Save, Marchi: "Deutsche e Infravia saranno ottimi compagni di viaggio"
VENEZIA. «Save è un modello di sviluppo sostenibile, un gruppo solido con una strategia di crescita chiara e continua. Una società corteggiata ma voglio tranquillizzare tutti sulla continuità in termini di equilibrio e investimenti». Enrico Marchi è meno battagliero del solito e in assemblea si dimostra sereno e aperto al dialogo. I soci ieri presenti al 69% del capitale con la visibile assenza di Atlantia, hanno approvato: il bilancio 2016 chiuso con 188 milioni di ricavi e 42 milioni di utile, la distribuzione di 38 milioni di dividendi e l’entrata del sindaco Luigi Brugnaro in cda. È stata la prima assise senza l’ex socio Andrea de Vido, sempre in prima fila. L’ultima con l’attuale assetto proprietario prima dell’Opa che cambierà la governance dello scalo. E i Benetton, ieri, hanno scelto di non mandare neanche un rappresentante.
Presidente Marchi, perché ha escluso un’alleanza con i Benetton preferendo due fondi stranieri (Deutsche e Infravia) a un socio italiano?
«Abbiamo ragionato per criteri e non per cognomi: non eravamo interessati a partnership con soggetti industriali perché siamo già noi un soggetto industriale; meglio quindi avere a fianco dei soggetti finanziari che aiutino lo sviluppo. Siamo noi il partner industriale di eccellenza e non abbiamo bisogno d’altri».
Come spiega l’assenza in assemblea di Atlantia?
«Non tutti i soci partecipano all’assemblea ma ho visto azionisti importanti come la città metropolitana e la maggioranza c’era comunque».
Possiamo entrare nei dettagli dell’accordo firmato con i fondi?
«Diamo tempo al tempo, ora ci sono varie fasi da espletare. L’unico numero è quanto capitalizza Save: 1,2 miliardi. Si tratta tuttavia, al di là delle preoccupazioni strumentali, di un cambiamento positivo che permetterà all’aeroporto di continuare a crescere. I nuovi fondi saranno ottimi compagni di viaggio e in questa scelta ho messo davanti a tutto l’interesse dell’azienda che rappresento, non i miei personali. Save non sarà il braccio di una testa posizionata altrove ma una testa solida e forte qui in Veneto, motivo di orgoglio per tutti quelli che vi lavorano».
Perché l’ha fatto?
«Per le mie convinzioni, per la bontà dei progetti ai quali credo e per la squadra che ho attorno che mi dà forza ed energie e non da ultimo, anzi primo, per l’amore per la mia terra».
Se Consob e Antritrust diranno «sì», l’Opa a 21 euro scatterà a giugno?
«Anche qualche mese dopo».
Si aspetta un gioco al rilancio?
«Oggi Marco Polo Holding e altri azionisti hanno il 60%. Questo basta. Non dico altro».
Perché nell’accordo è stata inserita la clausola di lock up, ovvero il divieto della vendita di azioni?
«È una clausola standard che si inserisce sempre nei contratti e può durare 3-4 o 5 anni, nel nostro caso, se non saremo più quotati, è di 4 anni».
Ma cosa succederà allo scadere dei patti, quando tutto potrebbe essere rimesso in discussione?
«Non succederà nulla perché tutto sarà inserito a statuto, quindi tutto sarà come prima. Quello che mi auguro è di continuare d’ora in poi come ho avuto la fortuna di fare in questi 17 anni confermando l’eccellenza di Save. Sono certo che con la squadra collaudata e la cultura d’azienda creata in questi anni agiremo e reagiremo tutti con la stessa sensibilità».
Finché resterà lei a garanzia; è lei il perno dell’accordo...
«Salute permettendo, io resterò e, in questi 4 anni, il mio impegno sarà riorganizzare il gruppo per risalire nella percentuale di partecipazione di Save: io ci credo e ho investito una parte importante del mio patrimonio. Continuerò a investire e lavorerò per prepararmi a risalire».
A costo di vendere Finint?
«Uno degli obiettivi a cui ho sempre lavorato è stato tenere unito il gruppo. Il caposaldo della mia filosofia è sempre stato tener uniti Finint e Save che rappresentano due settori fondamentali, dove il Veneto non brilla, come le infrastrutture e la finanza. Credo che entrambe le società siano due gioielli: entrambi possono contribuire allo sviluppo di un Veneto oggi mortificato».
Come mai avete previsto l’uscita dalla Borsa di Save?
«Sia il delisting che la quotazione hanno pregi e difetti. Il pregio della non quotazione è non essere soggetti alla volatilità dei mercati che per i fondi rappresenta un problema e da qui nasce l’obiettivo. Poi dipenderà dalla risposta del mercato. Mi auguro che nel medio lungo termine Save possa tornare quotata».
E il futuro di Finint?
«Voglio dare una veste istituzionale e sempre più importante anche a Finanziaria Internazionale in un settore come quello della finanza che qui in regione oggi vive una pesante crisi».
Ma con de Vido come siete rimasti? Alla fine, dopo 37 anni, vi siete stretti la mano o qualcuno ha sbattuto la porta?
«Preferirei parlare di numeri e aziende. Il passato adesso... lasciamolo stare».
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