Il sistema moda in crisi: perdita di posti di lavoro e di competenze

Il Tavolo di settore con Confindustria, Confartigianato, Confesercenti, Cna e Confcommercio evidenzia la difficile congiuntura: export in calo e crescente ricorso agli ammortizzatori sociali

Isabel Barbiero

Moda veneta in affanno, export in calo e mancano tecnici specializzati: una battuta d’arresto più pesante rispetto alle crisi passate, che evidenzia tutta la fragilità del comparto. La flessione delle esportazioni (-7,6% nel terzo trimestre 2024) pesa su un settore che vale 9 miliardi di export, aggravata dalla crisi del lusso, dall’incertezza geopolitica che frena i consumi, e dallo stallo del mercato cinese.

In più, secondo le stime, tra il 2023 e il 2027 solo nel Nord Est serviranno 14.500 nuove figure professionali, su un totale di 100 mila richieste a livello nazionale.

La moda, che ha sempre puntato sulla sua capacità di reinventarsi, oggi si scontra con margini di manovra sempre più stretti: il quadro è stato tracciato durante il Tavolo Veneto della Moda, che ha riunito Confindustria, Confartigianato, Cna, Confesercenti Moda e Confcommercio Federmoda. Per contrastare la crisi e rispondere al fabbisogno formativo, la Regione ha stanziato 20 milioni di euro destinati alla formazione, di cui 5 milioni riservati a progetti specifici per il settore moda.

Nel 2019, prima del Covid, il sistema moda regionale impiegava 80.210 addetti, di cui 24.920 in aziende artigiane. Nel 2023 questo numero è sceso a 20.944, per arrivare a quota 19.343 nel 2024, un'emorragia che è occupazionale ma anche di competenze e che colpisce il cuore manifatturiero del settore, l’artigianato, lasciando scoperti ruoli chiave.

«Una perdita di competenze importante che il mondo dell’artigianato subisce molto di più rispetto al mondo dell’industria» spiega Stefano Miotto, direttore di Confindustria Veneto Siav.

Se l’occupazione flette, contemporaneamente mancano figure chiave come tecnici dell’industrializzazione, prototipisti, disegnatori, grafici e modellisti per calzature, pelletteria, sartoria e maglieria.

«Abbiamo promosso l’attivazione di ammortizzatori sociali in deroga per sostenere le imprese in difficoltà», annuncia l’assessore regionale al Lavoro e alla Formazione, Valeria Mantovan.

Il ricorso agli strumenti di sostegno al reddito è diventato ormai strutturale per il comparto moda, a fronte del calo occupazionale che sta colpendo i settori tessile, abbigliamento, concia e calzature. Infatti, tra gennaio e settembre 2024, rispetto allo stesso periodo del 2023, le ore di cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo) sono aumentate del 91% nel tessile, del 90,1% nell’abbigliamento e del 57,6% nel comparto concia-calzature.

Ancora più allarmante il ricorso all’assegno di integrazione salariale (Ais), con un incremento superiore al 200% nelle ore e giornate utilizzate.

È il Passaporto Digitale del Prodotto (DPP) il fulcro delle nuove sfide che attendono il manifatturiero di fronte alle normative europee sulla sostenibilità. Una sorta di carta d'identità elettronica del prodotto, che ne accompagnerà l’intero ciclo di vita: dai materiali utilizzati alla produzione, dalla possibilità di riparazione fino alle modalità di smaltimento.

«Ci auguriamo che queste normative non si traducano in fanatismi green o in eccessi di burocrazia» sottolinea il coordinatore del Tavolo Veneto della Moda, Roberto Bottoli, «e che gli obblighi non gravino solo sui produttori europei».

Intanto il cambiamento apre spazi significativi per le tecnologie emergenti: blockchain, QR code, RFID e sistemi di gestione dati integrati diventeranno strumenti indispensabili per garantire l'affidabilità delle informazioni contenute nei passaporti digitali. Per le categorie della moda, si tratta di «un contesto che promette di stimolare l’ecosistema delle startup tech e delle soluzioni software a supporto delle imprese».

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