L’editoriale del direttore/ Troppo vicini ad un pericoloso stop produttivo

Con i “no” in serie, ci siamo presentati mani e piedi legati a una tragica curva della storia: la guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina ha trovato l’Europa occidentale e l’Italia soprattutto in stato di conclamata dipendenza nelle forniture di gas e di un gran catalogo di materie prime

Paolo Possamai

Siamo molto vicini a un pericoloso stop produttivo, causa un insidiosissimo mix determinato dal prezzo di gas ed elettricità e dalla carenza/costo delle materie prime. Non è in questione lo stop o il rallentamento, ma la durata. E non vi è ambito dell’economia che sia esentato, dalle acciaierie alle cartiere, dagli alberghi alle vetrerie, ma coinvolgendo anche le flotte dei pescherecci o della logistica su gomma. Quale business può permettersi i prezzi cui è arrivata l’energia in Europa? E quand’anche fosse possibile scaricare sul cliente un incremento simile, che spirale inflazionistica verrebbe accesa?

Non per nulla, nelle pagine che seguono, l’ex ministro all’Industria Alberto Clò evoca lo scenario della crisi petrolifera degli anni ’70. E Vittorio Mincato, ex capoazienda Eni, sottolinea l’estrema urgenza di politiche energetiche meno schiavizzate dall’ideologia e dai politici politicanti che - per esempio - hanno fatto la guerra ai rigassificatori e al gasdotto Tap. Con i “no” in serie, ci siamo presentati mani e piedi legati a una tragica curva della storia: la guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina ha trovato l’Europa occidentale e l’Italia soprattutto in stato di conclamata dipendenza nelle forniture di gas e di un gran catalogo di materie prime.

Ecco che la espressione “transizione energetica” assume drammatiche coloriture e pretende massima concentrazione da parte del governo e del ceto politico nel suo insieme. Che sono invece rimasti lungamente attardati a occuparsi esclusivamente della pandemia. Eppure i segnali erano ben chiari, il conflitto mosso da Putin ha aggravato una dinamica dei prezzi già da molti mesi incamminata verso l’insostenibilità. Basta tener a mente tre numeri: nello scorso decennio il valore medio del megawattora era di 60 euro, a fine gennaio schizzato a 200 e nei giorni scorsi balzato a 700 e oltre. Non so se la misura corretta sia il taglio delle accise. Di sicuro va contenuto il prezzo finale dell’energia. E realizzato un piano che ricalibri fonti, paesi di approvvigionamento, modelli di distribuzione. Sapendo che sarà una dura traversata.—

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