Le scarpe RE49 combattono lo spreco: fatte con pneumatici, vele, asciugamani
L’azienda di Gonars fra le ultime sopravvissute di un importante distretto calzaturiero in Friuli Venezia Giulia

Pneumatici, asciugamani dismessi dai grandi alberghi. È il marchio di fabbrica di RE49, azienda di Gonars, piccolo paese friulano di 4.500 anime che fino alla fine degli anni ’80 del secolo scorso è stato una della capitali della scarpa italiana con oltre 60 aziende e 3.000 addetti. Oggi di quell’età d’oro non resta quasi più nulla.
Sono solo tre le aziende sopravvissute e una di queste è appunto RE49, viva grazie alla rivoluzione portata dalla quarta generazione, vale a dire dal pronipote del fondatore, Nicola Masolini, che dopo anni trascorsi in Africa a impiantare produzioni di scarpe per conto dei grandi marchi internazionali, ha deciso di dire basta allo spreco.
L’idea? Semplice. Tornare alle origini. Alla filosofia del bisnonno Valentino che quando registra l’attività nel 1949 - da qui il nome dell’azienda, preceduto da quel “RE“ che sta per re-use, re-cycle, re-duce, re-turn - inizia a produrre scarpe con quel che trova, recuperando materiali, allora per necessità. Quella di Nicola oggi è invece una scelta. Anzitutto etica. «Dopo aver lavorato 12 anni in Etiopia per conto del Governo con il compito di convincere gli americani a venire a produrre in Africa ho raggiunto un punto di saturazione, mi sono reso conto che producevamo più immondizia che scarpe. Allora ho alzato il telefono e detto ai miei: “Torno a casa”».
Accadeva quattro anni fa. A 46 anni, dopo averne passati 12 in giro per il mondo, Masolini torna a Gonars per mettere a frutto tutto ciò che ha imparato, ripartendo dalla saggezza del suo avo. Così nasce RE49, azienda che in pochissimo tempo si è ritagliata un posto al sole tra le imprese di riferimento della moda green, «tanto da essere in lizza - racconta orgoglio l’imprenditore - per il “Green product fashion award” insieme a marchi come Freitag, l’iconica borsa realizzata con le tele dismesse dei tir. I prodotti di punta di RE49 sono invece le scarpe. Oggi soprattutto le sneakers. «L’ispirazione mi è venuta da una vela che copriva la legnaia di mio zio. Un materiale che, essendo noi vicini al mare, avremmo poi potuto trovare con facilità. Così sono iniziate le prime prove. La ricerca dei materiali - ricorda Masolini -. Con i vecchi pneumatici facciamo le suole, con gli asciugamani usati negli alberghi della regione le imbottiture interne, con i vecchi ombrelloni e le sdraio di Lignano Pineta, con i denim usati e naturalmente con le vele delle imbarcazioni le tomaie».
«Il nostro prodotto è pura circolarità, che certifichiamo inserendo in ogni scarpa un microchip all’interno del quale registriamo in blockchain tutti i passaggi di produzione e i materiali usati» racconta ancora Masolini. Il fatturato dell’impresa è ancora contenuto, nel 2022 si è attestato a 60 mila euro, i dipendenti sono appena 5, ma la marcia di RE49 è appena iniziata. «Andiamo molto bene in Germania, dove la sensibilità per questo tipo di prodotti è matura, e abbiamo una rete di venti boutique - conclude l’imprenditore - che vendono i nostri prodotti, grazie a un accordo ormai prossimo sono destinate a crescere».
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