Prezzo del latte troppo basso, il grido d’allarme degli allevatori: «Di questo passo molte stalle sono destinate a chiudere»

La Gdo non riconosce aumenti e i produttori si “salvano” grazie al latte spot, lievitato grazie alle minori importazioni da Francia e Germania, e grazie alla vocazione mista delle aziende agricole. «Stiamo lavorando sottocosto – denuncia Tarcisio Borga, presidente di Aprolav – e non è un modo di dire. Siamo davvero a rischio chiusura»

Mimmo Vita
epa08385147 Farm worker Elizabeth Matheson milking the cows at Mossgiel Farm in Mauchline, Ayrshire, Scotland, Britain, 26 April 2020. Due to Coronavirus pandemic, Mossgiel Farm has had to start an online business. Approx 80% of business has been lost, mainly coffee shops in Glasgow, where their organic milk was very popular. An online community shop has been opened, providing essential provisions for local people who are self isolating. This is helping to stabilise the business. EPA/Robert Perry ATTENTION: This Image is part of a PHOTO SET
epa08385147 Farm worker Elizabeth Matheson milking the cows at Mossgiel Farm in Mauchline, Ayrshire, Scotland, Britain, 26 April 2020. Due to Coronavirus pandemic, Mossgiel Farm has had to start an online business. Approx 80% of business has been lost, mainly coffee shops in Glasgow, where their organic milk was very popular. An online community shop has been opened, providing essential provisions for local people who are self isolating. This is helping to stabilise the business. EPA/Robert Perry ATTENTION: This Image is part of a PHOTO SET

A novembre 2021 fu firmato a Verona, in Fiera, al tavolo convocato dal ministro Stefano Patuanelli sulla crisi del latte, un protocollo d’intesa dall’intera filiera. Che cosa si era sottoscritto? La Grande Distribuzione Organizzata si impegnava per la valorizzazione e l’incremento degli acquisti di latte UHT, latte fresco, yogurt e formaggi freschi e semi stagionati, tutti da latte 100% italiano, riconoscendo un premio “emergenza stalle” corrisposto alle imprese della trasformazione per poi essere riversato integralmente agli allevatori, sino a 3 centesimi di euro al litro di latte, con una soglia massima di intervento pari a 0,41 euro/litro alla stalla, iva esclusa. Sembra però, a sentire le realtà produttive, che questa sia stata una grida manzoniana.

Latterie vicentine

Alessandro Mocellin, Presidente della cooperativa Latterie Vicentine, sostiene che «siamo al limite e anche sotto. Ci siamo salvati, spiega, questi ultimi tre mesi del 2021 perché il latte tedesco e francese in questo periodo non è arrivato in Italia per un loro calo di produzione. Così è lievitato il prezzo del nostro “latte a spot”, quello disponibile, circa il 50% della produzione, perché non viene trasformato in formaggio DOP, che vuole solo latte locale. Così abbiamo riconosciuto ai nostri soci 3 centesimi in più al litro».

«Ma attenzione – continua –, questo positivo introito temporaneo riesce a coprire solamente i maggiori costi che stiamo subendo per l’aumento dei mangimi e dell’energia. Ad esempio, il grano nel 2021 è cresciuto di una volta e mezzo. Gas e benzina sono sotto gli occhi di tutti. Gennaio, ormai lo sappiamo, sarà come ogni anno un mese in perdita perché frenano i consumi dopo i fasti del Natale. E quindi credo che se la Grande Distribuzione Organizzata non ci riconoscerà gli indispensabili aumenti, alcune stalle chiuderanno. E tenga conto che noi non abbiamo il vino…»

Prosecco salva latte

È Tarcisio Borga, presidente di Aprolav, l’associazione dei produttori di latte veneti, che spiega questa affermazione. «Nel trevigiano stiamo soffrendo in modo terribile questa chiusura da parte della GDO di non riconoscerci gli aumenti. Stiamo lavorando sottocosto, e non è un modo di dire. Siamo davvero a rischio chiusura, discorso che vale anche per la mia stalla. Noi, come altri, ci salviamo grazie al Prosecco, quindi attraverso la multifunzionalità dell’azienda agricola. Ma non è corretto dal punto di vista gestionale, e certo non può valere per il medio-lungo periodo. E’ curioso - incalza - che i supermercati abbiano accettato aumenti dei formaggi esteri; ad esempio il Leerdammer: oggi costa più del Montasio DOP, un sorpasso avvenuto in questi ultimi mesi».

