Mandato in scadenza e partite da chiudere: l'anno chiave di D'Agostino all'autorità portuale
TRIESTE. A novembre si tira una riga e si fanno le somme. Dopo il raddoppio dei traffici ferroviari, l’inversione del trend di quelli marittimi, la messa a sistema del retroporto e la pacificazione delle relazioni sindacali, il presidente Zeno D’Agostino guarda al 2020 come l’anno in cui chiudere le molte partite aperte e decidere se giocarsi il rinnovo alla guida dell’Autorità portuale oppure puntare su occasioni lontane da Trieste, dove il manager pubblico veronese è arrivato come commissario nel 2015 su chiamata del Pd e dove è in scadenza di mandato dopo aver raccolto l’apprezzamento trasversale della politica.
Saranno mesi intensi per D’Agostino, la cui prima preoccupazione è la tenuta dei traffici, perché il coronavirus «rischia di rendere l’anno difficile – ammette il presidente – perché la Cina è la piattaforma della manifattura globale e si sta fermando, con effetti pesanti sui trasporti marittimi verso il Mediterraneo. Trieste e l’Adriatico sono competitivi per la loro proiezione verso Est e bisognerà capire se, dopo questa crisi, le multinazionali sposteranno la produzione altrove, modificando le catene globali di fornitura».
Fenomeni che non dipendono certo dall’Autorità portuale, ma che potranno incidere in negativo sull’applicazione del memorandum stipulato un anno fa con la Cina. Mentre la sbornia mediatica sui rapporti col Dragone era in pieno svolgimento, D’Agostino invitava a non farne la ricerca della pietra filosofale e in effetti al momento non si sono visti né la temuta invasione né gli investimenti in città. Va avanti invece il discorso sull’export del vino nel Far East, ma è lo stesso presidente a spiegare che «un incontro già fissato tra i cinesi e le cantine del Nordest è saltato a causa del virus».
Fino a prima dello scoppio dell’allarme sanitario, restava invece in piedi l’interesse di China Merchants per l’ingresso nella Piattaforma logistica, che oggi piace anche a soggetti europei. La trattativa si chiuderà presto, perché l’infrastruttura è vicina a essere ultimata e sono state poste le basi burocratiche per la progettazione del Molo VIII. Il bilancio di fine anno di D’Agostino si arricchirebbe di molto potendo mettere sul tavolo la chiusura di un accordo tra Francesco Parisi, Icop e un partner industriale internazionale, capace di impegnarsi nella costruzione della nuova banchina e attirare traffico container, di cui c’è bisogno per spiccare il salto, perché i 790 mila Teu del 2019 restano poca cosa davanti ai 14,5 milioni di Rotterdam.
Il nodo della Piattaforma è strettamente legato alla trattativa in pieno svolgimento fra Autorità portuale e gruppo Arvedi per l’acquisto dei terreni dell’area a caldo della Ferriera di Servola. L’obiettivo di D’Agostino è rilevarne la proprietà, avviarne la bonifica e realizzare un terminal ferroviario. Passa per di qui la firma dell’accordo di programma relativo alla riconversione dello stabilimento e la presenza di un grande colosso internazionale nella compagine societaria della Piattaforma permetterebbe di accrescere l’ottimismo sul futuro dell’area. Il Molo VIII diventerebbe infatti il nuovo colosso dei container del porto e il Molo VII non sarebbe da meno, perché la concessione impone a Trieste Marine Terminal di cominciare entro novembre l’allungamento della banchina. D’Agostino vuole fare dei Moli VII e VIII i due grandi progetti compiuti sotto la sua gestione. Il terzo è lo scalo ungherese nell’area ex Aquila: il Mise e il governo Orban sono all’opera sull’accordo di programma per la bonifica della porzione di Sito inquinato corrispondente ma, anche se il confronto prosegue con qualche ritardo, dalle parti dell’Autorità si assicura che è questione di mesi.
Poco distante si trovano i capannoni di FreeEste, il punto più debole della gestione D’Agostino, che invece molto ha fatto in campo ferroviario, sistemando la manovra e propiziando il progetto di raddoppio della capacità da 200 milioni di euro. La nascita del nuovo punto franco era stata salutata come il Bengodi, ma la freddezza di governo e Agenzia delle dogane ha impantanato ogni prospettiva di insediamento industriale. Proprio ieri il presidente dell’Autorità era a Roma per sollecitare il ministero dell’Economia a prendere in mano la pratica. Come andrà è difficile dirlo, ma di certo c’è che l’interporto ha attirato le attenzioni del gigante tedesco della logistica Duisport, prossimo a entrare nella compagine societaria.
D’Agostino un po’ lavora e un po’ aspetta che maturino i processi in atto. Saranno i successi e gli insuccessi, la nostalgia di Verona e la concreta opportunità di un incarico di rilievo nazionale a dire se il manager rimarrà nella città che continua a incensarlo a ogni passo o se prenderà altre strade. —
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