Rimborsi e Malta: Zonin e Cda sapevano

La Popolare di Vicenza "era a piena conoscenza" e "avrebbe potuto intervenire". Lo si legge nel documento con cui il Tribunale di Vicenza ha rigettato la causa contro Sorato, Giustini e Piazzetta per 280 milioni fatta da PopVi

PADOVA. Non è dunque vero quanto affermato da Gianni Zonin sabato 5 settembre 2015 davanti a 800 dipendenti al Teatro nuovo di Vicenza. "La Banca Popolare di Vicenza sapeva". E’ scritto nero su bianco nel decreto di rigetto del Tribunale di Vicenza, prima sezione civile, firmato il 2 novembre 2015. E’ la decisione con cui il Tribunale di lavoro di Vicenza ha respinto la richiesta danni (per 280 milioni di euro) avanzata dalla Banca contro l’ex direttore generale Samuele Sorato e i suoi vice Emanuele Giustini e Andrea Piazzetta. La banca aveva infatti chiesto un risarcimento (su cui è stata esercitata l’azione cautelare) imputando inadempimenti relativi all’esercizio delle “funzioni gestorie”. Ma è stato rigettato.


Come si legge dal documento la richiesta della Banca era basata su episodi precisi. Si tratta degli “storni” (rimborsi, ndr) e “garanzie” ai clienti che avevano sottoscritto azioni Bpvi (per Sorato e Giustini) e viene specificamente sottolineato l’investimento emerso da un’inchiesta dell’Espresso da 350 milioni di euro nei fondi Athena e Optimum (questo riguardo a Piazzetta) per un danno economico determinato nella misura di 92 milioni di euro. Agli storni sono imputati 390 mila autorizzati nel 2013, 2014 e primo semestre 2015. Più 680 mila per storni nel secondo semestre e 250 mila nel primo semestre 2014 in capo a Giustini. Il comportamento doloso del direttore generale è invece per 2 milioni di storni autorizzati.

Ma a emergere chiaramente, nel documento del giudice, è il riferimento alla “consapevolezza da parte della società di queste prassi e alla conoscenza delle condotte oggi poste a fondamento della preannunciata domanda risorcitoria, dal momento che già nel verbale del consiglio di amministrazione del 27 maggio 2015 gli organi di amministrazione della società avevano discusso delle verifiche effettuate dal servizio Audit in merito agli sconti autorizzati nel secondo semestre 2014”.

Anche nel caso dei fondi Athena e Optimum emerge che erano state "prodotte le linee guida di investimento", che erano state “fornite indicazioni sull’andamento dei fondi” ed emerge anche che “vi era una periodica richiesta du informazioni sull’andamento dei fondi”. In particolare “un controllo periodico, con cadenza settimanale, era in capo alla funzione Risk management”. Insomma, la società “era a piena conoscenza dell’andamento complessivo dei fondi di investimento e avrebbe quindi potuto intervenire una volta verificate le perdite”. Si esclude anche il comportamento quindi doloso di “occultamento delle informazioni concernenti gli investimenti”.

Il giudizio del Tribunale del Lavoro potrebbe ora avere rilevanza anche ai fini delle indagini penali ancora nella fase preliminare e di cui si attende l'invio del verbale Bce per un'accelerazione.
 

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