Smart working, inchiesta sul lavoro remoto in Veneto: chi lo sostiene, chi lo critica. E perché
Abolirlo e tornare rapidamente indietro o renderlo addirittura strutturale? Lo smart working fa discutere. Incombe la possibile ripresa autunnale dell'epidemia da Coronavirus, per cui la discussione risente comunque dell'andamento sanitario. Mettiamola così: se il Covid fosse stato debellato, la discussione sul ritorno nei luoghi di lavoro sarebbe certo stata più serena: a quel punto, la scelta se delocalizzare una quota di lavoratori, facendoli lavorare da casa propria, sarebbe stata meno condizionata, la discussione più franca. Così, invece, le cose sono complicate.
Ma quali sono i pro e i contro? Quali categorie vedono favorevolmente il lavoro remoto, quali sono le controindicazioni e in quali settori? Qui sotto troverete diverse storie, o meglio testimonianze dirette che contribuiscono a creare un caleidoscopio di impressioni dirette e motivate.
L'ARTIGIANO
Carlo Ceriana da anni opera con i piccoli imprenditori: «Difficile parlare con i grandi enti
ma il rientro dev’essere sicuro. Bene i nostri Comuni»
«Con lo smart working i rallentamenti ci sono, inutile negarlo. Il problema più grosso sono i grandi enti pubblici come Inps e Inail, talvolta gli addetti non si trovano o non si riesce a comunicare con loro. Anche rintracciarli telefonicamente diventa difficile».
Carlo Ceriana, da segretario di Confartigianato Imprese Treviso, ha il polso del rapporto tra artigiani e pubblica amministrazione in smart working. Ma rispetto ad alcuni suoi colleghi è per la linea soft: «Sì, le difficoltà ci sono sicuramente, ma non ci stanno impedendo di lavorare. E soprattutto, non c’è alcun problema con i piccoli Comuni, che spesso sono i nostri interlocutori. Con le amministrazioni locali c’è un buon dialogo e gli operatori sono quasi sempre presenti, il problema non si pone».
Anche Ceriana auspica un ritorno alla normalità in tempi brevi, ma senza correre: «Logicamente sarebbe più comodo per tutti, ma bisogna considerare tutti i rischi del caso e fare molta attenzione. Per l’economia sarebbe molto peggio una ricaduta dal punto di vista sanitario, con lo scenario di un altro lockdown generalizzato, quello sì sarebbe un grosso problema per le nostre imprese, molto più dello smart working. È bene rimanere ancora prudenti, e se si ritorna al lavoro in ufficio e nelle fabbriche bisogna farlo rispettando tutte le norme, dalle protezioni individuali al distanziamento sociale». (adp)
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L'IMPRENDITRICE
Laura Dalla Montà, titolare della “Alice confezioni” di Este: «Centri per l’impiego intasati, non riesco a trovare personale»
«Nel mio settore il personale è strategico. Il Covid e le lentezze burocratiche certo non mi aiutano a reperirne». A dirlo Laura Dalla Montà, titolare di Alice Confezioni di Este, un’azienda tessile che lavora per le grandi firme della moda internazionale.
La sua azienda soffre di carenza di nuovo personale, ci aiuta a capire?
«Il settore delle confezioni per l’alta moda ha bisogno di maestranze formate e di grande professionalità, noi in azienda oggi siamo 17 ma, tra “Quota 100” e un’età media molto alta, mi trovo a fronteggiare proprio in quest’anno così sfortunato ben 5 pensionamenti. In più stiamo lavorando alla confezioni di camici per Azienda Zero e questo impone la necessità di reperire manodopera specializzata in tempi rapidi».
E non riesce a trovarne?
«Si e no. Di gente che cerca lavoro ce n’è, di personale qualificato molto meno. Per questo, e in previsione dei pensionamenti, sono 2 anni che lavoro assieme ai Centri per l’Impiego. Ho scelto il pubblico perché credo sia giusto così, perché il servizio, per quanto un po’ faticoso c’era e perché ho fiducia nelle collaborazioni strutturate con gli anni».
