Le donne non fanno carriera e sono pagate meno degli uomini: uno studio spiega perché

Osservatorio JobPricing sulle differenze di genere nel mercato del lavoro privato italiano: Italia fanalino di coda in Europa, le cifre sono impietose
Euro gender pay gap
Euro gender pay gap

L’Osservatorio JobPricing (quest’anno in collaborazione con Spring Professional e Fondazione Libellula) ha pubblicato oggi il suo studio annuale sul Gender Gap nel mercato del lavoro (privato) italiano: Quali sono le differenze fra uomini e donne in termini di opportunità, occupazione e prospettive di carriera? Quanto guadagnano le donne rispetto ai colleghi uomini? Perché? Com’è la situazione italiana rispetto a quella del resto del mondo? Le differenze salariali uomo-donna stanno diminuendo o crescono? Le donne sono soddisfatte della loro retribuzione?

GENDER GAP: ITALIA, EUROPA E MONDO A CONFRONTO

1.Per colmare il Gender Gap nel mondo potrebbero volerci quasi 100 anni: secondo il GLOBAL GENDER GAP REPORT 2020 del WORLD ECONOMIC FORUM, la capacità di colmare le differenze di genere fra uomini e donne a livello mondiale è del 68,6%. Dal 2006 ad oggi la riduzione del gender gap è stata mediamente di tre punti percentuali all’anno. Rispetto alla scorsa edizione, la riduzione del gap prevede un arco temporale inferiore di quasi dieci anni, grazie a progressi in tutti gli item che compongono l’indice, ad esclusione dell’item che misura la partecipazione e le opportunità economiche; il tempo richiesto per colmare il gap di quest’ultimo item si attesta a 257 anni.

2.L’Italia perde 6 delle 12 posizioni guadagnate lo scorso anno nella classifica WEF sulle differenze di genere, e rimane al 17° posto in Europa. secondo lo studio annuale del WORLD ECONOMIC FORUM (Global Gender Gap Report 2020) il GENDER GAP INDEX, che misura le differenze di genere  in  campo  sanitario e  della  salute, della  partecipazione e opportunità economiche, dell’istruzione e della  partecipazione  politica, è nel ns. paese pari a 70,7%  (dove 100% indica la parità raggiunta). 

A  livello mondiale l’indice  medio  è  del  68,6%.  Su 153 paesi  siamo  settantaseiesimi,  e  prendendo  a  riferimento  solo  l’area  relativa  all’Europa Occidentale (quella mediamente più virtuosa), siamo al 17° posto su 20 paesi, davanti solamente a Grecia, Malta e Cipro.

3.Secondo i dati WEF, la partecipazione politica e quella economica delle donne hanno nel ns. Paese livelli del tutto insufficienti. E al di là della posizione in classifica (la prima ci vede comunque nel gruppo di “testa”, la seconda ci vede al 117° posto) gli indici mostrano quanto l’Italia sia arretrata in questi due ambiti: secondo il GLOBAL GENDER GAP REPORT 2020 del WORLD ECONOMIC  FORUM,  guadagniamo  una  posizione  in  classifica  rispetto  allo  scorso  anno  nell’area  della  partecipazione ed  opportunità  economiche  delle  donne, ma il gap da colmare è ancora  superiore  al  40%.  Molto grave invece  il  campo  della  valorizzazione politica, dove il nostro paese rimane nella parte alta della classifica, ma con un gap da recuperare di oltre il 73%.

4.L’aspetto più critico della bassa partecipazione economica delle donne in Italia è il c.d. Gender Pay Gap: l’indice medio a livello mondiale per quanto concerne l’equità di salario a parità di lavoro fra maschi e femmine è del 61,3%. In Italia siamo fermi al 52,9%.  (125°  posto  nella  classifica  del  WORLD  ECONOMIC  FORUM).  Eurostat  attesta  il  gender  pay  gap  italiano  al  20,7%,  posizionando il ns. Paese al 18° posto su 24 Paesi dell’UE

IL MERCATO DEL LAVORO ITALIANO

1.La partecipazione delle donne al mercato del lavoro potrebbe portare benefici evidenti: il PIL mondiale potrebbe crescere fino al 35% ed arrivare a 28 trilioni di dollari entro il 2025. In Italia si prevedono benefici in termini di crescita positiva del PIL per oltre mezzo punto l’anno. 

2.Dal  2009  a  oggi  sono  cresciute  le  percentuali  di  occupazione  e  di  forza  lavoro  femminile,  ma  il  tasso  di  disoccupazione  femminile risulta ancora fra i più alti del mondo: secondo ISTAT dal 2009 al 2019 la forza lavoro femminile è salita del 10,1% e il  numero  di  occupate  è  salito  del  7,8%.  Tuttavia,  il  tasso  di  occupazione  delle  donne  è  ancora  minore  rispetto  a  quello  degli  uomini (50,1% contro il 68%) e quello di disoccupazione è fra i più alti del mondo con un valore del 11,1% che ci colloca al 7° posto nel mondo.

3.Oltre ad avere difficoltà nell’accesso al mercato del lavoro, le donne scontano anche le problematiche legate al bilanciamento vita-lavoro: a livello globale, il lavoro di cura non retribuito è svolto per il 75% dalle donne, che vi dedicano dalle 3 alle 6 ore al giorno. Non stupisce quindi che il numero di donne che lavorano part time sia il 32,9% del totale delle occupate. La “scelta” di lavorare part time, oltre a ridurre il guadagno medio annuo a parità di salario, deve contare anche una retribuzione oraria più bassa (-16%) a parità di mansioni

IL GENDER SALARY GAP IN ITALIA

Businessman and businesswoman and gender pay gap
Businessman and businesswoman and gender pay gap

1.A parità di lavoro con un collega uomo, in Italia è come se una donna cominciasse a guadagnare dal 6 febbraio: Dopo  una  diminuzione del gap vista nel periodo 2016-2018, nel 2019 la differenza retributiva tra uomini e donne è peggiorata, attestandosi all’11,1%, pari ad oltre 3.000 € lordi annui a sfavore delle lavoratrici. Questa brusca frenata allunga i tempi di raggiungimento della parità salariale, stimati in non meno di 55 anni.

