Spettro disoccupazione per oltre 60 mila veneti

Il 31 marzo scadrà il blocco dei licenziamenti, una catastrofe sociale se non sarà prorogato. Le stime sulla perdita di posti di lavoro in base ai dati sulla cassa integrazione
Immagine simbolo: una manifestazione del comparto Ho.Re.Ca, tra i più colpiti dalla crisi sanitaria
Immagine simbolo: una manifestazione del comparto Ho.Re.Ca, tra i più colpiti dalla crisi sanitaria

Quale sarà il conto del Covid sul mercato del lavoro? L’impatto sarà monstre, i posti di lavoro persi saranno decine di migliaia nel Nordest italiano, locomotiva industriale del paese.

Non esistono dati ufficiali al momento, ovviamente, si tratta di stime.

È infatti noto che fino a che perdurerà lo stop ai licenziamenti non si vedrà il colpo inferto dalla pandemia. Dalle stime elaborate utilizzando il valore del Fte (il full time equivalent che considera le ore lavorate mensilmente) sul monte ore di Cig (cassa integrazione), registrate a dicembre, i licenziamenti potrebbero coinvolgere tra le 62 mila fino alle oltre 93 mila persone (considerando anche il Fondo d'Integrazione Salariale) per tutto il Triveneto.

Un valore verosimile, considerando che la Cgil ha ipotizzato per il solo Veneto la sparizione di 50 mila posti. In realtà, il valore per la nostra regione utilizzando il monte ore di cassa (escludendo tra l'altro la cassa integrazione straordinaria) porterebbe ad un totale di oltre 60 mila posti a rischio. «Il prossimo 31 marzo scade il blocco dei licenziamenti e senza una proroga della misura ci troveremo a dover fare i conti con una crisi senza precedenti. Uno tsunami che potrebbe avere anche un impatto maggiore» ha detto Christian Ferrari segretario della generale Cgil Veneto in una recente intervista.

“Il prossimo 31 marzo scade il blocco dei licenziamenti e senza una proroga della misura ci troveremo a dover fare i conti con una crisi senza precedenti. Uno tsunami che potrebbe avere anche un impatto maggiore” ha detto Christian Ferrari segretario della generale Cgil Veneto in una recente intervista.

Prima di tutto va spiegato il dato.

Abbiamo analizzato l’ultima rilevazione sulla richiesta di Cassa Integrazione pubblicato dall’Inps. Il totale ore autorizzate per l’ultimo mese del 2020 è pari a 20.978.143, questo dato comprende la cig, la cigs e la cassa in deroga.

Mediamente il tiraggio della cassa, che ancora non è stato reso noto, viaggia sul 50 per cento. Significa che sul totale delle ore autorizzate ne vengono effettivamente utilizzate circa la metà. Questo monte viene diviso per una corrisponde forza lavoro equivalente pari a circa 168 ore mensili per singolo occupato full time. Vuol dire che sul totale della cassa richiesta nell’ultimo mese sono risultati circa 62.434,9494 lavoratori in cig in tutto il Triveneto: Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige.

Un dato che diventa esplosivo se si considerano anche gli utilizzatori del Fis, che riguardano attività che non sono coperti dalla cassa integrazione, banalmente il settore del commercio, ma non solo il commercio. In tutto il Triveneto il monte ore Fis è stato, nel solo mese di dicembre, pari 10.304.143 ore.

Applicando la stessa metodologia e sommando queste ore agli oltre 20 milioni della cig esce un numero spaventoso: 93.102 in cassa. Prima di qualsiasi altra valutazione, va detto che le stime a livello nazionale parlano di una perdita pari a 1 milione di posti di lavoro, il solo Veneto mediamente viene considerato pari al 10% dei valori nazionali. Il numero che nesce fa paura ed è addirittura superiore a queste stime empiricamente calcolate.

Non si tratta di creare allarmismo, ma di lanciare un warning sulla situazione, che da qui a qualche mese ci troveremmo a dover fronteggiare senza la creazione di un accordo trasversale che eviti il peggio. La tragedia sanitaria rischia di avere una coda, altrettanto dolorosa, di disastro sociale. Con tutto quello che questo può voler dire.

Le indicazioni che arrivano dalle parti sociali sono di relativa buona salute per la parte industriale. Ma si sa che in questo frangente a soffrire di più sono le moltissime attività fatte di pochi dipendenti, le microimprese inghiottite nel blackout delle chiusure forzate per il contenimento della pandemia. Mogliaia di artigiani, piccoli commercianti, ristoratori, attività ricreative, associazioni sportive e artistiche di vario genere.

Per esempio, tutti gli interventi fatti dalla Fsba, la cassa integrazione per gli artigiani gestita dagli enti bilaterali, esce da questo orizzonte statistico. Ricordando che dalle statistiche sfuggono moltissimi invisibili del lavoro. E ricordando che nonostante questa crisi che ha portato ad un calo del prodotto interno lordo italiano nell’ordine del 10 per cento il numero di richieste di Naspi, cioè l’ndennità mensile di disoccupazione è stabile ai dati 2019.

“Serve un patto regionale per salvaguardare i posti di lavoro - spiega Ferrari della Cgil. È questo che unitariamente chiediamo alla giunta veneta e alle associazioni datoriali: affrontare la fase complicata che si aprirà ponendosi l’obbiettivo di una gestione condivisa delle ristrutturazioni, rinunciando ai licenziamenti unilaterali e attivando preventivamente tutti gli strumenti a disposizione per scongiurarli: cassa integrazione, contratti di solidarietà, fondo nuove competenze, percorsi di formazione”.

L’onda non è ancora arrivata, servono gli argini per fermarla.

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