Pochi informatici in Italia, Esteco recluta in India

La società triestina specializzata in soluzioni software avrebbe necessità di assumere, ma non trova abbastanza laureati. Esteco ha ha anche inaugurato, all’interno dell’Area science park, la propria nuova sede

TRIESTE - Nell'Italia dove la disoccupazione giovanile ha raggiunto percentuali vertiginose, soltanto in parte attenuate dagli effetti del Jobs Act, ci sono settori dove l'offerta di lavoro è particolarmente bassa.

È il caso del comparto informatico, come sottolinea all'Ansa Carlo Poloni, presidente di Esteco, software house triestina in espansione, specializzata in soluzioni per la progettazione ingegneristica, che ha inaugurato, all’interno dell’Area science park, la propria nuova sede.

Esteco è nata come spin-off accademico dell’Università di Trieste e ora tra le aziende leader specializzate in soluzioni software per il settore ingegneristico).

Conta tre sedi (India, Usa, Italia), 8 milioni di fatturato 2016 (+15%), 300 clienti di b2b in tutto il mondo tra cui Toyota, Ford, Volvo, Lockheed Martin.

«C'è carenza di risorse formate in ambito informatico, non si riesce a formarne abbastanza in 'casà - spiega Poloni, che è anche docente universitario - In Paesi come gli Stati Uniti, ad esempio, per le persone con buone competenze in informatica è facile ottenere la green card: c'è lì una importazione di mano d'opera molto qualificata da ogni parte del mondo. In Italia questo fenomeno non esiste».

Dunque come avete risolto, visto che siete in espansione, il fabbisogno di risorse umane competenti?

«All'ufficio di supporto in India abbiamo affiancato anche la produzione. È molto più facile lì».

Una visione globale?

«Oggi bisogna essere presenti nel mondo globale, soprattutto nel mondo del software. Il mercato non è quello di casa soltanto, è necessaria l'internazionalizzazione».

«Un laureato informatico 'nostranò non solo è in grado di fare benissimo, ma può valere anche più di un giovane laureato in un altro Paese, il problema in Italia è che non si riesce ad avere la massa critica. Non ci si improvvisa per produrre software, è diventata una vera industria, con suoi canoni, le sue metodologie di sviluppo. Il prodotto è merce, diciamo così, deperibile, va continuamente aggiornato a causa dell'evoluzione delle tecnologie. Tutto ciò è legato alle persone che lo sviluppano. Non esiste più il lavoro di un singolo programmatore, si lavora almeno in due, più spesso occorre un lavoro in team. Dietro anche alla più piccola delle app c'è un team di 4, 6, 10 persone. Quante applicazioni software vediamo ogni giorno? Bene, dietro ognuna di quelle, ci sono i team».

«Dovrebbe esserci più attenzione al mercato del lavoro - sostiene Poloni - perché una concentrazione di sforzi consentirebbe anche un miglioramento dell'occupazione. Molti giovani stanno vivendo situazioni piuttosto frustranti».

«Il nostro sistema-Paese funziona molto a macchia di leopardo. Ci sono isole felici, situazioni illuminanti che funzionano molto bene e poi c'è l'ombra assoluta. Noi siamo contenti ma, ad esempio, ci cadono le braccia davanti ad alcuni casi di oneri burocratici inutili per tante cose che andrebbero rinnovate, anche quelle che sembrano più serene. Abbiamo anche avuto qualche brutta avventura quando ci siamo scontrati con l'atteggiamento sospettoso delle autorità»

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