Radici e visione: così Donadon ha quotato il suo trattore
È 2.0, per antonomasia, icona della generazione digital italiana. È entrato in Internet quando in Italia la rete era sconosciuta: allora, dicono gli amici, sembrava la perfetta trasposizione del “nerd”. Oggi, a Ca’ Tron di Roncade, guida il piccolo impero di H-Farm, fondata nel 2005. «H» sta per human, Farm esprime il legame con la terra: il 13 novembre, quando è sbarcato in Borsa, ha voluto farlo con un trattore, il simbolo della sua creatura.
Riccardo Donadon, 48 anni, sposato con Giulia, sua ex dipendente, tre figli, concilia rete e tradizione contadina, avanguardia tech e valori, business e fede profonda. Chiude il 2015 con un fatturato di almeno 20 milioni, investimenti diretti in 70 start up e indiretti in altre 100 (dal 15 al 45% di quote). Incubatore di start up, moltiplicatore di denaro. Oltre 550 persone – lui ama chiamarle “beautiful minds” – gravitano intorno alla tenuta informatica più famosa d'Italia, negli ex rustici comprati dai baroni Ciani Bassetti, da Fondazione Cassamarca, dalla Cattolica, ai confini della Marca trevigiana e alle porte della Laguna.
“Zuckerberg de noantri”
Quando gli si chiede se sia lo “Zuckerberg de noantri”, ride: «Macché, tra noi e gli States c’è un abisso...». Eppure, il suo incubatore è meta del premier Renzi e del governatore Zaia, di ministri e imprenditori, di giornali e tivù. Non sarà la California, ma anche lui è nato in un garage. Speciale: si chiama Ghirada, cittadella sportiva dei Benetton. Siamo nel 1995. La famiglia Donadon è nota a Treviso. Ma la star, allora, era zio Massimo, detto “el Sorzon”, l'uomo dei topicidi che salva le metropoli dall'invasione dei ratti. Papà Luciano, presidente Usarci e vicepresidente Enasarco, ha un’azienda nel settore farmaceutico, ed è stato anche presidente del Treviso Calcio.
Finiti gli studi al collegio vescovile Pio X (classico), sembra destinato all'azienda paterna dopo due anni di Psicologia a Padova. E invece Riccardo, appassionato cinefilo, entra in contatto con Giorgio Buzzavo, allora ad di Verdesport, colosso dello sport Benetton. Alla Ghirada Donadon si tuffa, letteralmente, in rete. E fa canestro e meta (calcio ostico, dai Benetton). Crea il primo mall italiano in rete, MallItaly Lab, e lancia l’e-commerce in Italia. Esisteva solo Iol, allora. «Era già avanti» , dice chi l’ha visto sbocciare. Fra i primi collaboratori, il mancato dentista Umberto Basso, tuttora socio di minoranza e braccio destro a Roncade. Il talento, mai disgiunto dal fiuto e dalla congiuntura giusta: Benetton porta Telecom e i colossi americani interessati al mercato italiano, da Oracle a Silicon Graphics. Telecom sfrutterà il garage della Ghirada – e presto Riccardo sfratterà il Benetton basket – per farne la fucina internet italiana, apripista dei servizi in rete. Sponsor attirati come miele, progressioni geometriche del business. I confini sportivi e benettoniani della Ghirada stanno stretti. E la separazione – 1998 – non dev’essere consensuale, se Giorgio Buzzavo (Donadon gli riconosce «ha capito tutto prima degli altri») non parla di quella vicenda.
Ed è storia «americana»il passo successivo di Donadon, che lo consegna definitivamente al grande palcoscenico. Alle porte della città apre E-Tree (ancora una sigla fra modernità e natura). L’azienda «h24». Gli 8 collaboratori diventano presto 15, per adeguarsi ai fusi americani e alla velocità dell’era digital. In azienda biliardino e biliardo, palestra e bowling, angolo fitness. I talenti informatici lavorano per tutti i big, sia giorno o notte: il tempo del silicio è liquido.
Tempo liquido
Ma Donadon sa come motivarli («Sei nel posto più figo del mondo, hai le facilities, vorrai mica andar via»?). E a fine anno il premio di produzione è di sette mensilità. «Ci ha sfruttati, mi ero ridotto a bivaccare là dentro. Ma era bravissimo a non fartelo credere mai», dice uno che ha creato web in Fonderia.Donadon diventa il guru della nuova imprenditoria digital. Marketing, relazioni, tutto quel che si vuole. Ma ha anche fiuto. E avverte la «bolla», fra 2001 e 2003. E dove gli altri restano invischiati, coglie l’attimo: esce prima del precipizio. Vende il suo gioiello quando E-Tree ha le prime perdite, alla Etnoteam. E diventa un piccolo grande Paperone del Nordest, ricchissimo. Liquidato Buzzavo, era rimasto con pochi soci. «Chi non lo conosceva, non gli dava due lire» racconta un altro ex collaboratore, «invece ha sempre visto oltre, la sua visione è la sua arma vincente. Dagli americani ha appreso i segreti, la sua bravura è riapplicarli in chiave italiana. E si è sempre attorniato delle persone giuste». E poi, il fare sempre notizia: anche quando faceva i colloqui nei bar di Milano. Precursore. «Sembra il nuovo Re Mida del Nordest, qualsiasi cosa tocchi diventa oro», dice un altro webtalento suo amico.
Quarto passaggio: in Borsa
La Borsa è il quarto passaggio, dieci anni dopo il terzo, il varo di H-Farm (2005). Nemmeno l’ultimo. Per arricchire l’appeal della sua «fattoria», Donadon crea l’H-Campus, la scuola integrale, dalla materna all'università. Ha rilevato una scuola internazionale a Olmi, e stipulato un accordo con il «suo» Pio X, il collegio mai dimenticato, per aprire le superiori a Ca’ Tron.Passioni? Cinema e giardinaggio. Quando non aveva ancora trovato la strada digitale, collaborava al Gazzettino: teneva una rubrica di cinema. Super effetti digitali? Macché: ama Orson Welles e Frank Capra («Era più difficile far sognare, con i mezzi di allora») e il film preferito è «La fontana meravigliosa», di King Vidor. L’eterna giovinezza. Sarà per questo che alle soglie dei 50 è sempre il giovane imprenditore del Nordest. Lo aiutano il look, la discrezione, lontano da ribalta e riflettori e uno stile inconfondibile.
Ama stare con la famiglia nella villa sul Sile (prima abitava a San Parisio, in città) e si coccola i figli. E fa giardinaggio: pollice verde. Ancora la terra. Del digitale, ama dire che è come l’agricoltura: «Si deve preparare la terra, seminarla bene e starci dietro». Quello che fa ora con le idee, le sue e oggi anche quelle altrui, nuove e giovani. La tenacia slow del trattore, le idee fast dell’era digitale.
E c'è chi – area cattolica e moderata – vorrebbe fargli fare anche il sindaco di Treviso. La nuova H-Town?
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