Mirano Sancin: "Sì al patto strategico fra industria e scienza"
TRIESTE Ambrosetti House ha individuato una serie di competenze strategiche del territorio della Venezia Giulia e propone un patto federativo fra i vari enti della ricerca triestina. Per Mirano Sancin, che ha guidato per anni Area Science Park (di cui presiede oggi il Consiglio scientifico) e poi Kilometro rosso l’avveniristico parco scientifico e tecnologico alle porte di Bergamo creato da Alberto Bombassei, bisogna accelerare l’integrazione fra scienza e industria.
Mirano Sancin, come ci costruisce un ecososistema dell scienza e dell’innovazione?
Il mondo della ricerca si muove su una dimensione internazionale. Pur mantenendo ciascuno la propria specializzazione, gli enti scientifici hanno sempre più necessità di integrare le proprie conoscenze. Un discorso che vale ancora di più se ci riferiamo alle applicazioni industriali delle tecnologie.
Federare gli enti di ricerca?
La proposta di Ambrosetti di integrare sotto una Fondazione il polo della scienza triestino e i centri di ricerca universitari mi sembra condivisibile perchè solo attraverso la contaminazione di saperi e competenze diverse si raggiungono risultati apprezzabili. D’altra parte è un processo già avviato. Esiste già una Fondazione promossa dalla Regione fra Area Science Park, Friuli Innovazione e altri enti. Basta consolidare e rafforzare questo processo allargandolo anche al polo tecnologico di Pordenone. Esistono poi rapporti di collaborazione già avviati fra Area Science Park, Università di Udine Trieste e la stessa Sissa. Si può fare certamente di più. L’ecosistema della ricerca in regione e nella Venezia Giulia è ancora tropo frammentato. Bisogna raggiungere una dimensione sufficiente a competere su scala internazionale.
La Venezia Giulia ha le potenzialità per diventare una Silicon Valley come sostiene Ambrosetti?
Certamente. A patto che poi si sappia tradurre questo patto di condivisione fra scienza e industria con passi concreti. Nella Venezia Giulia siamo all’avanguardia nel mettere a sistema la conoscenza. Non è un caso che la spesa regionale in ricerca e sviluppo sia pari al 1,57% del Pil, il 15% più alta della media italiana. In questo scenario anche le startup, e questa regione è all’avanguardia per densità di piccole imprese tecnologiche, possono affermarsi sia come spin off della ricerca che come prodotto di applicazioni industriali intelligenti. Per creare una Silicon Valley bisogna abolire tutti gli steccati fra imprese e ricerca.
Ambrosetti propone di mettere a sistema le specializzazioni del territorio creando ad esempio un hub della navalmeccanica con Monfalcone. É una proposta che le ricorda l’esperienza di Kilometro Rosso?
L’idea difondere insieme le competenze specialistiche è proprio il modello che ho applicato nella mia gestione di Kilometro Rosso e ha giocato un ruolo importante come aggregatore di tecnologie. Bisogna dare soluzioni alla domanda di sapere e conoscenza del nostro sistema industriale. L’economia del mare, come la definisce Ambrosetti, non comprende solo le attività tradizionali portuali o della cantieristica ma abbraccia un intero ecosistema di applicazioni tecnologiche come quelle che, ad esempio, fanno andare per mare una nave. Dobbiamo mettere in connessione queste competenze tecnologiche con il mondo della produzione industriale. La cantieristica possiede conoscenze(dai sensori alla meccatronica, dalla domotica all’elettronica) che possono entrare nella nostra vita quotidiana e integrarsi nel tessuto produttivo della Venezia Giulia creando nuova industria e occupazione.
A Trieste e nella Venezia Giulia abbiamo la piu alta percentuale di ricercatori (37 ogni mille abitanti) grazie alla presenza dei poli scientifici di eccellenza. Molti però preferiscono andarsene. Cosa manca per dare concretezza alla visione di Ambrosetti?
Dobbiamo essere capaci di modellare un nuovo orizzonte strategico su economia del mare e economia della conoscenza attirando iniziative imprenditoriali e facendo più gioco di squadra. Penso al Porto Vecchio che rappresenta una grande opportunità per ospitare nuove iniziative e nuovi soggetti industriali che possono sviluppare attività tecnologiche avanzate nella cantieristica, nella logistica e nella portualità. Si tratta di uno spazio urbanistico che può diventare una risorsa per aumentare forza gravitazionale e capacità di attrazione del territorio. Il Porto Vecchio non può essere un’isola nel contesto economico della Venezia Giulia.
Ma c’è il rovescio della medaglia. Complice la pandemia Ambrosetti vede rischi di declino e deindustrializzazione di un’economia meno resiliente rispetto al paesaggio industriale del Nord Italia. Che ne pensa?
Questa crisi pandemica può diventare un’occasione per rimetterci in piedi e scongiurare i rischi di deindustrializzazione. A Bergamo Kilometro Rosso per anni abbiamo avuto rapporti di collaborazione con il Sincrotrone e l’Area di ricerca, diventando uno degli assi di collegamento nel Paese fra produzione scientifica e innovazione industriale. Dobbiamo fare leva sui nostri punti di forza.
Quali effetti può avere la pandemia sul mondo dell’innovazione?
Ha accelerato un processo che era già iniziato. Come spiega anche Ambrosetti, ci sarà una grande diffusione del lavoro smart, più flessibile e delocalizzabile, che imporrà la riorganizzazione dei territori determinando un ripensamento dei centri urbani. —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © il Nord Est