Rinnovabili, lo scenario a Nordest: motori e generatori a vocazione green

Secondo una ricerca Intesa Sanpaolo: 123 sono le imprese nelle rinnovabili, ma il Nordest paga la prevalenza delle piccole aziende
Luigi Dell’olio

Poco meno di un terzo del totale nazionale, nella stragrande maggioranza dei casi di piccole e medie dimensioni e attive soprattutto nell’elettrotecnica. Sono le aziende del Triveneto che producono componentistica per la produzione di energia da fonti rinnovabili, appartenenti al campione ricostruito nel rapporto “Transizione energetica: la filiera delle tecnologie delle rinnovabili in Italia”, pubblicato di recente dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, di cui Nordest Economia diffonde in anteprima un focus locale.

Lo studio parte dalla considerazione che le fonti d’energia rinnovabile (Fer) sono un elemento cruciale della transizione energetica: l’Italia nel 2014 ha già raggiunto il target di neutralità climatica del 17% fissato per il 2020, ma da allora in avanti ha rallentato la potenza installata soprattutto nel confronto con i principali paesi europei.

I nuovi obiettivi al 2030 implicano che la capacità totale da Fer installata venga quasi triplicata con una decisa inversione di marcia che dovrebbe portare un significativo aumento di domanda della componentistica per gli impianti di produzione di energia pulita sia nel nostro Paese, sia a livello internazionale. Sfida ambiziosa Dunque, una sfida ambiziosa, che potrà essere vinta grazie al contributo del Pnrr, che punta proprio sulle rinnovanibili per riconvertire in chiave sostenibile l’economia italiana.

«Le imprese del Triveneto attive nelle rinnovabili sono 123, circa il 31% del totale nazionale esaminato», racconta Letizia Borgomeo, analista di Intesa Sanpaolo che ha curato la ricerca insieme alla collega Anna Maria Moressa. «A dominare il quadro territoriale è il Veneto (84% di aziende dell’area, ndr), regione con un’elevata specializzazione in questo settore. Basti pensare che opera in regione il 13% delle imprese italiane classificabili nei settori ad alto contenuto ingegneristico, come meccanica, elettronica ed elettrotecnica, percentuale che sale al 25% se si considera la filiera delle rinnovabili».

In termini di fatturato le imprese del Triveneto generano il 15% del fatturato totale, quota che sale al 29% se si considerano solo le imprese micro-piccole (con meno di 50 milioni di euro di fatturato). Dimensioni ridotte Questo evidenzia una caratteristica tipica del territorio, che ha una grande vocazione imprenditoriale, e in questo caso dimostra anche di voler puntare con decisione su uno dei segmenti a maggiore potenziale di crescita nel medio periodo, ma sconta le ridotte dimensioni, che spesso si rivelano un handicap nel contesto attuale.

Perché avere le spalle robuste dal punto di vista patrimoniale e finanziario significa poter mettere in campo gli investimenti necessari per l’innovazione e anche fronteggiare con maggiore forza i cicli negativi, che sono inevitabili per chi fa business. Anche se l’agilità delle Pmi gioca a favore nelle fasi di difficoltà.

«Dai bilanci fin qui pubblicati emerge che le aziende più piccole presentano una maggiore resilienza alla crisi pandemica rispetto a quelle medio grandi, con un calo del fatturato 2020 rispetto al 2019 del 4,6% contro il calo del 6,6% delle aziende di dimensioni maggiori», sottolinea Borgomeo. «Si tratta comunque a livello settoriale di una tenuta migliore rispetto alla media del manifatturiero italiano (-9,4% a prezzi correnti su dati Istat)».

In termini di addetti, le imprese della filiera rinnovabili del Triveneto rappresentano circa il 18% delle imprese del campione nazionale, quota che anche in questo caso raddoppia se si guarda solo alle micro e piccole imprese. Elettrotecnica A livello merceologico si tratta principalmente di realtà attive nell’elettrotecnica (una impresa su due), in particolare nella produzione di motori e generatori, due specializzazioni del Triveneto e soprattutto di alcune province venete.

«Per analizzare la loro performance, le abbiamo comparate con un campione di riferimento formato da aziende del territorio con analoghe specializzazioni in ambito ingegneristico», spiega Borgomeo. «È emerso che le imprese attive nella produzione di tecnologie Fer negli ultimi anni sono cresciute ben oltre la media, mettendo a segno performance migliori sia del campione di riferimento, sia del manifatturiero, anche rispetto alla media nazionale».

Risultati, ricorda, in buona parte ottenuti grazie alla crescente domanda per questa tipologia di componentistica innescata dalla transizione green, ma anche dall’abilità delle aziende nordestine nel caratterizzarsi come realtà dall’elevato contenuto tecnologico. E proprio l'innovazione continua, ricorda, è la carta vincente per restare competitivi.

«Il differenziale di performance di crescita tra le imprese che producono tecnologie Fer e le altre imprese ingegneristiche del territorio è particolarmente significativo tra le imprese di micro e piccole dimensioni (con meno di 10 milioni di fatturato al 2017, ndr)», conclude l’analista. Ricordando come circa il 10% delle aziende di micro e piccole dimensioni del settore possegga almeno un brevetto, contro l’8,5% delle imprese del campione di riferimento.— © RIPRODUZIONE RISERVATA

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