Mancano i fertilizzanti, campagna 2022 a rischio. E in Fvg gli allevatori iniziano a razionare il mangime

Le conseguenze del conflitto in Ucraina investono anche l’agricoltura. «Se non si concima, le produzioni si possono anche dimezzare» avverte Davide Bricchi, direttore generale del Consorzio agrario Fvg, prima azienda dell’agricoltura in regione con 134 milioni di fatturato e 2171 soci.

Maura Delle Case Maristella Cescutti

UDINE. L’agricoltura non sfugge alla tempesta perfetta dei prezzi dell’energia e delle materie prime andati alle stelle per effetto del conflitto in Ucraina. Le prime conseguenze si toccano con mano. In regione iniziano a levarsi le voci degli allevatori che denunciano la scarsità dei mangimi e che si vedono costretti a ridurre le quantità dell’alimentazione data agli animali con esiti che in nessun caso paiono positivi, a partire dalla macellazione anticipata fino ad arrivare alla chiusura dell’attività. L’agricoltura fa i conti invece con l’impennata dei prezzi dell’energia, dei seminativi e non ultimo dei fertilizzanti, questi ultimi pure introvabili.

Granai vuoti

«Se non si concima, le produzioni si possono anche dimezzare» avverte Davide Bricchi, direttore generale del Consorzio agrario Fvg, prima azienda dell’agricoltura in regione con 134 milioni di fatturato e 2171 soci.

Osservato speciale è in particolare il mais, coltura che in Fvg impegna 46.188 ettari di superficie - superata negli ultimi anni dalla soia, che ormai viaggia oltre i 60mila ettari - e produce oltre 461 tonnellate di prodotto. Quantità, riferite alla campagna agricola 2021, che senza i necessari fertilizzanti, provenienti in una parte significativa proprio da Russia, Ucraina e Bielorussia, rischiano una sensibile contrazione.

Sos fertilizzanti

«I concimi, in particolare gli azotati, scarseggiano anche per una contrazione delle produzioni europee dovuta al caro energia. L’urea ha un prezzo triplicato (1000 euro/ton contro i 350 del 2021). E tra pochi giorni – denuncia Bricchi – inizieranno le semine del mais e gli agricoltori avranno bisogno dei fertilizzanti. Come consorzio stiamo cercando di approvvigionarci su canali alternativi, ma è difficile fare previsioni di fronte a una situazione internazionale così complicata e in continua evoluzione. Oggi come oggi, rischiamo una sensibile contrazione delle produzioni, quando invece sarebbe necessario produrre di più».

Riduzione, come detto, anche nell’ordine della metà a sentire il manager, che rincara la dose ricordando come la produzione di mais (ad esempio) sia sufficiente a garantire il 55% del consumo interno mentre il resto viene importato. «Se quindi combiniamo la minor produzione con il blocco delle importazioni da Russia e Ucraina, Paesi che rischiano quest’anno di non seminare e dai quali proviene storicamente una fetta rilevante dei cereali, è chiaro – continua Bricchi – che i nostri “granai” corrono il serio rischio di restare semivuoti».

Concimi naturali

Una prima soluzione al problema arriva dall’ultimo decreto approvato dal Governo che liberalizza l’uso di fertilizzanti naturali, come il digestato prodotto negli allevamenti, per far fronte alla carenza di quelli chimici. Una misura che ieri è stata salutata con favore dal presidente nazionale della Coldiretti, Ettore Prandini, il quale, commentando il decreto, ha ricordato ancora una volta lo stato di grave emergenza vissuta dall’agricoltura alle prese «con 8 miliardi di ,costi aggiuntivi tra mangimi, concimi ed energia».

Mangimi

In allarme è pure la zootecnia con stalle che in Fvg hanno dovuto tagliare il 10% della razione di cibo. Le materie prime per sfamare gli animali iniziano infatti a scarseggiare. Solo chi può autoprodurre l’ approvvigionamento al momento è “coperto”, all’80% del fabbisogno. «Se da parte delle autorità – dichiara Cristiano Melchior, vicepresidente della Coldiretti Udine e lui stesso allevatore – non si prendono urgentemente i dovuti provvedimenti, cioè acquisire materie prime come il mais, il frumento, la soia dagli Stati Uniti e dall’America Latina si rischia che, nel giro di un mese, gli allevatori saranno costretti a portare a macellare gli animali prima della loro naturale scadenza».

Polli e suini

La situazione degli allevamenti avicoli e suinicoli in regione si sta aggravando ogni giorno di più a sentire Melchior per la mancanza di materie prime. «Dipendiamo al 50% da Russia e Ucraina per il nostro fabbisogno zootecnico - spiega il vicepresidente di Coldiretti Udine -. Inoltre, vogliamo ricordare che l’Ungheria ha chiuso le esportazioni di mais e di frumento verso l’Italia, con gravi ripercussioni anche in Fvg dove gli allevamenti suinicoli, accreditati per la dop San Daniele, sono in tutto 250. La maggior parte si trova nella zona collinare e per il momento riesce a sopravvivere solo chi è in grado di autoprodurre il necessario. «Critica anche la condizione nei 100 allevamenti di polli – rileva Melchior -: per una questione di vincoli sanitari, dov’è stata riscontrata la positività all’influenza aviaria non vengono ancora accasati e la struttura avicola rimane chiusa».

A questo si aggiunge il costo dei concimi. «Raddoppiato» sottolinea Melchior che rileva poi la preoccupazione degli allevatori friulani per il consistente aumento del costo dell’energia elettrica e del gasolio necessari al funzionamento dei macchinari agricoli. «Un costo triplicato rispetto allo scorso anno, che porterà ad un inevitabile rialzo dei costi di produzione. Speriamo che questo momento difficile si possa risolvere al più presto – conclude il vicepresidente - perché altrimenti non riusciremo più a sostenere l’allevamento».

maura.dellecase@gnn.it

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