Nel reshoring, ovvero le produzioni di ritorno, il Nordest fa da apripista
VENEZIA - Globalizzazione (quasi) addio. Adesso le fabbriche tornano a produrre in patria.
Se in America il ritorno industriale per molti è quasi obbligato, lo pretende il nuovo presidente Trump che minaccia alti dazi per le merci importate, in Europa, e in particolare in Italia, il fenomeno è in corso da tempo e su decisioni ovviamente volontarie, basate sulla convenienza e sull'opportunità.
In Italia hanno fatto un passo indietro, dalla Cina o dall'Est Europa, 121 aziende.
Un piccolo esercito di imprese concentrato nel nord della Penisola, e perlopiù nel Triveneto dove 45 società hanno riattivato gli interruttori degli impianti, dopo averli spenti anni fa preferendo le fabbriche low cost del Far East.
Sulla via di ritorno, almeno parziale o per singoli progetti, ci sono big come Benetton, Safilo, Marcolin, Geox, Falconeri (Calzedonia), ma anche medie e piccole aziende, come Ciak Roncato, Fitwell, And Camicie, Maritan Calzature, Gufo di Asolo.
Dopo almeno un ventennio di delocalizzazioni, a volte selvagge, che hanno desertificato i territori, fa una certa impressione leggere i dati dell'osservatorio Uni-Club MoReBack-Reshoring, composto da un team di lavoro interuniversitario degli atenei di Modena, Catania, L'Aquila.
Perché qualcosa sta cambiando sotto il cielo dell'industria made in Italy. Il fenomeno, anche se di dimensioni ridotte - Intesa Sanpaolo stima che lo 0,47% delle imprese siano interessate a riportare a casa la manifattura (ma in Germania la percentuale sale al 5%) - comincia ad allargarsi a macchia d'olio.
La terra promessa del Far East, basso costo del lavoro e un mercato in apparenza sconfinato, conviene sempre meno.
E le tecnologie di Industria 4.0 consentono di aumentare efficienza e produttività.
Ma l'aspetto forse più interessante è il ritorno alla produzione Made in Italy al 100% inteso come valore e come fattore di sviluppo per i mercati esteri.
A tornare a casa sono soprattutto le imprese della moda e abbigliamento, il 41% dei casi registrati, davanti a quelle dell'elettronica (25%) e della meccanica (16%).
I tempi del reshoring li dettano le grandi aziende.
Basti pensare al caso di Adidas che ha riportato in Germania, all'interno di una fabbrica ultratecnologica ad Ansbach, una linea di produzione ad alto tasso tecnologico destinata a confezionare le scarpe sportive del futuro.
E agli storici fornitori tocca fare le valigie insieme con l'azienda.
Non è un caso che da qualche anno sia ripresa la produzione di articoli tecnici sportivi a Montebelluna.
A rialzare le serrande sono fornitori e subfornitori dei big internazionali che riportano in Europa le produzioni.
Ecco il trend positivo che potrebbe rimettere in moto l'industria italiana, piegata da 10 anni di crisi che hanno contratto la produzione del 25%.
E la Penisola è uno dei maggiori centri di rientro.
L'osservatorio sul reshoring stima che ci siano in Europa 330 casi, più di un terzo riguardo il Belpaese.
Tra i casi più eclatanti c'è quello di Benetton.
Anche se ha riportato in Italia solo una piccola parte della manifattura, lo ha fatto lanciando un brand: il nuovo marchio si chiama TV 31100 ed è una linea di maglioni in cashmere e lana merino prodotta nel complesso di Castrette di Villorba.
Il gruppo Benetton ha investito due milioni di euro per un nuovo reparto tessile che conta 50 posti di lavoro.
Obiettivo del marchio è aprire a una collezione di prodotti Made in Treviso «partendo con una special edition per poi trasformare il progetto in una linea continuativa».
Segue in scia anche Geox, campione della calzatura che respira e delle delocalizzazioni nell'est Europa.
L'azienda della famiglia Moretti Polegato ha presentato a Pitti Uomo una linea top di gamma Diadora Heritage, prodotta in Italia dopo un'operazione di reshoring riattivando lo stabilimento di Caerano San Marco a Treviso.
L'occhialeria Safilo ha messo sul piatto 60 milioni di euro per rimodernare gli impianti italiani e così accogliere parte della produzione un tempo delocalizzata.
In particolare beneficeranno di questi interventi le fabbriche di Martignacco in Friuli Venezia Giulia e Santa Maria di Sala a Venezia.
Anche Marcolin, oggi alleato di Lvmh, scommette sull'Italia.
Per questa ragione ha inaugurato un nuovo stabilimento a Longarone di 3.500 metri quadri che conta 140 addetti.
All'interno del distretto dell'occhialeria di Belluno è tornata a casa anche la Thema Optical che abbandona la Cina per sviluppare sul territorio nuove tecnologie e linee di alta gamma.
E Calzedonia, che ha buona parte della produzione in Serbia, muove timidamente qualche passo indietro, concentrando in Italia le produzioni di qualità più alta. Il marchio Falconeri del gruppo ha deciso di dismettere una sua produzione in Romania per disegnare e confezionare i proprio capi nello stabilimento di Avio, in provincia di Trento.
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