E tuttavia qualcosa sembra essere andato storto nel post-Covid, cos’è successo?
«Proprio per un’azienda che conta sul suo personale per affrontare commesse raffinate dal punto di vista delle lavorazioni, il post-Covid rischia di distruggere il lavoro che avevamo costruito con i Cpi, infilandosi come sabbia in quell’ingranaggio che avevo faticosamente creduto di avere messo in piedi».
Cos’è successo nello specifico?
«I Cpi per settimane e settimane hanno lavorato solo in smart working. Il Paese era in lockdown ma i mesi continuavano a passare e il tempo della pensione per le mie dipendenti si avvicinava. Poi, con il rientro, le difficoltà tipiche del reperimento di personale così specializzato si sono sommate alle lentezze dovute ai presidi di sicurezza per i lavoratori e per gli utenti degli uffici. Code all’esterno, attività ridotta dall’emergenza e così via. Le scuole nel frattempo erano chiuse e le mia dipendenti, tutte donne, si sono trovate a dovere gestire i figli rimasti a casa da scuola. E come si fa a non dare loro le ore di permesso? Il tutto proprio quando avevamo bisogno di reagire velocemente alle richieste dei nostri committenti. Capisco bene le difficoltà, anche degli uffici pubblici, ma io ho un reale e pressante bisogno di personale stabile e competente. Continuo ad avere fiducia nel servizio pubblico ma ho problemi molto seri che devono essere risolti». (Riccardo Sandre)
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IL CURATORE FALLIMENTARE
David Moro, commercialista e curatore fallimentare: «Sto “lottando” con un Comune
per avere i certificati urbanistici. La perizia è incagliata perché non si riesce a ottenere un documento»
David Moro, commercialista e presidente dell’Ordine a Treviso, è alle prese con una procedura fallimentare incagliata anche per colpa dello smart working: «Da curatore, devo eseguire delle perizie per una procedura di valutazione di terreni e immobili in un fallimento, come da prassi in questi casi. Per fare tutto questo bisogna confrontarsi con il Comune, ma nel caso di specie si tratta di un ente piccolo, con poco personale, e non riesco ad avere i Cdu, certificati di destinazione urbanistica. Ci sarebbe bisogno di vederci di persona, e allo stato attuale la procedura è rallentata. Con l’Agenzia delle Entrate c’è stato qualche rallentamento ma ora tutto funziona, e anche il Tribunale è ripartito».
Non tutte le pratiche possono nascere e arrivare a conclusione esclusivamente via email: «Si sta creando un disagio generale. Il settore pubblico è fondamentale per l’attività economica, il confronto con i dipendenti a casa è più difficile. Questo non significa che sia impossibile lavorare, ma ho delle pratiche che si fatica a portare avanti, con ritardi importanti».
Moro, tuttavia, non vede grosse differenze tra pubblico e privato: «Anche in molte grandi aziende private ci sono dipendenti ancora in smart working. Quello che sta succedendo nel privato è sovrapponibile a quello che succede nel pubblico. E con il lavoro da casa le inefficienze, di qualsiasi settore, si amplificano». (adp)
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LA COMMERCIANTE
Anna Parpagiolla gestisce il centro estetico Dea Salus di Cadoneghe: «Dipendenti senza alcun aiuto, per noi è sempre più difficile»
«Ho un centro estetico che prima del Covid andava benissimo. Ma le strutture come la mia sono anche luoghi di relax e se le mie collaboratrici sono innervosite da una Cassa integrazione che non arriva le cose non vanno per il verso giusto». A dirlo la presidente delle donne di Upa Anna Parpagiolla, titolare di Dea Salus di Cadoneghe, una realtà in cui lavorano 7 persone e che è stata colpita in pieno dal lockdown della primavera scorsa.
