Sportello d'impresa, ecco le nuove risposte di commercialisti e avvocati alle vostre domande

Per cercare di aiutare i titolari d’impresa a trovare almeno una parte delle risposte alle molte domande che li attanagliano, abbiamo messo in campo un progetto di “Sportello d’impresa”, grazie alla fondamentale collaborazione con gli Ordini triveneti dei commercialisti e degli avvocati.
Come funziona lo sportello? Cliccando qui link trovate un semplicissimo modulo da compilare con la vostra domanda. Vi verrà chiesto se il quesito sia rivolto all’avvocato o al commercialista. La domanda sarà fatta in forma anonima, nel rispetto delle leggi sulla privacy e la gestione dei dati personali. Se lo vorrete, potrete indicare la grandezza della vostra azienda in termini di dipendenti e il suo settore d’attività primaria.
DOMANDE E RISPOSTE
Domanda. Ho un'azienda con 48 dipendenti e un contratto di locazione commerciale per l'immobile industriale ove è insediata la produzione. Il proprietario si è sempre rifiutato di rinegoziare o sospendere il pagamento dei canoni. Ci sono possibilità?
Domanda. Buongiorno, sono titolare di un contratto di affitto d’impresa. Per il periodo 11.03 - 17.05 di totale chiusura, ho una qualche forza di legge (recentissime sentenze) a richiedere un forte sconto oppure al “solo” 30% di credito d’imposta? Grazie
Domanda. Sono inquilino di un capannone artigianale, il padrone dei muri mi ha detto che non gli interessa niente del fatto che siamo stati chiusi per 3 mesi e ha voluto i canoni (4500/mese) .... se mi avvalessi della sopraggiunta eccessiva onerosita’ il contratto si chiuderebbe..... ma il coltello lo ha sempre lui dalla parte del manico perché o pago quello che dice lui (min 3800/mese) altrimenti non mi rinnova il contratto ( o ri-stipula) ..... quindi io mi vedrei obbligato pure ad un trasloco ammesso che trovi qualcosa .... Non contento, il padrone mi ha anche detto tramite il suo avv. to che VUOLE delle cambiali a garanzia dell’adempimento dell’affitto .... QUESTO È LEGALE ? Preciso che è una persona senza nessuno scrupolo, ha ereditato 10 dico 10 capannoni a Modena più imprecisati contanti per milioni di € ....... il governo ci ha discriminato, se io avessi avuto un mutuo o Leasing sul capannone avrei potuto almeno sospenderlo , chi invece è Gia’ più povero e non riesce a comprare immobile , è pure minacciato e taglieggiato da soggetti come il ns padrone ...... Grazie
Risposta. L’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del coronavirus ha dato luogo ad una legislazione emergenziale che ha imposto la chiusura di molte attività produttive, consentendo la continuazione della produzione solo dei beni considerati essenziali, individuati esplicitamente attraverso il corrispondente codice ATECO.
In tale contesto è emerso il problema relativo al pagamento dei canoni di locazione e di affitto per attività commerciali, produttive, principale obbligazione del conduttore.
Come si ha già avuto modo di precisare, l'art. 91, comma 6 bis del decreto "Cura Italia" ha stabilito che il rispetto delle misure di contenimento in esso previste è sempre valutato per escludere la responsabilità del debitore, sempre che la propria attività non rientri, sulla base del codice ATECO, tra quelle per le quali non sussisteva l'obbligo di chiusura.
Il conduttore/debitore può quindi non essere obbligato a risarcire il danno causato al locatore/creditore a seguito del mancato pagamento del canone determinato dal necessario rispetto del fatto imprevedibile costituito delle norme emergenziali governative che hanno impedito l'utilizzo del bene oggetto di locazione/affitto.
Discussa è poi l'applicabilità di taluni rimedi previsti dalla legislazione ordinaria, soprattutto in quanto si tratta di una impossibilità temporanea e parziale; gli istituti che secondo alcuni potrebbero essere applicati, mentre secondo altri non possono essere invocati per le locazioni non abitative, sono l'art. 1623 c.c., il recesso per gravi motivi di cui all'art. 27 della L. n. 392/78, la presupposizione ovvero l'eccessiva onerosità sopravvenuta.
