L’inverno demografico: «No baby, no Pil», l’invecchiamento zavorra le imprese

Il rapporto di Fondazione Nord Est pesa l’impatto economico «Serve organizzazione “plug and play” per attirare giovani»

Fabio Poloni

VENEZIA. In un Paese che invecchia, le aziende nordestine devono ripensare la propria organizzazione del lavoro quasi in ottica “plug and play”, adattandosi alle necessità delle nuove generazioni per non perdere attrattività e competitività. Il nuovo rapporto di Fondazione Nord Est sintetizza il fenomeno con un titolo chiaro: “No baby, no Pil”. «Il declino demografico anticipa quello economico: il calo dei giovani e l’aumento degli anziani riducono le capacità di apprendimento, la creatività e l’apertura al nuovo», spiega Gianluca Toschi, ricercatore senior di Fondazione Nord Est, che ha curato il rapporto con Luca Paolazzi, direttore scientifico di Fondazione Nordest.

Generazioni e visioni

Quando si ragiona di generazioni è facile cadere nella trappola delle “etichette”. Ma le persone che sono nate nello stesso periodo condividono gli stessi orientamenti di pensiero. «I territori elaborano la memoria del passato, vivono il presente e immaginano il futuro con la mente dei loro abitanti. E la convivenza di più generazioni muta i processi cognitivi e creativi. Tanto più che tra gli elementi che maggiormente differenziano le generazioni ci sono la visione del futuro, l’approccio alla tecnologia e l’accesso agli strumenti (digitali) che hanno contribuito a cambiare l’idea di lavoro e di competenza», spiega Toschi.

Le ripercussioni

Esempi: crescere negli anni ’70 (Generazione X) significava sentir parlare di disoccupazione, crisi energetica, diffusione dell’uso di sostanze stupefacenti. Un contesto che invoglia ad acquisire un senso di cautela e controllo, a considerare la sicurezza come un valore essenziale. Atteggiamenti che orientano, ad esempio, la propensione e le scelte di investimento.

La generazione precedente, quella dei “baby boomer”, ha assistito all’arrivo dell’uomo sulla Luna e potrebbe aver sviluppato un senso di ottimismo verso un futuro migliore. I Millennials hanno avuto accesso da nativi a una serie di tecnologie che hanno modificato il loro rapporto con il lavoro: appartengono a questa generazione le persone che cambiano posto di lavoro ogni tre o quattro anni, se non vengono motivate adeguatamente e se le loro aspettative vengono frustrate. Ancora, i Millennials e i membri della X Generation sono quelli che chiedono con maggior frequenza di lavorare in remoto, di avere maggiore flessibilità e autonomia nel raggiungimento degli obiettivi. È la “Yolo economy”, quella del “si vive una volta sola”, guidata dalla scelta di evitare impegni di vita e di lavoro insoddisfacenti e onerosi.

Regioni vecchie e competitività

C’è un impatto sull’economia: il rischio per le regioni più “vecchie” è di essere «più lente a costruire futuri e a cambiare da uno scenario all’altro».

Le regioni italiane, che hanno pochi abitanti della Generazione Z, pochi Millennials e tanta Generazione X, rischiano di essere «meno adattive e incapaci di cogliere i vantaggi dei mutamenti tecnologici», sottolinea la ricerca di Fondazione Nord Est.

Per affrontare la transizione verso il digitale, le imprese hanno bisogno di competenze adeguate e quindi di riuscire ad attirare i giovani. L’errore da non commettere è quello di ignorare l’idea di lavoro che queste generazioni hanno (remoto, flessibilità, cambi frequenti).

L’organizzazione del lavoro

Come si gestisce tutto ciò da un punto di vista organizzativo? Per il turnover è necessario prevedere fasi di avvicendamento più veloci (quasi “plug and play”), il che vuol dire codificare il più possibile i processi lavorativi e favorire la sedimentazione a livello aziendale delle conoscenze.

Sull’organizzazione del lavoro, la coesistenza di persone che hanno età e competenze diverse potrebbe generare conflitti, ad esempio per il fatto che i lavoratori più anziani potrebbero temere di essere “messi da parte”.

Come sottolineato da Paolo Gubitta, dell’università di Padova, questa situazione può alimentare la difficoltà per i lavoratori maturi di accettare superiori gerarchici molto più giovani. Ciò potrebbe portare a perdere competitività per le organizzazioni che non riescono a far convivere persone di diverse età e, soprattutto, distanti nei saperi e nelle visioni del mondo. Diversità e distanza, invece, possono essere utilizzate come fonte di arricchimento. —

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