Lo dice accorato Borga, ma Lorenzo Brugnera, Presidente della cooperativa “Latterie Soligo” e anche del Consorzio della Casatella trevigiana DOP, è ancora più tranchant. «Se le cose continuano così le stalle devono chiudere». Non usa il futuro, usa il presente. «Lo faranno nel giro di un anno, perché una attività come questa - rincara - non si chiude dall’oggi al domani. E quando chiude, servono 3-4 milioni di euro per 150 capi, una stalla non riapre più: un danno per la filiera lattierocasearia - non si produce più latte e quindi formaggio, con danni alle nostre filiere di eccellenza, all’economia locale, regionale e al made in Italy; ma una ferita profonda al nostro tessuto sociale, per i contenuti valoriali, educativi e tradizionali; per non parlare dei riscontri negativi per l’enogastronomia, il marketing territoriale, il turismo».

Alcuni dati

La produzione veneta di latte (consegne) è aumenta nel 2020 di un paio di punti percentuali (dati Veneto Agricoltura), attestandosi a 1,19 milioni di tonnellate su base annua. In Veneto, le province che hanno maggiormente sostenuto la produzione sono state Padova (+3,5%), Verona e Vicenza con un +2,5%. Il numero di allevamenti con indirizzo da latte continua a ridursi: in Anagrafe Zootecnica Nazionale ne risultano aperti, con almeno 1 capo, 3.013 unità (dato giugno 2020,-3,7% su giugno 2019), mentre quelli con consegne non arrivano a 2.800 unità.

Nel 2020 hanno operato 119 primi acquirenti, di cui 5 hanno aperto durante l’anno e in particolare 3 nei mesi finali dell’anno, mentre a fine anno hanno cessato 4 aziende. Le cooperative sono 52, principalmente distribuite nelle province di Vicenza (18) e Belluno (12). Il maggior numero di primi acquirenti si trova nelle province di Vicenza (36) e Treviso (30), segue poi Verona con 20.

La trasformazione del latte veneto in formaggi a DOP e tradizionali è ancora la sua migliore valorizzazione. La produzione di Grana Padano dei caseifici veneti è stata nel 2020 in leggero calo di quasi il-1,5%, totalizzando poco meno di 560 mila forme, mentre a livello nazionale viene quantificato un incremento dell’1,7%, arrivando a 5,2 milioni di forme (N.B.: una parte del latte veneto a Grana Padano che viene lavorata in caseifici fuori regione). Il calo Veneto è dovuto alle province di Padova e Verona con circa il 5% in meno, mentre tiene Vicenza (+1,7%) che produce oltre la metà delle forme (330 mila circa).

Aumenti per energia

«Quindi – prosegue Brugnera - senza aumenti non avremo più i soldi per tutto questo. Che vuol dire concretamente risorse per acquistare energia, ovvero quella per l’alimentazione degli animali e delle macchine. E qui tutti devono fare la loro parte. Certamente la GDO, ma anche la parte politica, dal Governo alla Regione al sindaco locale. Dove ci porteranno questi aumenti? La Latteria di Soligo ha 200 dipendenti e noi vogliamo pagare i soci. Le dico sinceramente che senza aumenti questo sarà complicato. Stringeremo la cinghia, ma la situazione è drammatica. Pensi che il gas è aumentato di tre volte, è a 96 centesimi. Sinceramente, conclude, ci sentiamo piccoli e deboli di fronte a queste dinamiche, anche perché come lattierocaseario siamo poco uniti. Del resto mica possiamo stoccare il latte, e le vacche vanno munte e alimentate tutti i giorni…».

Futuro sulle montagne russe

Qualcosa sappiamo degli aumenti dell’energia, poco di quelli delle materie per l’alimentazione degli animali. Aumenti che influiscono negativamente sui bilanci delle aziende zootecniche. Mauro Fanin, CEO di Cereal Docks, il gruppo industriale di Camisano (VI), leader nei servizi di approvvigionamento, stoccaggio e prima trasformazione di cereali e semi oleosi per usi alimentari, zootecnici e industriali, spiega cosa sta succedendo a livello di mercati internazionali per lo agrocommodities. «Guardi, i prezzi hanno raggiunto un apice importante. Siamo però sulle montagne russe. Il mercato deve trovare una sua stabilità al ribasso, ma ora è fluido. Le variabili fondamentali sono il meteo, ora c’è incertezza nel sud America che è in raccolta della soia; e l’azione della Cina, che da oltre un anno sta facendo “incetta” di materie prime sui mercati. Si tenga conto che la speculazione è rialzista. Questo mix, quindi, crea incertezza e aumenti. E credo che fino a settembre avremo queste dinamiche attive. Poi vedremo. In tutto questo il Covid influisce solamente come fattore che può “distrarre” o acuire le tensioni, ma i fattori determinanti rimangono quelli fondamentali che ho indicato».

Riproduzione riservata © il Nord Est