La eventuale applicabilità dei singoli rimedi richiamati, come già precisato, richiede una valutazione più nel dettaglio della situazione specifica concreta dal legale di fiducia che, in possesso di tutte le informazioni del caso, potrà altresì valutare la sussistenza dei presupposti di una rinegoziazione del contratto sulla base dei principi di correttezza e buona fede, e ciò anche alla luce di alcune pronunce di merito già intervenute. (12/06)
(a cura della Commissione Studi Unione Triveneta Consigli dell’Ordine degli Avvocati)
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Domanda. Cosa ne pensate della circolare 15/e rilasciata dall'Ade guarda caso sabato che escluderebbe le azienda già in difficoltà al 31/12/2019. Ho una ditta individuale e purtroppo ho dovuto accedere dal febbraio 2018 alla procedura di sovraindebitamento. Secondo lei sono fra gli esclusi dal contributo a fondo perduto. Vi ringrazio infinitamente se gentilmente potrete darmi un vostro parere.
Risposta. La Circolare 15/e commenta l’art. 25 del DL Rilancio. Va premesso che diverse disposizioni contenute nel DL 34 contengono la precisazione che le norme si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione Europea del 19.03.2020 che tratta di aiuti temporanei alle imprese che si trovano di fronte a carenza di liquidità nell’emergenza Covid-19.
Come specificato anche al paragrafo 22 della comunicazione l'aiuto può essere concesso a imprese che non erano in difficoltà (ai sensi del regolamento generale di esenzione per categoria15) al 31 dicembre 2019; può essere concesso a imprese che non erano in difficoltà al 31 dicembre 2019 e/o che hanno incontrato difficoltà o si sono trovate in una situazione di difficoltà successivamente, a seguito dell'epidemia di COVID-19.
L’inciso è riportato all’art. 26 mentre la Circolare 15/e conferma che il contributo a fondo perduto di cui all’art. 25 non può essere concesso ad imprese che si trovano in difficoltà al 31.12.2019. Per la definizione di impresa in difficoltà bisogna poi rifarsi ai Regolamenti UE n. 702/2014 o 1388/2014 ovvero:
a) nel caso di una società a responsabilità limitata (diversa da una PMI costituitasi da meno di tre anni), qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate. Ciò si verifica quando la deduzione delle perdite cumulate dalle riserve (e da tutte le altre voci generalmente considerate come parte dei fondi propri della società) dà luogo a un importo cumulativo negativo superiore alla metà del capitale sociale sottoscritto. Ai fini della presente disposizione, per "società a responsabilità limitata" si intendono in particolare le tipologie di imprese di cui all'allegato I della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) e, se del caso, il "capitale sociale" comprende eventuali premi di emissione;
b) nel caso di una società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società (diversa da una PMI costituitasi da meno di tre anni), qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate. Ai fini della presente disposizione, per "società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società" si intendono in particolare le tipologie di imprese di cui all'allegato II della direttiva 2013/34/UE;
c) qualora l'impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l'apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori;
d) qualora l'impresa abbia ricevuto un aiuto per il salvataggio e non abbia ancora rimborsato il prestito o revocato la garanzia, o abbia ricevuto un aiuto per la ristrutturazione e sia ancora soggetta a un piano di ristrutturazione;
e) nel caso di un'impresa diversa da una PMI, qualora, negli ultimi due anni: i) il rapporto debito/patrimonio netto contabile dell'impresa sia stato superiore a 7,5 e ii) il quoziente di copertura degli interessi dell'impresa (EBITDA/interessi) sia stato inferiore a 1,0;
Ora la definizione di impresa in difficoltà comprende anche l’impresa che sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza.
La definizione di sovraindebitamento si rinviene nell’art. 6, comma 2, lett. a), legge n. 3/2012 ovvero “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà ad adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente”.
Mentre tale situazione in un documento di prassi del Consiglio Nazionale (Pronto Ordini del 16 ottobre 2019, n.41) viene definita come una procedura concorsuale avente lo scopo di "porre rimedio" alle situazioni di sovraindebitamento non soggette, né assoggettabili, alle altre procedure concorsuali. Tale procedura, di carattere "volontario", prende l'avvio da un'apposita istanza del debitore che si trovi, secondo la definizione fornita dalla legge n. 3/2012, in una "situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente. Si tratta in definitiva di una procedura concorsuale destinata a un'ampia platea di soggetti "non fallibili" che pur trovandosi in situazione di grave inadempienza delle obbligazioni assunte non risultano assoggettabili, secondo i parametri di cui all'art. 1 l.f., alle procedure concorsuali, c.d. maggiori.
