Le nuove rotte dei traffici nell’era Covid: in aumento il flusso di treni dalla Cina

Nel 2020 i trasporti marittimi in calo del 4,4% (container -7,3%). Il porto di Trieste resta leader per il petrolio

TRIESTE Un 2020 da dimenticare causa pandemia. Ma anche un 2021 in cui si prevede un rimbalzo, il primo di un quadriennio in decisa crescita, con il porto di Trieste, in Italia, a movimentare i volumi più elevati. Sono le previsioni del settimo Rapporto Annuale “Italian Maritime Economy” di Srm-Intesa Sanpaolo, un dossier che analizza gli impatti del Covid-19 sul sistema logistico-marittimo e i vari aspetti con cui il fenomeno si sta manifestando: dalla riduzione dei passaggi del Canale di Suez alla nuova configurazione dei traffici mondiali, fino ai trend più recenti dei flussi marittimi del commercio internazionale. Riguardo al trasporto marittimo complessivo la stima per il 2020 è di un calo del 4,4% e per il 2021 di un incremento del 5%.

Nel dettaglio del segmento container, la riduzione prevista è del 7,3% per quest’anno, con un totale di 742 milioni di Teu movimentati nei porti mondiali, un dato che riporta ai volumi del 2017. In altre parole, il virus ha portato via al settore gli ultimi quattro anni di crescita, benché si intraveda un rimbalzo del 10% al 2021 e del 6,6% nel 2022. Allungando poi le previsioni al 2024, la movimentazione container dei porti dovrebbe crescere a un tasso medio annuo del 3,5% fino ad arrivare a 951 milioni di Teu a fine quadriennio. A livello di aree mondiali, Europa al +2,3%, Africa al +3,3%, Far East al +3,9%, Middle East al +4,5% e Nordamerica al +2,3%. Non manca il focus sui porti italiani, con i primi cinque Energy Port (Trieste, Cagliari, Augusta, Milazzo e Genova) che rappresentano il 69% dell’intero traffico liquido nazionale e con Trieste, con 43,3 milioni di tonnellate, che si conferma lo scalo che movimenta i volumi più elevati, mentre rimangono sostanzialmente stabili altri tipi di traffico: sui container il nostro Paese ancora non riesce a dare la spinta al dato che ci vede ancorati intorno ai 10 milioni di Teu ormai da anni. Con la componente internazionale del trasporto marittimo nazionale sempre rilevante, nel 2019 il valore degli scambi commerciali via mare dell’Italia è stato pari a 249 miliardi di euro (-1% sull’anno precedente), ma nel primo semestre 2020 l’import export via mare ha subito l’impatto del Covid-19 registrando un calo del 21%.

Per la portualità italiana, inoltre, il Rapporto conferma un trend di traffico stabile negli ultimi cinque anni intorno alle 480/490 milioni di tonnellate movimentate nell’anno; in evidenza la netta prevalenza delle rinfuse liquide che coprono il 37% del totale, segue il segmento container con una quota pari al 23%, mentre il Ro-Ro si attesta al 22% e le rinfuse solide al 12%. Chiudono le merci varie con circa il 5%.

Nel Rapporto si evidenzia inoltre come il Mediterraneo rappresenta ancora una via privilegiata di transito per i traffici containerizzati concentrando il 27% dei circa 500 servizi di linea mondiali via nave. Nello specifico del Canale di Suez, nei primi 5 mesi del 2020 non ha più registrato le crescite sostenute (a doppia cifra) del 2019: a fronte di un aumento del 7% delle navi in transito, le containership hanno segnato il -15%. I motivi? Principalmente due, entrambi attribuibili al Covid: calo dei carichi movimentati dalle navi e riduzione del prezzo del petrolio che ha indotto numerose portacontainer a passare per il Capo africano di Buona Speranza risparmiando i costi del pedaggio. Altro fenomeno è stato lo “slow steaming”: sempre in un’ottica di risparmio dei costi, le navi hanno percorso le rotte con una minore velocità. —

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