Razeto, sì alla Confindustria del Nordest: «Le filiere industriali non hanno confini, sbagliati i campanilismi»
L’ex numero uno degli industriali triestini, oggi presidente della Isotta Fraschini, plaude alla nascita del progetto di aggregazione
TRIESTE. Sergio Razeto, già presidente di Confindustria Venezia Giulia e numero uno di Wartsila Italia, oggi è presidente e amministratore delegato di Isotta Fraschini Spa, il celebre marchio italiano dei motori, che oggi è una azienda del pianeta Fincantieri con stabilimento a Bari. Isotta Fraschini, fondata nel 1900 a Milano (alla fine degli anni Ottanta trasferì per un periodo la produzione anche a Trieste) oggi è una realtà industriale specializzata nella produzione di motori diesel per applicazioni marine e industriali.
Razeto, lei da presidente degli industriali triestini è stato l’artefice della prima aggregazione su scala regionale con la nascita di Confindustria Alto Adriatico, nata dalla fusione della Venezia Giulia con Unindustria Pordenone. Cosa pensa del progetto di lanciare oggi una Confindustria a Nordest?
«Condivido pienamente il progetto di Bono. Sono sempre stato un fautore di ogni forma di collaborazione industriale e di lavoro comune. Credo che questa nuova iniziativa di aggregazione confindustriale abbia proprio l’obiettivo di rafforzare la politica industriale nordestina per favorire lo sviluppo che non ha matrici territoriali. Il Nordest è caratterizzato da una prevalenza di imprese di medio-piccole dimensioni molto dinamiche con una forte apertura internazionale nelle grandi catene globali del valore. Giusto anche il proposito di rafforzare e creare nuove filiere produttive per creare valore e investire su una piattaforma logistica integrata come quella del porto di Trieste».
Confindustria Alto Adriatico fu il prodromo di questo processo di aggregazione regionale. Secondo lei bisogna dare la priorità a una integrazione su scala Fvg?
«I due progetti possono correre in parallelo. Assieme a Bono abbiamo creato Confindustria Alto Adriatico in una visione ad ampio raggio e con molta convinzione. Peccato anche anche in quella circostanza Udine abbia deciso di non partecipare. Già il progetto che ha portato alla aggregazione di Trieste, Gorizia e Pordenone si proponeva di raggiungere una dimensione regionale. Anche in Confindustria bisogna evitare visioni troppo di campanile e un eccesso di competizione fra territori. Spero che Udine ripensi alla sua posizione».
Gorizia, Pordenone e Trieste contano complessivamente 1.300 aziende per circa 13 miliardi di ricavi. Il presidente Agrusti definì la nascita di Alto Adriatico un matrimonio tra la città della scienza e quella della manifattura. Come vede allora questa proposta di nozze su scala nordestina?
«Oggi mi occupo della gloriosa Isotta Fraschini. Continuò a vedere la necessità di aumentare la massa critica delle risorse per aiutare le Pmi nell’era dell’innovazione e della digitalizzazione. Dobbiamo creare nuove filiere industriali del Made in Italy che possano aumentare la loro forza. Ricordo che la missione di Confindustria è quella di servire le imprese».
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