Tenuto conto quindi di queste autorevoli indicazioni di prassi ritengo pertanto, auspicando comunque precisazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, un soggetto che ha avuto accesso ad una procedura di sovraindebitamento dal 2018 versi in uno in stato di difficoltà che non gli consente, secondo le definizioni della norma in commento di accedere all’agevolazione del contributo a fondo perduto. (26/06)
Gianluigi Degan, Dottore Commercialista, Commissione Bilancio e Principi Contabili ODCEC di Pordenone
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Domanda. Lavoro in libera professione presso una casa di cura privata convenzionata del Veneto, in reparto. La struttura ha chiesto ai liberi professionisti di fare, a proprio carico, il tampone previsto per i sanitari ogni 20 giorni. E' corretta questa modalità o il costo del tampone deve essere a carico del datore di lavoro anche per i collaboratori in libera professione? Grazie
Risposta. Per espressa disposizione legislativa, la vigente disciplina normativa a tutela della salute (D.Lgs. 81/08) si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio ed, in particolare, a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati. Il datore di lavoro/committente deve pertanto farsi carico di tutti gli obblighi di prevenzione e protezione riguardanti tali categorie di lavoratori.
Atteso che rientrano nella definizione comune di “lavoratore autonomo” anche i cosiddetti liberi professionisti, si potrebbe concludere che anche per i lavoratori che operano in libera professione, ove la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente, la struttura debba farsi carico, anche dal punto di vista economico, di tutti adempimenti in materia di sicurezza (tra cui l’esecuzione del tampone). (12/06)
(a cura della Commissione Studi Unione Triveneta Consigli dell’Ordine degli Avvocati)
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Domanda. La circolare n. 14/E del 6 giugno 2020 fornisce i primi chiarimenti di carattere interpretativo e di indirizzo operativo sull’utilizzo della misura agevolativa introdotta dall’articolo 28 del decreto “Rilancio”, che riconosce un credito d’imposta commisurato all’ammontare dei canoni di locazione, leasing o concessione di immobili ad uso non abitativo, o dei canoni dovuti in relazione a contratti di servizi a prestazioni complesse o di affitto d’azienda che comprendono almeno un immobile a uso non abitativo.
Le Entrate delineano in dettaglio gli aspetti in cui è possibile fruire del beneficio, in relazione all’ambito oggettivo di applicazione della norma, soffermandosi, tra l’altro, a definire il caso in cui il bene è condotto sulla base di un contratto di leasing (solo operativo, escluso il finanziario).
Secondo l’Agenzia, il Legislatore ha inteso riferirsi ai soli contratti di leasing cd. operativo (o di godimento) poiché, a differenza dei leasing cd. finanziari (o traslativi), questo tipo di contratto ha la medesima funzione
economica del contratto locazione “tipico”.
Pur avendo quindi talune perplessità di fronte ad una tale interpretazione dell’Agenzia delle Entrate che, ancora una volta, propone un’interpretazione restrittiva non suffragata da alcun appiglio normativo, posto che la norma si riferisce genericamente ai “leasing” e quando vengono richiamati i contratti di leasing, normalmente ci si riferisce ai leasing finanziari, si chiede quindi se la mia attività possa beneficiare o meno del credito d’imposta richiamato relativamente all’immobile sede della propria attività e condotto in leasing.
Risposta. L’attento lettore risulta già a conoscenza di quale sia la normativa e l’interpretazione degli uffici addetti al controllo della sua corretta applicazione, nel caso di specie prospettato.
Peraltro, da alcuni passaggi riportati testualmente, risulta anche già a conoscenza dei dubbi apparsi sulla stampa specializzata nei confronti di tale interpretazione.
Il casi, pertanto, esula dallo scopo della rubrica trattandosi di quesito non di natura informativa, ma di vera e propria consulenza professionale che richiede un’attenta ed approfondita analisi di normativa, prassi e giurisprudenza volta a prospettare un’interpretazione normativa differente da quella sostenuta dall’Agenzia delle Entrate, con assunzione di responsabilità dei relativi rischi di soccombenza nell’ipotesi di un contenzioso tributario. (12/06)
Giorgio Longhin, ragioniere commercialista, Consigliere ODCEC di Padova
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Domanda. Salve, è previsto un contributo a fondo perduto a quelle partite IVA che, per ora, non hanno avuto una flessione nei ricavi, me che in futuro e nel corso dell'anno non vedranno il rinnovo di contratti a breve-medio termine? C'è, pertanto, una previsione di supporto alle Partite IVA su quanto possa accadere per il secondo semestre del 2020 o per l'inizio del 2021?
