[Opinione] Brexit incandescente, tra economia e pace sociale
Il Brexit implica trattative aspre tra Londra e Bruxelles e il “no deal Brexit” (l’abbandono dell’UE senza accordo) va messo nel conto. Paventato da parte di molta industria europea, che chiederà a Bruxelles accondiscendenza, pure oltremanica se ne possono temere le conseguenze.
Cionondimeno, il Governo di Sua Maestà, forse un po’ bleffando per alzare la posta, pare andare allo scontro. D’altronde è pure vero che la Brexit per le questioni in campo è un “divorzio” difficile da trattare, al di là degli stessi desideri delle parti coinvolte, senza conflitti. Il fatto è che alle questioni commerciali si sommano, ovviamente prevalendovi, quelle politiche. La posta è duplice: il futuro atlantico del Regno Unito (R.U.); la sua unità almeno sui fronti scozzese e irlandese.
Sotto questo profilo è evidente come l’eventuale “no deal” già incida su una zona anche militarmente delicata: il confine tra l’Irlanda del nord (britannica) e la Repubblica d’Irlanda (Stato partecipe all’UE). Qui a generare una situazione ad alta infiammabilità è la legge presentata dal governo Johnson a Westminster (il Parlamento del R.U.) che mina l’accordo sulla Brexit di fine 2019 che avrebbe lasciato l’Irlanda del Nord nel mercato unico europeo anche dopo l’uscita di Londra (a fine 2020) da questo e dall’unione doganale. Poiché l’accordo tra Bruxelles e Londra ha il valore formale di un trattato, è politicamente una “bomba” che sia stracciato dal governo di Sua Maestà. D’altra parte questo malamente può tollerare la separazione di fatto dell’Irlanda del Nord dal R.U. via accordo commerciale.
D’altronde il R.U. con l’abbandono dell’UE ha messo in gioco la sua stessa unità e pace sociale - quantomeno in Irlanda del Nord (teatro di una lunga guerra civile tra unionisti protestanti e separatisti cattolici) e Scozia (secessionismo quanto a lungo pacifico?) – per un difficile (però geopoliticamente interessante) progetto neo-atlantico tutto spostato sugli USA e il Commonwealth.
Dunque quel puntare di Boris Johnson ad una neo “Global Britain”, il grande sogno, forse visionario, delle leadership britanniche, è però rischioso per la sopravvivenza del Regno. Naturalmente, potrebbe essere un bluff per vedere il gioco di Bruxelles dato il peso oltremanica dei business dei molti Stati membri (Italia compresa). Purtuttavia la volontà della Brexit accetta che un duro “no deal Brexit” sia messo nel conto.
Potrà, se vorrà, il Parlamento del R.U. stracciare l’accordo con l’UE? Si, perché è sovrano pure in materia di Trattati internazionali. Se sarà, guardando all’economia, finiranno in una “no deal zone” circa 900 miliardi di interscambio R.U./UE (poi regolato solo dal WTO), perdendo così il R.U. (e l’UE) le “facilitazioni” del mercato unico. Ma gli inglesi votando al referendum lo sapevano ed hanno scelto. Delicata, come detto, la questione della frontiera tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda (membro UE), abrogata con gli Accordi del Venerdì Santo del 1998che posero fine al conflitto armato. Conflitto che, ripristinata la frontiera per il “no deal”, potrebbe riprendere.
Comunque, il veliero britannico ha sciolto gli ormeggi e l’UE, accordo o meno, sarà più burocratica e meno liberale.
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