Salari e stipendi, alto il divario tra Nord e Sud, ma il Nordest non brilla
L’analisi della Cgia sulle retribuzioni anche alla luce del dibattito sul salario minimo. Meglio sarebbe «l’applicazione della contrattazione di secondo livello, il taglio dell’Irpef e il rinnovo dei contratti entro la scadenza»

Un Paese spaccato a metà anche sotto il profilo delle retribuzioni. A Milano la busta paga pesa in media il 90% in più che a Palermo. Considerato l’anno 2021 (dati Inps) un lavoratore dipendente occupato nel settore privato della città meneghina percepiva una retribuzione media annua di 31.202 euro contro i 16.394 di uno palermitano a fronte di una media nazionale di 21.868 euro. La questione, riproposta dall’ultima elaborazione della Cgia di Mestre, è annosa e ripropone il tema dello squilibrio retributivo tra Nord e Sud. Tra centro e periferia. Una divisione che vede il Nordest piazzarsi generalmente sopra la media nazionale. Quasi tutte le province di Veneto e Friuli Venezia Giulia vantano per i propri lavoratori dipendenti una retribuzione media annua superiore ai quasi 22 mila euro nazionali. A far meglio di tutte è Trieste, che si piazza al 7° posto della classifica provinciale con 24.747 euro di retribuzione media annua (+13% della media italiana), seguono al 12° posto Vicenza con 24.139 euro (+10,4%), al 14° Treviso con 23.836 euro (+9%), al 15° Padova con 23.788 euro (+8,8%), al 17° Pordenone 23.451 euro (+7,2%), al 25° Verona con 22.726 euro (+3,9%) e al 32° Udine 22.116 euro (+1,1%). Restano invece sotto la media nazionale Belluno, che si piazza al 33° posto con 21.754 euro (-0,5%), Gorizia al 39° con 20.834 euro (-4,7%), Venezia al 43° con 20.454 euro (-6,5) e Rovigo al 49° con 19.811 euro (-9,4%). Le disuguaglianze salariali tra le ripartizioni geografiche sono da ricondursi al fatto che nel settore privato le multinazionali, le utilities, le imprese medio-grandi, le società finanziarie, assicurative e bancarie, quelle che tendenzialmente riconoscono ai propri dipendenti stipendi molto più elevati della media, sono ubicate prevalentemente nelle aree metropolitane del Nord. A questo si aggiunga che il lavoro irregolare è diffuso soprattutto nel Mezzogiorno e da sempre questa piaga sociale ed economica provoca un abbassamento dei salari contrattualizzati dei settori di agricoltura, servizi alla persona e commercio tra gli altri, ubicati nelle aree interessate da questo fenomeno. Meno profonde sono invece le differenze salariali tra lavoratori dello stesso settore. «Possiamo dire pertanto - dichiara Cgia - che in Italia le disuguaglianze salariali a livello geografico sono importanti, ma, grazie a un preponderante ricorso alla contrattazione centralizzata, abbiamo differenziali più contenuti rispetto agli altri Paesi. Per contro, la scarsa diffusione in Italia della contrattazione decentrata - istituto, ad esempio, molto diffuso in Germania - non consente ai salari reali di rimanere agganciati all’andamento dell’inflazione, al costo delle abitazioni e ai livelli di produttività locale, facendoci scontare anche dei gap retributivi medi con gli altri paesi molto importanti». Il problema dei lavoratori poveri, segnala la Cgia riprendendo una segnalazione del Cnel, non parrebbe del resto riconducibile ai minimi tabellari troppo bassi, ma al fatto che durante l’anno queste persone lavorano un numero di giornate molto contenuto. «Più che a istituire un minimo salariale per legge - dichiara l’associazione di categoria - andrebbe contrastato l’abuso di alcuni contratti a tempo ridotto». E ancora «bisognerebbe continuare nel taglio dell’Irpef e nella maggiore diffusione della contrattazione decentrata». Premiando la decontribuzione e il raggiungimento di obbiettivi di produttività. Ma i contratti di secondo livello a oggi coinvolgono solo 3,3 milioni di dipendenti, il 20% del totale. Allo scorso 15 giugno erano presenti presso il Ministero del Lavoro 10.568 contratti attivi di secondo livello - 9.532 di natura aziendale e 1.036 territoriali -, il 72 per cento sottoscritto al Nord: Lombardia (3.218), Emilia Romagna (1.362) e Veneto (1.081) le regioni forti del numero più elevato, 335 in Fvg. Maura Delle Case
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