Risposta. La norma prevista nel decreto rilancio purtroppo condiziona l’erogazione del contributo alla differenza di fatturato fra il mese di aprile 2020 ed il mese di aprile 2019. Non sono attualmente previste altre forme di contribuzione né sono previste forme di monitoraggio delle eventuali difficoltà che potranno verificarsi nel secondo semestre 2020. Per quanto attualmente in nostra conoscenza non sono previsti incentivi in futuro. (03/06)
Alberto-Maria Camilotti, dottore Commercialista, Presidente Odcec di UDine
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Domanda. Ho una pizzeria con 2 dipendenti a tempo indeterminato (il pizzaiolo a 40ore/sett. e una cameriera a 24ore/sett.) e 6 ragazzi a chiamata. I 2 dipendenti a tempo indeterminato hanno diritto alla cassa integrazione o prima devono consumare ferie e ROL maturate? Locale chiuso totalmente 2 mesi
Risposta. Con riferimento al ricorso per i due lavoratori a tempo indeterminato in questione della cassa integrazione in deroga con causale Covid-19, ai sensi dell'art. 22 e ss. del d.l. n. 18/2020, c.d. "Decreto Cura Italia", si rileva che nel silenzio della norma l’INPS ha recentemente chiarito come la mancata fruizione delle ferie maturate non sia circostanza ostativa all’accoglimento dell’istanza di ammortizzatore sociale (cfr. Circolare INPS n. 47 del 28.3.2020).
Nel rilevare come l'INPS non abbia ancora fornito una esplicita conferma in tal senso anche per i permessi retribuiti maturati, è opportuno segnalare che successivamente all'emanazione del Decreto Cura Italia i primi accordi quadro regionali di attuazione - ora in corso di aggiornamento - avevano posto come condizione ostativa all'accoglimento dell'istanza di cassa integrazione in deroga il preventivo smaltimento di ferie e rol.
Nonostante tale previsione, sulle base delle informazioni disponibili la mancata fruizione preventiva di ferie e permessi non aveva comunque impedito l'approvazione delle domande in sede regionale.
In ogni caso, prima di predisporre l’istanza di cassa integrazione in deroga, è opportuno verificare le previsioni dell’accordo quadro regionale applicabile, considerato peraltro che i primi DPCM emanati in seguito all'emergenza epidemiologica COVID-19 avevano espressamente incoraggiato i datori di lavoro al preventivo smaltimento delle ferie maturate e non godute.
Quanto ai lavoratori intermittenti in forza, si precisa che l'INPS ha confermato che anche questi rientrano tra i beneficiari del trattamento di cassa integrazione in deroga con causale COVID-19, nei limiti delle giornate di lavoro effettuate in base alla media dei 12 mesi precedenti, purché:
siano stati occupati alla data del 23.2.2020 (tale termine dovrebbe considerarsi aggiornato al 25.3.2020 in seguito alle modifiche apportate all'art. 22 del Decreto Cura Italia da parte dell'art. 70 del d.l. 19.5.2020, n. 34, n.d.r.);
abbiano risposto alla chiamata prima del verificarsi della causa per cui sono state richieste le integrazioni salariali (cfr. Circolare INPS n. 47/2020 che richiama Circolare INPS n. 41/2006).
Riferimenti:
- Artt. 22 e ss. d.l. 18/2020;
- Art. 70 d.l. 19.5.2020, n. 34;
- Circolare INPS n. 47/2020 emanata in data 28.3.2020;
- Circolare INPS n. 41 del 2006 emanata il 13.3.2006. (29/05)
Marica Giglione, dottore commercialista, Matteo Pollaroli, avvocato, commissione diritto e pratica dei rapporti di lavoro ODCEC di Treviso
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Domanda. Mi hanno da poco allungato la cassa integrazione in deroga...hanno detto non ci sarà più il passaggio per la regione... quindi l'accredito entro quanto può arrivare?
