Safilo, obiettivo Italia: "Saremo la Swatch degli occhiali"
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PADOVA. Obiettivo: 60% di fatto in Italia entro il 2020. Il «riavvicinamento» di Safilo al Bel Paese e in particolare al Nordest, dove insistono tre dei quattro stabilimenti nazionali del gruppo (Longarone, Santa Maria di Sala e Martignacco), passa per la Slovenia. Perché qui l'azienda ha già avvicinato alcune produzioni che faceva in Cina, con vantaggi di costo che dovrebbero replicarsi anche nel secondo step, ovvero con il ritorno in Italia.
Ma il passo fondamentale, per il reshoring (letteralmente: rimpatrio della produzione) sarà il tavolo sindacale già aperto, legato alla necessità di modernizzare e rendere più 'agile' l'azienda. Una Spa quotata che oggi si ritrova con un bisogno reale di giovani, dato che l'età media negli stabilimenti è di 53-55 anni. Ma anche con un bisogno di linee produttive aggiuntive, necessarie per portare in fabbrica pezzi di filiera sui componenti e aprirsi altri mercati di massa a prezzi democratici, dove il prerequisito fondamentale per «fare numeri» è la polivalenza dei suoi dipendenti. Si badi: non la flessibilità.
Parola di Luisa Delgado, amministratrice delegata del Gruppo che conferma smentendo ogni rumor: «Non siamo dei venditori e tutti i nostri stabilimenti saranno potenziati. Ne abbiamo bisogno per tutti i marchi presenti e futuri. Il nostro obiettivo è fare acquisizioni, non alienare». Per questo a Martignacco (Ud) si sta istallando nuova tecnologia. Per questo la linea è promuovere, con il prodotto, una nuova reputazione che fa perno sul 'fatto in casa' e con 'cura'. Una storia diversa del made in Italy che ha due modelli, svela Delgado. Cucinelli e Swatch. Brunello Cucinelli per il posizionamento Atelier, uno dei segmenti a cui guarda il piano industriale 2020 per l'artigianato d'eccellenza. Swatch invece incarna il modello di massa ma anche di innovazione a cui l'azienda vuole tendere: «Swatch non produrrebbe mai fuori dalla svizzera i suoi orologi accessibili eppure è differente. Questa la nostra sfida» evidenzia l'ad.
«Il reshoring è necessario per differenziarci – asserisce Leonardo Innocenzi che presidia la filiera di prodotto – oggi un occhiale si misura in decine di minuti e ne bastano 40 per produrlo, ma noi ci mettiamo settimane perché il network è frammentato. Stiamo investendo per completare il ciclo e renderlo vicino al design». «Vogliamo preservare e creare nuovo lavoro, il tavolo con i sindacati è fondamentale e segna progressi enormi – conferma Delgado – l'età media nei siti produttivi non è un problema in sé ma per la densità. Abbiamo bisogno dei maestri, ovvero coloro che vantano 30-35 anni di esperienza, e delle loro competenze ma anche di un nuovo vivaio che ci dia diversità». Safilo esce cosi, anche grazie alla scuola prodotto avviata il 4 settembre con 9 giovani apprendisti under 31, da un sonno durato 15 anni. Siamo stati una «bella addormentata» dice Delgado.
La realtà dei fatti è che nella produzione manca un'intera generazione. Come assoldare nuove leve? La via non è quella che probabilmente sarà adottata da Luxottica nel suo welfare e contenuta nella Legge di Stabilità. «Noi siamo per la meritocrazia» dice l'ad. Nessun passaggio di testimone di padre in figlio, ma una politica nuova per cui «il dipendente che conosce qualcuno fuori in sintonia con i nostri valori e lo segnala viene ricompensato con un piccolo premio che poi adrà in beneficienza». «Vogliamo essere un azienda modello per il territorio» conclude Delgado. Ma ache per un nuovo racconto del made in Italy: «Dobbiamo smettere di pensare che in Italia si possono solo fare prodotti di un certo prezzo in su. Il futuro dell'occhialeria italiana sarà fatto di occhiali più belli a prezzi infiniti ma questo non ci farà fare volumi industriali, il Paese ha bisogno di riportare produzione: dobbiamo inventarci lo Swatch dell'occhiale con nuovi processi di manifattura e persone polivalenti, carriere per tutti anche per gli operai e un ripopolamento industriale».
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