Porto e Interporti sono nodi della logistica. Ma servono rapporti sul piano societario
Zeno D’Agostino: «Dobbiamo lavorare in un’ottica di sistema evitando che protocolli e intese restino nel cassetto». Per il Porto di Trieste un futuro green, anche come hub per la produzione di energia. Idrogeno compreso
TRIESTE. Un incremento del +227% del traffico container, dai 3.900 teus del 2015 ai 63 mila 600 del 2019, mentre il traffico ferroviario svetta a +250% sul 2016 con il record di mille e 50 treni nel 2019. Il 2020, come sappiamo, non fa testo causa pandemia, e il 2021 si appresta a replicare i numeri del passato recente.
È il report presentato da Zeno D'Agostino, presidente dell'Autorità di Sistema Portuale Adriatico Orientale, nel corso dell'inaugurazione della prima sede di promozione all'estero dell'Autorità a Budapest.
«Da oltre vent'anni il Porto di Trieste ha relazioni con l'Ungheria - ricorda D'Agostino - ma il volume di traffici degli ultimi 5 hanno fatto, dell'Ungheria, il primo mercato ferroviario per il Molo VII, davanti alla Germania». Intuibile, quindi, la motivazione che ha spinto l'Ungheria a investire su Trieste.
Perché aprire una sede a Budapest?
«In tempi come questi, in cui la tecnologia è molto pervasiva, potrebbe sembrare inutile aprire una sede fisica, ma io sono convinto - risponde Zeno D'Agostino - che sia importante "esserci" in un territorio, in un Paese. Parliamo di relazioni, dunque, oltre che di infrastrutture. A Budapest abbiamo visitato la sede di Adria port, che ha già investito su Trieste 31 milioni di euro per rilevare la società concessionaria e una trentina di ettari di terreno, oltre a una linea di costa dove sorgerà un terminal. Lo studio di fattibilità è in corso di ultimazione e si stimano ulteriori investimenti per un centinaio di milioni di euro a cui sommare le risorse che mobiliteremo noi».
Lei ha detto una volta che sono importanti le nuove infrastrutture, ma meglio sarebbe far funzionare quelle che già esistono…
«È vero. Abbiamo riattivato il collegamento ferroviario, in collaborazione con Rfi, con le stazioni di Servola e Aquilina, adeguando una galleria, un chilometro di tunnel ferroviario realizzato tra gli anni 60 e 80, che ci consente ora di connetterci con la rete nazionale».
Se parliamo di relazioni, il pensiero va a interporti e retroporti. Come siamo?
«Gli interporti sono parte integrante del sistema logistico. Inutile ragionare sulle relazioni commerciali con l'Ungheria se non pensiamo allo sviluppo industriale dell'area ex Ezit, all'interporto di Trieste e Cervignano. A mio parere, però, se si vuole creare davvero un sistema, sono necessarie relazioni di tipo societario, per evitare che intese rimangano intenzioni scritte su protocolli destinati a restare nei cassetti».
Non solo Porto di Trieste, dunque…
«Ma Sistema portuale dell'Adriatico Orientale, come bene racconta la nostra denominazione. La logica di sistema è la parte naturale della strategia che portiamo avanti».
E se le dico Interporto Pordenone?
«È un patrimonio del sistema logistico di questa regione che, per la sua posizione geografica, è naturale dialoghi con noi e anche con Venezia».
La piattaforma logistica è destinata ad espandersi.
«Oggi è pienamente operativa e dà lavoro a molte persone. Le prospettive riguardano la sua espansione, extra concessione, verso l'ex area a caldo della Ferriera, e questo so che sollecita alcune critiche. Ma noi continuiamo nella strada del recupero di infrastrutture esistenti, evitando nuove cementificazioni inutili, e le attività logistiche vanno in questa direzione. Peraltro le risorse del Recovery Fund vanno in parte nella riconversione di quell'area in polo logistico».
Se le chiedessi di immaginare come sarà il Porto di Trieste tra 5 anni? Quale mole di traffico?
«Ragionare in termini di tonnellaggio non rientra nel mio modo di pensare. Il mio obiettivo è creare un sistema che genera valore e occupazione, non traffico. Il metro di misura è l'esistenza di un sistema produttivo che crea valore e occupazione in un'area che, fino a pochi anni fa, non attraeva investimenti. E questo sistema deve essere in grado di mettere insieme logistica, mondo della ricerca, imprese, rappresentando un vantaggio competitivo».
Il Porto di Trieste sarà green?
«Oggi va di moda parlare di transizione: continui ad essere quello che sei e rendi sostenibili attività che non lo sono. Noi abbiamo un'ambizione in più: siamo un hub per il trasporto e le merci, potremo diventare, avendo il mare davanti a noi, un hub per la produzione di energia. L'elettrificazione delle banchine comporterà una crescita incredibile della domanda di energia che non possiamo pensare di produrre in modo non sostenibile. Ci vogliono competenze, investimenti e ricerca per progetti di questo genere, che a Trieste non mancano».
A quando la prima nave a idrogeno?
«Ci vorrà ancora tempo. Nell'attesa lavoriamo a un progetto che sta dentro il nostro piano di sviluppo strategico, per la produzione di idrogeno verde attraverso l'elettrolisi utilizzando il fotovoltaico».
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