Risposta. Per dare una risposta corretta e completa, è necessario conoscere i dettagli precisi del caso prospettato dal gentile lettore (periodo autorizzato dal ___ al ___; periodo fruito), in quanto la novità introdotta dal DL 34/2020 (Decreto Rilancio) -consistente nella presentazione delle domande di Cassa Integrazione in Deroga (CIGD) direttamente all’INPS- è applicabile unicamente alle ulteriori settimane (5 + 4) aggiunte dallo stesso DL 34/2020 e, conseguentemente, la presunta e auspicabile riduzione dei tempi per il pagamento opererà unicamente sulle dette settimane aggiuntive 5 (fino al 31.8.2020) e 4 (dal 1.9.2020).
Entrando nello specifico, si evidenzia che le settimane di CIGD spettanti ai comuni del Veneto (diversi da Vo’ Euganeo) sono 13 e che inizialmente la domanda veniva accettata solo per 9 settimane.
Pertanto, la richiesta delle 4 settimane mancanti (e, anche, delle eventuali settimane non godute entro le 9 già autorizzate) va presentata alla Regione Veneto, con le note modalità precisate nuovamente nell’Accordo Quadro sottoscritto il 25.5.2020. In questo caso, comunque, i tempi di pagamento dell’Indennità dovrebbero essere più veloci (rispetto al passato) in quanto la Regione si è strutturata e il meccanismo è già ben collaudato.
Mentre per le settimane aggiuntive (5 + 4) introdotte dal DL 34/2020, fruibili -come detto- dopo aver interamente utilizzato le 13 settimane a disposizione nella Regione Veneto, la domanda dovrà essere presentata all’INPS con le modalità che l’Istituto indicherà. E, affinché l’INPS si possa strutturate per accogliere questo nuovo adempimento, le domande potranno essere presentate dal 18.6.2020 (non prima di 30 gg. dalla data di entrata in vigore del Decreto Legge). A regime, le domande di CIGD andranno presentate entro 15 gg. dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa. È previsto, inoltre, che l’INPS eroghi ai lavoratori una anticipazione pari al 40% delle ore presunte di integrazione (l’INPS recupererà nei confronti dei datori di lavoro le eventuali maggiori somme anticipate ai lavoratori, rispetto a quanto effettivamente dovuto).
Si evidenzia, infine, che è necessario attendere un Decreto Interministeriale (da emanare entro il 3.6.2020) per stabilire le modalità di attuazione e la ripartizione del limite di spesa.
Concludendo, a parere di chi scrive con l’introduzione delle novità si realizza un vero e proprio puzzle di regole che non sembrano andare verso uno scenario di semplificazione e, quindi, difficilmente verranno abbreviati i tempi di pagamento dell’indennità ai lavoratori. (29/05)
Claudio Gava, ragioniere commercialista, commissione diritto e pratica dei rapporti di lavoro ODCEC di Treviso
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Domanda. Sono un incaricato alla vendita diretta con partita iva, volevo sapere se ho diritto al bonus dei 600 euro e come devo inoltrare la domanda all’Inps, in quale categoria mi devo inserire durante la compilazione,
Risposta. L’indennità COVID-19 di 600 euro per gli incaricati alla vendita diretta con partita IVA spetta come precisato di seguito:
A) Se il titolare di partita IVA è iscritto alla gestione INPS commercianti alla data del 23 febbraio 2020 (non deve essere titolare di un trattamento pensionistico diretto e nemmeno iscritto ad altre forme di previdenza obbligatoria ad esclusione della Gestione Separata INPS) gli spetta l’indennità COVID-19 di 600 euro per il mese di marzo 2020; la domanda andava presentata dal 1 aprile 2020 ed entro il 30 aprile 2020; se tale domanda è stata rifiutata, in base all’ art. 84 comma 14 DL 34/2020 può essere ripresentata entro il 3 giugno 2020, scaduto tale termine si decade dal diritto.
La categoria da indicare nella compilazione della domanda è: “Lavoratori autonomi iscritti alla Gestione speciale dell'AGO (Artigiani, Commercianti, Coltivatori Diretti, Coloni e Mezzadri)”.
