Il modello Faber: «Così si riconverte la produzione»

A Castelfranco sono tornate parzialmente in funzione le linee per lavorazioni di ambito bellico

Giorgio Barbieri
La sede di Faber industrie spa a Cividale del Friuli.
La sede di Faber industrie spa a Cividale del Friuli.

Nel giugno 2022, pochi mesi dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, era finita al centro di un caso internazionale. Il presidente del consiglio Mario Draghi aveva infatti esercitato il Golden Power, ovvero il potere da parte dell’esecutivo di bloccare operazioni finanziarie in settori strategici di interesse nazionale, per bloccare la cessione al colosso russo Rosatom della Faber, azienda di Cividale del Friuli con uno stabilimento anche a Castelfranco Veneto specializzata nella progettazione, produzione e distribuzione di bombole e sistemi per gas ad alta pressione con un fatturato nel 2023 di quasi 90 milioni di euro. E oggi, nel pieno del dibattito sul riarmo in Europa, Faber è tornata nuovamente al centro dell’attenzione.

L’azienda che ha raccolto una parte dell’eredità della Simmel, che per settant’anni nel Trevigiano ha realizzato bombe e esplosivi prima a Castagnole poi a Castelfranco fino alla crisi e alla dismissione a fine anni Novanta, per contrastare la crisi ha infatti iniziato a produrre bossoli e ogive: le linee che prevedevano lavorazioni di ambito bellico, attive fino agli anni Novanta, in tempi recenti sono dunque tornate parzialmente in funzione.

La capacità di adattarsi alle richieste del mercato è però una specialità dell’azienda friulana. Al lavoro ci sono infatti una sessantina di addetti che durante la pandemia erano passati dalle bombole del gas a quelle a usi sanitari.

La riconversione delle fabbriche ad un’economia maggiormente votata alla Difesa, se necessaria per salvaguardare i posti di lavoro, non trova l’opposizione da parte dei sindacati. «L’idea di rilancio può essere quella di andare sul settore della difesa», ha spiegato Alessio Lovisotto, segretario Fim Cisl Treviso Belluno, «tuttavia va sottolineato che i concetti di sicurezza nazionale e di sicurezza europea passino attraverso passi attraverso la deterrenza. E la deterrenza è fatta anche da queste produzioni».

Tanto che sono proprio i sindacati a invitare la dirigenza di Berco, l’azienda ora in difficoltà che insieme a Faber raccolse l’eredità di Simmel specializzandosi nella produzione di pezzi per i cingolati, a chiedere di prendere a modello ciò che stanno facendo in Faber. La riconversione è infatti vista come una possibile soluzione per andare avanti e superare la crisi.

Come detto in precedenza il modello Faber aveva attirato anche le attenzioni dei russi di Rusatom Gastech, della galassia Rosatom, l’azienda del nucleare controllata dal Cremlino, che aveva offerto 150 milioni di euro per acquisire dalla famiglia Toffolutti gli stabilimenti di Cividale del Friuli e Castelfranco.

Un’operazione, che con la guerra in Ucraina da poco scoppiata, era stata bloccata da governo Draghi. «L’operazione», ha spiegato l’azienda, «era stata effettivamente studiata e sviluppata con grande discrezione nel corso di molti mesi precedentemente al mutamento di scenario nel quadro geopolitico ed era volta a rafforzare significativamente l’azienda attraverso l’approvvigionamento competitivo delle materie prime (di cui la controparte era ed è importante produttore), la messa a disposizione di ingenti capitali, e un importante investimento tecnologico che la controparte si era impegnata ad eseguire nei siti produttivi italiani».

Ma a Nord Est ci sono altre aziende che già hanno sviluppato una «divisione Difesa». Tra questa la vicentina Officina Stellare che collabora anche con la Nasa: il core busines s sono le ottiche e per il settore militare fornisce «sistemi come risorse di precisione per l’industria della difesa», ossia «strumenti di misura e taratura» con «molteplici utilizzi dai prodotti più classici per la caratterizzazione e lo sviluppo di bersagli balistici, alle applicazioni più moderne legate alla sicurezza e alle tecnologie Direct Energy».

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