I centri estetici sono tra le realtà più colpite dal Coronavirus, a voi com’è andata?
«Come a tutti gli altri: due mesi e mezzo di fermo totale in un periodo, la primavera, che è uno dei migliori per il fatturato. La gente sceglie proprio aprile e maggio per prepararsi all’estate e la Pasqua è tradizionalmente un periodo di taglio di capelli e nuove acconciature. In pratica saremo felici se a fine anno potremo registrare un calo del fatturato tra il 20 e il 25%».
L’Fsba, l’ente che eroga l’assegno per gli artigiani, ha avuto diverse difficoltà nei mesi scorsi, le avete subite anche voi?
«Certo che sì: le mie collaboratrici, ad oggi non hanno ricevuto ancora l’assegno per i 18 giorni di maggio in cui siamo stati costretti alla chiusura. Ci sono tante richieste e il pubblico lavora in smart working. Ma le mie dipendenti sono donne che hanno famiglia, spese, affitti e necessità alimentari come tutti. Se chi le deve pagare non lo fa loro non sanno come fare. E questo si ripercuote anche sul lavoro».
La mole di lavoro è enorme.
«Capisco la difficoltà degli uffici pubblici, ma i disagi sono disagi e questi sono davvero faticosi da digerire. C’è poi il fatto che questa emergenza Covid ha dimostrato tanti e tali ritardi e incertezze da parte dello Stato che l’elenco è fin troppo lungo. Basti pensare alla questione dei rimborsi per le spese a garanzia della sicurezza dei dipendenti e degli utenti, al rimborso dell’Iva sui dispositivi di protezione individuale».
L’incertezza è una delle peggiori nemiche dello sviluppo, è stato vero anche per quanto riguarda le norme anti-Covid?
«Le dico solo questo: i Dpi, come mascherine e gel, per noi rappresentano una voce di costo non indifferente. Il governo ci aveva garantito un rimborso del 60%. Sulla scorta di questa promessa ho fatto un primo ordine di oltre 900 euro. Ma per fortuna sono stata cauta. Sa quanto ci è stato corrisposto veramente? Meno di 90 euro, cioè il 9% di quanto speso. E di esempi come questo ce n’è un’infinità». (Riccardo Sandre)
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IL COMMERCIALISTA
Il commercialista bellunese Gianpiero Perissinotto apre alla tecncologia ma con alcuni paletti:
«Complicata la chiusura dei contenziosi all’Agenzia delle Entrate, indubbio il valore delle videoconferenze»
«Per alcuni aspetti forse eravamo in ritardo nel comprendere quali fossero i benefici di poter lavorare anche a distanza. Resta però fondamentale, nelle situazioni più delicate, garantire la possibilità di incontrarsi di persona, così come continuare a offrire alcune tipologie di servizi in presenza».
Questa l’opinione di Gianpiero Perissinotto, commercialista a Belluno. In merito alle eventuali difficoltà di lavorare con la pubblica amministrazione, secondo lui «non si sono verificate criticità con la Camera di commercio, da tempo operativa quasi totalmente online. Di fatto ci si reca lì fisicamente solo per bollare registri, o poco più. Qualche difficoltà maggiore la riscontriamo invece con l’Agenzia delle entrate. Se da un lato l’apertura di pratiche quali partite iva e simili già avveniva tramite il servizio online, dall’altra ha subito un rallentamento la chiusura dei contenziosi, non essendo di fatto possibile recarsi in ufficio».