B) Se il titolare di partita IVA è iscritto come incaricato alla vendita a domicilio (articolo 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114) con un reddito annuo 2019 derivante dalle medesime attività superiore a 5.000 euro e, quindi, iscritto alla Gestione Separata INPS alla data del 23 febbraio 2020 e non iscritto ad altre forme previdenziali obbligatorie, come previsto dal Decreto Interministeriale n. 10 del 30 aprile 2020 gli spetta l’indennità COVID-19 di 600 euro per il mese di marzo 2020 di cui al Decreto Cura Italia e, in forza dell’art. 84 comma 14 DL. 34/2020, tale indennità può essere richiesta entro il 3 giugno 2020, sia per il mese di marzo che per aprile, scaduto tale termine si decade dal diritto.
La categoria da indicare nella compilazione della domanda è: “Professionisti con partita IVA e lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa”.
La domanda va inviata tramite l’apposito servizio sulla piattaforma INPS (www.inps.it), cliccando sul Servizio dedicato all'utente cittadino “Indennità 600 euro”, oppure digitando “Indennità COVID-19 Bonus 600 euro” nell’apposito campo di ricerca.
Si ricorda che, per l’accesso, è necessario essere muniti del Codice Fiscale e delle credenziali SPID o PIN INPS o CNS o Carta di Identità elettronica 3.0. (CIE). In mancanza si può richiedere il PIN tramite il portale INPS. Per la richiesta di questa e di altre prestazioni del Decreto Cura Italia e del Decreto Rilancio, è sufficiente inserire i primi 8 caratteri del PIN ricevuti via sms, al numero di cellulare indicato tra i contatti della procedura di Richiesta PIN On Line. (29/05)
Tiziana Simionato, dottore commercialista, commissione diritto e pratica dei rapporti di lavoro ODCEC di Treviso
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Domanda. Sono un commerciante in un immobile in affitto. Nel 2019 eravamo una snc due soci . Nel 19 uno dei due soci è venuto a mancare. Si scioglie la snc e il socio superstite crea una ditta individuale con nuova P.I. a partire da Ottobre 19.
Nei mesi di Marzo Aprile e Maggio 2020 gli incassi sono zero. Si chiede se il socio superstite ha diritto al fondo perduto e al bonus del 60% dell'affitto dei tre mesi del 2020 in quanto non può fare un paragone con lo stesso periodo del 2019 perché ha una nuova P.I. Il mio commercialista dice che è una mera continuazione della vecchia gestione e che quindi ne avrei diritto. Grazie per la risposta
Risposta. L’Agenzia delle Entrate ha emanato in data 13 giugno 2020 la circolare n. 15/E, nella quale sono stati forniti chiarimenti in merito alla fruizione del contributo a fondo perduto di cui all’articolo 25 del Decreto-Legge 19 maggio 2020 n. 34.
Con riferimento all’ambito soggettivo della norma, ed in particolare ai soggetti che hanno iniziato l’attività nel corso del 2019, la Circolare ha espressamente trattato le ipotesi di continuità “sostanziale” dell’attività svolta da un’impresa che sia stata oggetto di operazioni straordinarie successivamente all’1/1/2019.
Nel caso prospettato nel quesito il contributo è senz’altro spettante, salvo che non sia stata superata la soglia massima dei ricavi di 5 milioni di euro. Si ritiene che lo stesso principio sia applicabile anche al “Bonus Affitti”, pur in assenza di chiarimenti ufficiali. (15/06)
Germano Rossi, dottore commercialista, Commissione Paritetica Interdisciplinare per lo studio del diritto civile e commerciale, ODCEC di Treviso
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Domanda. Buongiorno le scrivo in merito ai famosi 600,00 euro euro delle partite Iva. Mio marito ha un contratto part time con una srl a tempo indeterminato e un srls a suo nome. Il bonus non ci è stato dato per nessuna delle due partite IVA in quanto mi è stato risposto che la Ditta non è artigiana e che lui è possessore di un contratto di lavoro. Noi con due ditte non abbiamo avuto niente fino ad oggi che abbiamo iniziato a lavorare a parte la cassa integrazione accettata che è arrivata solo a me e non so se è un acconto o un saldo. E' possibile che non abbiamo diritto ai famosi 600,00 euro almeno per la srls? Le nostre società sono la srls attività primaria edilizia e secondaria impiantistica mentre la srl impiantistica. Mi hanno anche detto che posso fare opposizione.
