Siderurgia, futuro green: «Decarbonizzazione possibile entro il 2030»

Assemblea di Federacciai a Vicenza, il presidente Gozzi: «L’Italia è avanti». Ma il settore soffre alle prese con i prezzi dell’elettricità più alti d’Europa

Federico Piazza
Il presidente di Federacciai Antonio Gozzi
Il presidente di Federacciai Antonio Gozzi

L’elettrosiderurgia italiana fa i conti con i prezzi dell’elettricità più alti d’Europa e con la carenza di rottami ferrosi. Due questioni non da poco, se si considera che ben l’85% della produzione nazionale di acciaio è fatta con elettroforni che impiegano rottami riciclati rispetto a una media europea ben al di sotto del 50%. Un primato mondiale sulla strada della decarbonizzazione, quello italiano.

I due temi sono stati pertanto al centro dell’assemblea pubblica 2024 di Federacciai, tenutasi ieri a Vicenza con la presenza, fra gli altri, del presidente di Confindustria Emanuele Orsini.

«In Italia – dichiara il presidente Antonio Gozzi – siamo più avanti di tutti nella produzione decarbonizzata di acciaio con forni elettrici, e puntiamo ad arrivare a una produzione completamente green entro il 2030. Ma il nostro settore soffre di un rilevante gap in termini di costo dell’energia e di progressiva rarefazione nel mercato della disponibilità di rottami ferrosi, di cui l’Italia è un importatore netto mentre il resto d’Europa lo esporta soprattutto verso la Turchia.

Poiché la domanda di questo materiale strategico è destinata ad aumentare via via che la transizione verso l’elettrosiderurgia accelererà anche negli altri Paesi, occorre intervenire a livello Ue per assicurare che ne rimangano in Europa volumi sufficienti».

Nel frattempo, in testa alle preoccupazioni immediate dei produttori e dei trasformatori di acciaio c’è il caro energia. Diventato ancor più pesante per un settore che sta attraversando una fase congiunturale difficile tra calo della domanda generale e della produzione (-5,2% tendenziale nei primi otto mesi dell’anno), prezzi e redditività dell’acciaio in contrazione, forte concorrenza delle produzioni asiatiche che inondano i mercati internazionali, incertezze economiche e crisi geopolitiche.

Banzato: «C’è carenza di rottame ferroso. Stop alle esportazioni verso la Turchia»
La redazione
Alessandro Banzato, presidente di Acciaierie Venete

Nel 2023 le imprese energivore italiane hanno per esempio pagato la corrente elettrica in media oltre 110 euro al MWh rispetto ai 65 euro per le tedesche. E nel 2024 i prezzi non sono certo scesi. Rispetto a questo annoso fattore di svantaggio competitivo c’è comunque fiducia negli effetti che dovrebbe avere sulle bollette elettriche delle aziende energivore la misura di Energy Release del governo, che entrerà a vigore il primo gennaio 2025 a valere su un terzo degli acquisti di elettricità.

Mentre più in prospettiva il settore guarda al possibile accordo per fare arrivare via cavo energia da fonti rinnovabili prodotta in Tunisia e al nucleare di importazione dalla Francia con accordi in via discussione.

Ad oggi un terzo degli acquisti dalla rete di energia elettrica dell’industria siderurgica italiana proviene da fonti rinnovabili. «Per raggiungere l’obiettivo del “net zero” o addirittura essere “carbon negative”, abbiamo bisogno di un ulteriore terzo di elettricità a zero emissioni di carbonio.

Molte delle nostre aziende continuano a investire in impianti da fonti rinnovabili. E stiamo valutando di partecipare, anche in consorzio di imprese, alle gare per il rinnovo delle concessioni idroelettriche», conclude Gozzi. 

Riproduzione riservata © il Nord Est