Analizzando più in generale la situazione, secondo Perissinotto «il mondo del lavoro sta apprezzando una diffusione sempre maggiore del sistema di videoconferenze, le quali magari consentono di risparmiare tempo effettuando riunioni direttamente dai vari uffici. Sia chiaro, alcuni aspetti più delicati secondo me vanno comunque trattati trovandosi tutti assieme nella stessa stanza, ma altrimenti è solo questione di fare l’abitudine a un qualcosa che altrove risultava sviluppato da tempo». (dapo)
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IL CITTADINO
Ennio Piovesan guida il mandamento di Confartigianato: «L’ecobonus potrebbe aiutarci a risollevarci, ma bisogna affrettarsi»
Ennio Piovesan, presidente del mandamento di Treviso di Confartigianato Imprese, parla da privato cittadino: «Un esempio dei rallentamenti da smart working? Ho dovuto prenotare per rinnovare la carta d’identità, e l’operatrice mi ha detto di affrettarmi perché gli appuntamenti oggi vengono fissati molto in là nel tempo, a distanza di mesi. Così però si rischia un effetto imbuto pericoloso, perché quando riprenderanno i viaggi per l’estero in molti si accorgeranno di dover rinnovare il documento o di voler passare alla carta d’identità elettronica».
Nel caso del Comune di Treviso gli slot per prenotarsi entro fine anno sono ormai pochissimi. La validità dei documenti è stata rinnovata fino al 31 dicembre, ma per chi ha prenotato - via internet - a inizio settembre l’appuntamento è stato fissato a inizio novembre. Il rischio che a gennaio ci siano migliaia di carte d’identità scadute, e uffici oberati di lavoro, è concreto. Piovesan si sofferma anche sull’ecobonus, strumento che potrebbe far ripartire tante imprese artigiane ed edili.
«C’è molta aspettativa, ma bisogna fare in fretta a chiarire le norme, alcuni lavori si stanno bloccando perché il privato che vuole ristrutturare sta cercando di capire se ha diritto al bonus e cosa deve fare esattamente. La situazione è invece drammatica per altri settori e per i servizi collegati ai trasporti, ai taxi, al noleggio con conducente. E il futuro dell’aeroporto continua a preoccuparci molto». (adp)
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IL GEOMETRA
Christian Ranon è un geometra con studio tecnico a Sedico: «Pratiche edilizie, variano troppo le modalità per le consegne. Tempi lunghissimi per poter avere le volture catastali»
Troppo diverse le modalità operative dei comuni. Stando a quanto riferito dal geometra Christian Ranon di Sedico, dalla riapertura successiva al lockdown in alcuni casi si sta rivelando eccessivamente complicato accedere a quegli atti presenti nei vari uffici tecnici delle amministrazioni locali.
«Una delle esigenze di noi geometri è visionare le pratiche edilizie. Ma accedere ai comuni è diventato molto complicato e subordinato spesso alla prenotazione dell’orario di ingresso. A quel punto ogni ufficio tecnico ha deciso come operare: alcuni, con grande disponibilità, scansionano e inviano tramite mail la documentazione necessaria, mentre altri ti fanno andare in una stanza da solo senza addirittura la possibilità di fare delle fotocopie: al massimo puoi scattare una foto con il telefono. Direi una differenza di organizzazione in certi casi fin troppo evidente».
Anche nel mondo dei geometri l’online stava comunque prendendo piede, dunque le conseguenze burocratiche della pandemia non hanno sortito effetti devastanti. Ma rimangono alcune situazioni da migliorare.
«Nel mio caso», prosegue Ranon, «un allungo di tempi l’ho registrato nella consegna delle volture catastali. D’altronde la consegna al catasto può avvenire solo online».
Rimane comunque generalizzata la sensazione che gli effetti sortiti dal lockdown su tali questioni non si esaurirà a breve. E in diverse circostanze professionisti e clienti dovranno armarsi di tanta pazienza. (dapo)
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L'ARCHITETTO
Marco Pagani è il presidente dell’Ordine degli Architetti: «Telefono in Comune e risponde la segreteria, nessuno mi ha mai richiamato. Le conferenze istruttorie devono avvenire di persona, così è il caos»
«Il rapporto diretto con gli istruttori delle pratiche è cruciale, ma oggi questo rapporto è deficitario» sottolinea Marco Pagani, presidente dell’Ordine degli Architetti di Treviso.
