminuita del 3,5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma è cresciuta dell’1% rispetto al terzo trimestre 2024, quello estivo, contrassegnato dalle chiusure per ferie di tutte le grandi e piccole aziende. Al calo tendenziale ha contribuito maggiormente la decisa flessione delle vendite in Italia, -7,3%, mentre quelle all’estero, +0,2%, hanno sostanzialmente tenuto. Non ci sono buone notizie dagli ordinativi o da nuove commesse: nel quarto trimestre sono risultati in diminuzione del 5,2% rispetto allo scorso anno.
La meccanica ha fatto segnare -0,1% la variazione congiunturale (rispetto al trimestre precedente), -2,1% quella tendenziale (rispetto stesso trimestre dell’anno precedente), siderurgia +2,5% la variazione congiunturale, -8,0% quella tendenziale, legno e mobile +0,7% la variazione congiunturale, +2,5% quella tendenziale, alimentare e bevande -0,1% la variazione congiunturale, +11,5% quella tendenziale, cartarie -3,1% la variazione congiunturale,-7,8% quella tendenziale, gomma e plastica 2,8% la variazione congiunturale, -0,2% quella tendenziale, chimica -5,0% la variazione congiunturale, +6,2% quella tendenziale, materiali da costruzione +2,0% la variazione congiunturale, zero quella tendenziale. Risultati in diminuzione del 5,2% rispetto allo scorso anno.
Complessivamente, il 2024 si chiude con una diminuzione della produzione industriale dell’1,9% rispetto al 2023, terzo arretramento annuo consecutivo (-3,3% sia nel 2023, sia nel 2022, mentre nel 2021 si registrò un +12,9% grazie ai massicci ordini post pandemia che risollevarono tutto il comparto industriale). Guardando a tutto l’anno, soltanto l’alimentare, +1,5%, la chimica, +5,2%, la gomma e plastica, +1,5%, evidenziano un percorso di crescita rispetto al 2023. I restanti settori registrano invece variazioni negative: siderurgia -3,3%, meccanica -1,9%, legno e arredo -0,4%, cartarie -1,3%, materiali da costruzione -1,9%, tessili -3,2%, pelli e cuoio -3,3%.
Le attese delle imprese sono orientate alla cautela: l’89% ritiene che la produzione nei prossimi mesi resterà stabile. Soltanto il 9% prevede una crescita, mentre il 2% si aspetta una contrazione. Nonostante il rallentamento, l’impatto della crisi del manifatturiero sui livelli occupazionali sembra essere meno marcato rispetto agli altri indicatori, segnando comunque una flessione congiunturale dello 0,6%.
«I motivi della flessione – commenta Luigino Pozzo, presidente di Confindustria Udine - sono diversi. La domanda interna e gli investimenti sono molto deboli, compressi questi ultimi da tassi ancora non rientrati dai picchi passati e da un piano Transizione 5.0 che non è mai decollato. La situazione internazionale è incerta, sia quella geopolitica che quella tecnologica, con la revisione del Green deal. Il costo dell’elettricità in Italia, comparando le medie di febbraio, è superiore del 17% a quello della Germania, del 23% a quello della Francia, del 39% a quello della Spagna e, addirittura, del 151% rispetto a quello dei Paesi scandinavi. Pesano la recessione della Germania e le prospettive di dazi degli Stati Uniti, primo e secondo partner commerciale per noi. Si tratta comunque di una crisi ciclica intrecciata con quella strutturale di alcuni settori, quali l’automotive, ma non è di sistema: le imprese restano complessivamente solide, anche patrimonialmente».
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