Opere pubbliche: le grandi incompiute del Veneto, dalla Valdastico alla A27

VENEZIA. C’è un Veneto dei grandi numeri anche nel negativo: quello delle grandi incompiute, per esempio. La principale, oltre all’idrovia Padova-Venezia, è l’autostrada A31 della Valdastico, che in origine doveva collegare Trento con Vicenza e Rovigo, subito ribattezzata Pi-Ru-bi dai nomi dei tre leader Dc dorotei che l’avevano ideata: Piccoli, Rumor, Bisaglia.
Pensata a fine anni Sessanta del secolo scorso, ha visto aprire i cantieri solo nel 1972; quattro anni dopo è stata aperta nel solo tratto Vicenza-Piovene Rocchette (35 km, 4 caselli).

E’ rimasta la più corta autostrada d’Italia fino all’inizio degli anni Duemila; il percorso verso sud è stato completato solo nell’agosto 2015, con il tratto tra Noventa Vicentina e Agugliaro. Rimane in discussione la prosecuzione a nord, per la ferma opposizione della Provincia autonoma di Trento, che ora sembra superata; intanto la società di gestione ha messo mano alla progettazione del lotto fino ai confini regionali veneti con il Trentino.
Altra grande incompiuta autostradale è la A27, nata come Venezia-Monaco. Il primo tratto, da Mestre a Conegliano, è stato aperto nel 1972; attualmente termina a Pian di Vedoia. L’idea originaria era di proseguire a nord, attraverso le Dolomiti, passando il confine e andando a collegarsi con la rete autostradale austriaca e tedesca, fino a Monaco di Baviera; incontrando però la dura opposizione dei governi regionali di Alto Adige e Tirolo.

Il costo viene stimato tra i 7 e gli 8 miliardi, mezzo secolo dopo la discussione rimane aperta. Mezzo secolo è anche il periodo in cui si è messo mano alla Pedemontana veneta, ora in fase di attuazione, per il momento limitatamente ai 7 chilometri aperti nel giugno dello scorso anno.
Da una dozzina d’anni si discute, per ora a vuoto, del completamento della strada regionale 10, la Padana inferiore, nella fascia delle Basse venete, fino a Montagnana e Legnago.

Lasciando stare il colossale scandalo del Mose, un capitolo a sé meriterebbe la vicenda del SFMR, Sistema Ferroviario Metropolitano Veneto: un progetto varato nel 1988 per decongestionare l’intasata rete stradale dell’area centrale, inserito l’anno dopo nel piano regionale trasporti, con tanto di acquisto di treni e realizzazione o ristrutturazione di stazioni, e definitivamente sepolto dalla Regione nel 2018 senza che mai sia partita una sola corsa.

Più che un’incompiuta, una vergogna.
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