Risposta. La domanda non è chiara.Provo a ipotizzare alcune risposte per quelle che potrebbero essere la situazione per un lavoratore autonomo (Titolare di Partita IVA), iscritto alla gestione separata INPS: Premesso che è prevista una indennità di 600 euro per marzo e aprile e una indennità di 1.000 euro per maggio 2020.
Hanno diritto a tali indennità, per marzo e aprile, i lavoratori autonomi titolari di partita IVA individuale (persone fisiche e non Srl o srls) attiva alla data del 23 febbraio 2020, iscritti alla Gestione Separata INPS e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che non siano titolari di un trattamento pensionistico diretto, ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità. Dalla domanda risulterebbe che la persona interessata ha un contratto di lavoro a tempo parziale (part time). Quindi è iscritta all’INPS come dipendente. In tal caso, queste persone fisiche non ha diritto a percepire l’indennità in argomento come lavoratore autonomo. Peraltro, questa indennità spetta alle persone fisiche, non spetta alle S.r.l.
Sembra di capire che le persone che pongono la domanda abbiano percepito la C.I.G. Non abbiamo elementi per capire se quanto da loro ricevuto come C.I.G. sia un saldo o un acconto. Invitiamo i due coniugi a chiedere al loro datore di lavoro informazioni più precise sul periodo di C.I.G. che la datrice di lavoro ha chiesto per loro.
Possibili alternative:
L’articolo 25 del nuovo Decreto Rilancio (D.L:34/2020) prevede una agevolazione completamente nuova per le imprese: il cosiddetto contributo a fondo perduto, che non va confuso con l’indennità di 600,00 euro di cui alla domanda qui sopra riportata.
Per ottenere questo contributo a fondo perduto sono previste queste condizionalità:
1. che i ricavi (o compensi) siano stati non superiori a 5.000.000 di euro nel periodo d’imposta precedente a quello di entrata in vigore del decreto (il 2019 per quelli con periodo coincidente all’anno solare);
2. che la somma del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi di quello di aprile 2019 (oppure che l’attività sia iniziata a partire dal 1° gennaio 2019, nel qual caso il contributo spetta comunque, almeno nella misura minima). Importo del contributo
Se sono rispettate queste due condizioni, il fondo perduto ottenibile è determinato sulla base della differenza tra l’ammontare di fatturato e corrispettivi di aprile 2020 rispetto a quelli di aprile 2019. In particolare, a seconda del livello di ricavi e compensi nel periodo d’imposta precedente a quello di entrata in vigore del decreto, il contributo si determina applicando a tale differenza la percentuale che segue:
il 20% per soggetti con ricavi e compensi (conseguiti nel 2019 per soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare) non superiori a 400.000 euro
il 15% per soggetti con ricavi superiori a 400.000 euro e non superiori ad euro 1.000.000
il 10% per soggetti con ricavi superiori ad euro 1.000.000 e non superiori ad euro 5.000.000.
In ogni caso, all’avente diritto spetta un importo minimo determinato in euro mille per le persone fisiche e duemila per le persone giuridiche (Per esempio la Srls del lavoratore qui esaminato). Può essere utile un esempio: ipotizziamo un’impresa con ricavi 2019 annui per euro 800.000 (fascia b. – 15%) che presenti ricavi nel mese di aprile 2019 per euro 85.000 ma ricavi in aprile 2020 per euro 35.000; in questo caso l’impresa avrà diritto ad un contributo a fondo perduto pari ad euro 7.500 (decremento 50.000 x 15%). Attenzione che il comma 3 precisa che la nozione di ricavi include soltanto le voci relative alla cessione di beni e servizi oggetto dell’attività dell’impresa o delle relative materie prime, sussidiarie, semilavorati e altri beni mobili. Sono esplicitamente esclusi tutti gli altri componenti positivi quali quelli derivanti da cessione di beni strumentali, azioni e quote, strumenti finanziari, indennità, contributi. Il contributo non è soggetto ad Irap né a imposte sui redditi e non concorre al calcolo degli interessi passivi deducibili né alla determinazione totale dei ricavi dell’impresa.
