Moove: l’internazionalizzazione formato "big data"

Nemo profeta in patria, ironizza Fabrizio Macchia, responsabile team Moove. Ed è stato così per la sua creatura.
Moove nasce nella campagna friulan giuliana, tra Udine e Trieste, ma oggi la sede è a Milano. La prima idea di applicare i big data all’internazionalizzazione delle Pmi per un’analisi puntuale di mercati e opportunità ha origine nel 2013. Nel 2014 il programma si affina, inizia il test su clienti sperimentali; poi nel 2015 arriva ufficialmente sul mercato a disposizione di associazioni di categoria e singole imprese.
“I big data sono il mercato del lavoro più importante per i giovani dei prossimi anni – svela Macchia - il Politecnico sta portando avanti un master e istituendo un corso di laurea ad hoc. E’ il futuro”.
Moove è una piattaforma incubata in Synergon Srl una società di consulenza che supporta le Pmi nello sviluppo strategico, utilizzando varie leve: internazionalizzazione, digitalizzazione, nuovi business e sostenibilità.
“Moove è una costituenda newco che parte da un'analisi di mercato per colmare il gap più importante tra la Pmi e l’internazionalizzazione: la mancanza di dati aggiornati e strutturati per puntare in maniera consapevole e certa su un mercato attrattivo - chiosa Macchia -. La Pmi che cerca informazioni di mercato prende pezzi di notizie da diverse istituzioni in maniera più o meno diretta, tra fiere e missioni imprenditoriali, ma non sempre si costruisce un quadro esaustivo. A volte, addirittura, i dati sono contradditori con un'obsolescenza di 24-36 mesi”.

Moove sposta l'asse della ricerca dal campo tradizionale ai big data. Con una visione targettizzata sulla Pmi che è il 95% del mercato economico italiano, quello che però non ha capacità finanziarie e organizzative per accedere ai big data.
“Noi facciamo da ponte - spiega Macchia -. Non carichiamo la Pmi di un software o licenza d'uso, ma usiamo noi il nostro sistema facendolo interfacciare con il mercato. 'Dove andare, perché, con chi mi scontrerò'. Domande banali ma spesso complicatissime. Rendiamo al cliente un report ragionato che, attraverso i dati, dà informazioni sul mercato più attrattivo, il perimetro operativo (modelli di acquisto, target, concorrenti) più la generazione di una potenziale domanda di clienti o canale di vendita. Per un innesco diretto sul mercato”.
La prima prova sperimentale è stata fatta ancora un anno fa sul Trieste coffe cluster, il distretto del caffè. “Una sfida – spiega Macchia - diverse aziende ma un unico mercato, quello del caffè”.
Analisi a livello mondiale, sottoanalisi per macroarea Magreb, Balcani e Medio Oriente a corto-medio raggio quindi, logisticamente più favorevole. Sette i Paesi selezionati. Poi l’analisi, mercato per mercato, con ricerca di canali distributivi su diverse 'query'. “La quantità di dati diventa reperibile all'azienda in pochi giorni ma i big data danno informazioni ricche e inattese – spiega l’imprenditore -: il mercato del caffè è estremamente frammentato quasi polverizzato parliamo di caffè, caffè espresso, decaffeinato, solubile…”.
A emergere è di fatto un livello di interesse altissimo dei turchi per il decaffeinato solubile. Ma a conquistare i mercati è il caffè crudo, la materia prima, specie a Oriente. “Perché ha un uso salutistico come dimagrante, soprattutto per le donne: abbiamo aperto un nuovo capitolo di uso del prodotto per la cosmesi e come integratore, con canali di vendita online e offline” chiude Macchia.
@eleonoravallin
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