2.L’accesso  delle  donne  alle  posizioni  apicali  resta  ancora  molto  basso,  soprattutto  nelle  aziende  private:  secondo  ISTAT  nel  2019  la  percentuale  di  dirigenti  donna  è  del  32%,  quella  dei  quadri  il  46%.  Considerando  solamente  i  dipendenti  di  aziende private, escludendo i dipendenti della pubblica amministrazione, la situazione peggiora, con il 15% di dirigenti donna e il 29% di quadri donna.

3.La  Legge  Golfo-Mosca  ha  apportato  progressi  significativi  ai  vertici  delle  aziende  quotate,  tuttavia  è  stato  necessario  estendere  la  sua  portata  per  altri  9  anni:  il  dato  positivo  ci  dice  che  le  donne  erano  il  5,9%  dei  C.d.A.  nel  2008  e  ora  rappresentano il 36,4%. Progressi sicuramente significativi, ma se guardiamo ai ruoli apicali, le donne CEO sono aumentate solo di tre unità dal 2013 ad oggi; sembra inoltre che la Legge Golfo-Mosca non abbia portato cambiamenti a cascata sul rapporto uomo/donna all’interno delle aziende quotate rispetto al resto del mercato italiano.

4.Il  Gender  Pay  Gap  cresce  al  diminuire  della  categoria  contrattuale  ed  è  più  alto  fra  impiegati  e  operai,  che  fra  dirigenti  e  quadri: a parità di inquadramento contrattuale, le donne hanno sempre una retribuzione inferiore rispetto ai colleghi uomini. Il divario retributivo è più penalizzante tra gli operai (11,3%), seguito dal gap tra gli impiegati (11,1%), dal gap tra i dirigenti (8,8%) e infine quello più contenuto tra i quadri (4,4%).

5.Una  donna  guadagna  meno  di  un  collega  maschio  sia  a  parità  di  ruolo  professionale,  che  a  parità  di  settore  d’impiego:  da un’analisi statistica condotta sul database di JobPricing, nel 77,8% dei casi gli uomini hanno retribuzioni superiori alle donne e questa situazione è estesa a tutti i settori professionali. Quando gli uomini guadagnano più delle donne il gap a loro favore può arrivare al 28%, s e invece sono le donne ad avere una retribuzione migliore il gap a loro favore arriva al massimo al 15,4%.

Gli unici  tre  settori  dove  in  media  le  donne  risultano  avere  stipendi  superiori  sono  edilizia,  utilities  e  agricoltura,  dove  tuttavia l’effetto potrebbe essere determinato dalla bassa rilevanza statistica del genere, dato il numero molto ridotto di donne occupate in queste industry. Infatti, in tutte le industry con occupazione femminile superiore al 40% la retribuzione degli uomini è sempre superiore. Tra le famiglie professionali, infine, dove le donne risultano mediamente collocate in maggioranza nelle funzioni c.d. di staff, queste ultime sono anche quelle meno remunerative

6.Le donne in Italia studiano di più, si laureano in corso in numero maggiore e con voti più elevati, ma privilegiano studi che hanno minori prospettive occupazionali e retributive: il Gap retributivo è più alto fra laureati (anche superiore al 47% nel caso di master di II livello) che fra non laureati. Il motivo è probabilmente duplice: 1 - le donne scelgono per lo più percorsi formativi con prospettive di carriera e stipendio inferiori (in particolare, sono poche le diplomate e laureate con profili tecnici e dell’area c.d.  STEM);  2  -  le  donne  laureate  sono  “più  giovani”,  nel  senso  che  hanno  da  poco  preso  la  strada  dell’istruzione  terziaria,  e  quindi per la maggior parte sono in una fase del loro percorso professionale che non ha ancora visto maturare le opportunità di carriera e di retribuzione collegate al titolo di studio. Ed infatti il peso delle donne sul totale dei laureati aumenta al diminuire delle classi di età. Il secondo motivo lascia uno spiraglio di speranza, se si considera il trend del gap tra laureate e laureati dal 2015 ad oggi.

7.I lavoratori uomini senza laurea guadagnano di più del totale delle donne, comprese le lavoratrici con titolo accademico: se in media il gap tra i lavoratori uomini laureati e non è di 17.000 euro, per le donne la stessa differenza è di 8.000 euro. Infine, la differenza fra le donne con laurea e uomini senza è poco meno di 6.000 euro.

8.Le donne sono mediamente meno soddisfatte degli uomini riguardo le loro retribuzioni: secondo il Salary Satisfaction Report 2020  dell’Osservatorio  JobPricing,  su  un  indice  che  va  da  0  a  10  in  cui  10  rappresenta  la  massima  soddisfazione,  le  donne  risultano meno contente degli uomini (4 contro 3) e le valutazioni più negative riguardano la meritocrazia (2.4), l’equità interna (3.6), la mancata correlazione tra performance e retribuzione (3.1) e la mancanza di fiducia e comprensione (3.1). L’approccio al pacchetto di reward di uomini e donne denota profili tutto sommato simili, però contano di più per le lavoratrici gli aspetti legati al work life balance e welfare (cioè alla gestione fra tempo della vita e tempo del lavoro), ed alle relazioni interpersonali.

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Qui sotto il report integrale, che trovate anche a questo link

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