Ristorazione, 20 mila addetti a rischio nella Città metropolitana di Venezia

Il dossier di Confcommercio: fatturato complessivo crollato del 40 per cento. Zanon: «Gli operatori stanno reagendo, ma in questa fase è necessario azzerare la burocrazia»
Plateatici Pieni in Piazza Ferretto.Mestre, 18/05/2020.Foto A. Gilardi/Ag. Lorenzo Pòrcile
Plateatici Pieni in Piazza Ferretto.Mestre, 18/05/2020.Foto A. Gilardi/Ag. Lorenzo Pòrcile

MESTRE. A due mesi dalla riapertura dopo il lockdown bar e ristoranti faticano molto: causa un crollo dei fatturati del meno 40%. Nella sola Città Metropolitana di Venezia a rischio oltre 20 mila lavoratori. Massimo Zanon (presidente di Fipe Confcommercio Metropolitana di Venezia e di Confcommercio Unione Metropolitana di Venezia) conferma l’allarme generale.

«La resilienza è già iniziata anche con nuovi strumenti per migliorare e innovare il business, ma sono indispensabili zero burocrazia e sostegni pubblici efficaci per un settore rilevante per Venezia e il Veneto». Entro fine anno la contrazione potrebbe ridursi, spiega la Fipe Confcommercio, al meno 26 per cento, sostanzialmente la metà dell’attuale, «con la previsione di risalire la china il prossimo anno». Previsioni che non nascondono i problemi del settore, penalizzato da un calo di clientela, dovuto anche allo smart working.

I numeri

Poco meno di 26.000 pubblici esercizi che attivano 84.231 dipendenti in Veneto di cui il 56,1% donne; di questi 5.573 sono bar, ristoranti e locali vari che si trovano nella Città Metropolitana di Venezia dove si concentra il 21,56% delle imprese venete del settore, che danno lavoro a 20.883 dipendenti, di cui il 45,31% donne.

I consumi delle famiglie venete valgono 8 miliardi e 267.205 euro e Venezia vanta il primato regionale di 1,774 miliardi di euro di consumi nell’intera Città metropolitana. Per un confronto: in provincia di Rovigo, i pubblici esercizi sono complessivamente 1.377 in cui lavorano poco meno di 2.900 addetti, per il 65,52% donne.

Sono questi i dati relativi al 2019 riportati dall’ultimo report sul settore, prodotto dal Centro Studi nazionale di Fipe (Pubblici esercizi) di Confcommercio e basato su dati Infocamere, Istat e Inps; ricerca che in questa edizione, spiegano dalla associazione di categoria, diventa un punto di riferimento per il confronto con la attuale situazione generale condizionata dal Covid-19, con pesanti contraccolpi sulle attività e sulla loro gestione futura.

Leva economica

«Sono dati importanti e forse troppo spesso non adeguatamente considerati», dice Massimo Zanon, presidente sia di Fipe che di Confcommercio Unione Metropolitana di Venezia. «Dati che evidenziano come ristorazione, bar e locali non solo costituiscano un’importante rete di servizio per la collettività, ma anche una leva economica e per l’occupazione insostituibile». Il rapporto conferma che il settore rappresenta un sensore particolare per gli stili di vita e di consumo degli italiani e dei turisti.

Consumi delle famiglie

Basti pensare che i consumi delle famiglie nella Città metropolitana di Venezia schizzano a 1,774 miliardi pari al 21,46% del fatturato dei pubblici esercizi di tutto il Veneto. Venezia è seguita al secondo posto da Verona (1,62 miliardi di Euro) e al terzo da Padova (1,379 miliardi). Sono stati stimati in 438,5 milioni di euro i consumi per la provincia di Rovigo, pari a poco più del 5% del fatturato di settore a livello regionale. Il “Ristorante e bar Italia”, nel totale, nel solo 2019 ha fatturato oltre 85 miliardi di euro.

Gli interrogativi

E' inevitabile, dice Zanon, porsi alcune domande su questo 2020 pieno di difficoltà. «Le misure attivate dal Governo stanno dando solo ora un primo beneficio e anche la Regione del Veneto ha risposto tempestivamente alle nostre richieste», spiega. «Ma il settore necessita di misure strutturali e aiuti per adattarsi ai nuovi stili di vita e rinnovare il business.

La reazione dei singoli esercenti c’è stata, grazie anche all’assistenza delle associazioni di categoria come Confcommercio che hanno anche messo a disposizione strumenti indispensabili per attivare e sviluppare sistemi di prenotazioni e vendite con consegna a domicilio, spesso dando vita a nuovi rami di business, opportunità di fidelizzazione e attrattività per il cliente che prima della pandemia venivano visti con scetticismo o forse troppo complicati». Innovazione, gioco di squadra ma anche sburocratizzazione.

«E’ proprio», conclude il presidente Zanon, «da un mix di aiuti pubblici semplici e a burocrazia zero e supporto con strumenti innovativi come quelli messi a disposizione da Confcommercio, che vogliamo evitare lo scenario peggiore: a due mesi dalla riapertura, dopo il lockdown a causa del Covid-19, la perdita di fatturato è già stata stimata mediamente in un -40%. Contiamo, se non vi saranno colpi di coda della pandemia, di comprimerla a fine anno almeno al – 26%, per risalire davvero la china con il nuovo anno». —

Riproduzione riservata © il Nord Est