[Opinioni] I cerotti dell'assistenzialismo sempre sulle stesse ferite
Quando i guru della sociologia dicono che ci avviamo verso una società parassita di massa non fanno i conti con i bisogni urgenti di categorie spiazzate, forse per sempre, dalla pandemia. Ma nel loro severo giudizio qualcosa di verosimile c’è: il governo ha messo cerotti su quasi tutte le ferite aperte dal Covid e anche su quelle che sanguinavano prima; l’Europa, finalmente non si è tirata indietro e pazienza se lassù al Nord qualche nazione predica frugalità, battendo le ortiche con le mani degli altri. Ma gli antidolorifici dell’assistenzialismo (bonus, reddito d’emergenza, cassa integrazione ordinaria e in deroga) quale Italia rimetteranno in piedi? Il dubbio è lecito: quella di sempre, attaccata alle certezze passate, reticente con le sfide future.
Nel giorno in cui riaprivano i cancelli le mille meraviglie artistiche e ambientali di questo Paese, abbiamo pensato al ministro che, avendo in mente solo l’economia perché faceva l’economista, sentenziò: la cultura non dà pane.
Beh, innanzitutto ne dà: quanti stipendi e fatture attorno al Colosseo, agli Uffizi, ai musei e ai parchi disseminati negli antichi borghi, quintessenza nascosta della grande bellezza italiana. E quanti soldi nell’indotto di cattedrali, torri, pinacoteche, teatri quando le moltitudini si mettono in fila per un tuffo nei nostri impareggiabili tesori. Ma c’è seconda considerazione più importante: i quadri di Raffaello, le ville romane, il David di Michelangelo, gli scavi di Pompei sono rimasti nostri, molte delle cose dell’economia, con l’aria che tirava anche prima Covid, hanno cambiato bandiera. Se le sono prese cinesi e sceicchi.
Ora la pandemia ha segnato uno spartiacque epocale tra un evo medio di cui dobbiamo andare fieri per la poderosa crescita industriale, al netto dei soprusi inferti alla terra e all’aria, e un rinascimento al quale daremo un senso comprendendo che si rinasce se non si proteggono sempre gli stessi interessi.
Ci accorgiamo di aver sfruttato, in anni sazi e spensierati, tutte le risorse naturali e umane per edificare una società ingessata, fragile, vecchia. Pensare che un monumento possa rendere socialmente come una fabbrica, che la Scala sia più importante di Banca d’Italia è idiozia pura. Ma lo è altrettanto considerare una cenerentola i Beni culturali della cui valorizzazione per fare cassa e creare nuovi lavori abbiamo sentito parlare poco.
Proposta per Conte. In uno dei prossimi decreti inserisca una norma che consenta al contribuente di detrarsi le spese per i consumi culturali: ingressi ai musei, pagamenti delle guide, acquisto di libri, giornali, biglietti per cinema, teatro, concerti, iscrizioni a enti che dispensano conoscenza. Non cambia il mondo, lo sappiamo, cambia la visione del futuro di questo Paese e delle sue nuove generazioni.
La cosa va fatta prima che evaporino buoni sentimenti ed emozioni da vita sospesa. Per il dolore delle morti ci vorrà tempo. Se non si agisce subito finisce come per l’esenzione dell’Iva al 22 per cento sugli acquisti di attrezzature salvavita da donare agli ospedali. E’ stata deliberata a decorrere dal 19 maggio quando benefattori e Onlus si erano già dissanguati.
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