Con lo smart working anche una telefonata diventa un’impresa: «Parliamo dell’Ufficio Ambiente di un grosso Comune in cui chiamo e risponde una segreteria telefonica che mi chiede di lasciare il mio numero, perché mi avrebbero richiamato loro. Non è mai successo. Questo mi sembra un po’ troppo».
Altro tasto dolente: «Le conferenze di servizi si facevano in presenza, almeno la prima, quella istruttoria. Le conferenze finali o decisorie vanno bene anche online, pur con tutti i limiti del caso è inutile spostarsi in dieci, ma per la prima, per il via dei progetti, sarebbe il caso di confrontarsi». Preoccupazioni in vista anche per il super ecobonus: «È una norma che, nonostante sia ancora tutta da capire, ci trasmette una forte pressione da parte dei privati. Di contro, però, c’è il freno a mano tirato da parte degli enti con cui ci dovremmo confrontare. Tutti gli studi professionali, grandi o piccoli, stanno lavorando in presenza, con tutte le accortezze del caso. Nel pubblico è un po’ come la scuola: si è ripartiti ma senza mettere le cose in chiaro, con tanti dubbi ancora da chiarire. Certo, in questo periodo ci stiamo accorgendo della differenza rispetto a prima, ogni Comune ha norme diverse e ogni tecnico le interpreta in modo diverso, per questo parlarsi di persona sarebbe fondamentale». (adp)
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IL SINDACALISTA
Rino Dal Ben, segretario dei pensionati Cisl del Bellunese: «La pubblica amministrazione? Inaccessibile per gli anziani. E da ottobre servirà un account per dialogare con l’Inps»
Pubblica amministrazione sempre più inaccessibile per gli anziani. Sono poco meno di 60 mila i pensionati della provincia di Belluno. Alcuni di loro vanno ben oltre i 90 anni. Li vedete alle prese con il computer o con lo smartphone? Ma dal primo ottobre tutti dovranno attrezzarsi di un account se vorranno comunicare con l’Inps per saperne di più della loro pensione.
«E saranno affari seri», anticipa Rino Dal Ben, segretario dei Pensionati Cisl, che ha progettato l’apertura di uno sportello a cui l’anziano possa rivolgersi per richiedere a sua volta informazioni all’Istituto.
«A partire dal 1° ottobre l’Inps non rilascerà più Pin come credenziale di accesso ai servizi dell’istituto. Il Pin sarà sostituito dal Sistema pubblico di identità digitale (Spid) che permette di accedere ai servizi on-line della pubblica amministrazione».
Precisiamo subito che per gli attuali possessori di Pin il passaggio allo Spid avverrà gradualmente. Lo Spid, infatti, consente agli utenti di interagire con l’istituto, con l’intero sistema pubblico e con i soggetti privati aderenti.
«L’Inps parla di semplificazione, ma in verità il cittadino prima deve accreditarsi all’istituto. Poi, con il numero che riceve, deve recarsi in posta e qui richiedere lo Spid, che gli arriverà dopo qualche tempo sul proprio computer o smartphone. Li vedete i nostri 60 mila pensionati alle prese con la tecnologia? Numerosi sono più bravi dei giovani, ma altri no».
Dal Ben invita inoltre a tener presente che in tanta parte della provincia non arriva non solo la banda ultralarga, ma nemmeno quella larga. Dunque? «Non toccherà che rivolgersi a un patronato». Ovviamente pagando.
«Con il lavoro da remoto, numerosi uffici pubblici», fa presente Maria Rita Gentilin, segretaria dello Spi Cgil, «hanno provocato grandi difficoltà ai nostri anziani, soprattutto perché il servizio in presenza viene dato a orari molto ristretti e non sempre ci sono i trasporti pubblici che consentono di accedervi senza perdere mattinate di tempo La pubblica amministrazione è diventata davvero inaccessibile» (fdm)
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