È possibile fare richiesta del contributo a fondo perduto a partire dal 15 giugno 2020 e fino al 13 agosto 2020
AVVERTENZA:
Il succitato articolo 25, al secondo comma, recita però:
“Il contributo a fondo perduto di cui al comma 1 non spetta, in ogni caso, ai soggetti la cui attività risulti cessata alla data di presentazione dell'istanza di cui al comma 8, agli enti pubblici di cui all'articolo 74, ai soggetti di cui all'articolo 162-bis del testo unico delle imposte sui redditi e ai contribuenti che hanno diritto alla percezione delle indennità previste dagli articoli 27, e 38 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, nonché' ai lavoratori dipendenti e ai professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103”.
Vi è, conseguentemente, il dubbio, che la Srls il cui titolare sia anche lavoratore dipendente, possa non poter richiedere neanche questo nuovo contributo a fondo perduto.
Su questa limitazione, però, ad oggi non vi sono chiarimenti. Poiché il termine ultimo per presentare questa diversa domanda di contributo a fondo perduto (cosa diversa dalla indennità di 600 euro della domanda) scadrà il prossimo 13 agosto 2020, invito le persone interessate ad attendere eventuali chiarimenti sulla possibilità di accedervi essendo loro anche lavoratori dipendente.
Per la modulistica utile a presentare la domanda si invita ad accedere all’indirizzo: https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/provvedimento-10-giugno-2020
dove gli interessati potranno trovare la seguente documentazione:
Provvedimento - pdf
Marcello Ferrante, ragioniere commercialista, Commissione Lavoro ODCEC di Pordenone
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Domanda. Buongiorno, ho iniziato una pratica di ristrutturazione edilizia con la mia compagna e per ora abbiamo pagato solo una fattura all’impresario. Sentiamo tutti i giorni di questo bonus al 110% e la nostra ristrutturazione toccherà tutti gli ambiti della casa (elettrico, idraulico, cappotto, serramenti , bagni, pavimenti, insomma tutto). Sicuramente con questa ristrutturazione saliremo di più di 2 classi energetiche, cosa cosa dobbiamo fare per essere sicuri di rientrare nel bonus fiscale? Avrà un tetto massimo o per ogni lavoro che faremo potremo detrarre direttamente con chi ci fa i lavori, quindi detraendo tutte le somme che spenderemo? Abbiamo anche visto che sarà valida sulle fatture fatte dal primo di luglio. Se stiamo valutando dei preventivi è meglio fermali dal mese prossimo? Sarà possibile mixare la detrazione con quella al 50% (quella in vigore fino a qualche mese fa) o si può aderire solamente a un tipo di detrazione?
Risposta. L’art. 119 del Decreto Rilancio prevede un ecobonus o bonus del 110% (cioè una detrazione fiscale di detta portata) per gli interventi di efficientamento energetico e di riduzione del rischio sismico. Detto bonus varrà per le spese sostenute a partire dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021. Beneficiari sono i condomini, gli istituti delle case popolari e le persone fisiche per lavori eseguiti su edifici unifamiliari adibiti ad abitazione principale.
Le spese detraibili riguardanti l’efficientamento energetico sono quelle effettuate per:
- il cosiddetto cappotto termico ( la detrazione è calcolata su un ammontare complessivo delle spese non superiore ad euro 60.000,00 moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio),
- la sostituzione della caldaia con impianti centralizzati a condensazione.
In caso di unità unifamiliari, l’agevolazione riguarda la sostituzione della caldaia con impianti centralizzati, per un ammontare delle spese non superiore ad euro 30.000,00 comprese le spese per lo smaltimento e la bonifica dell’impianto sostituito.
Nel caso di sostituzione di infissi, finestre, tende da sole, condizionatori o serramenti la detrazione rimane quella dal 50% al 65% a meno che detti interventi “siano eseguiti congiuntamente ad almeno uno degli interventi maggiori”. Per avere diritto al bonus del 110% è necessario che i lavori portino ad un miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio.
Le spese detraibili riguardanti la riduzione del rischio sismico sono quelle effettuate per:
- la messa in sicurezza statica, delle parti strutturali degli edifici,
- il passaggio ad una classe di rischio inferiore,
- il passaggio a due classi di rischio inferiori,
- l’acquisto di edifici antisismici realizzati mediante demolizione e ricostruzione in zona sismica 1,2 e 3.
Se associati agli interventi di risparmio energetici e di riduzione del rischio sismico detraibili al 110%, possono beneficiare del superbonus anche:
- l’installazione di impianti fotovoltaici collegati alla rete elettrica su edifici,
- l’installazione di infrastrutture negli edifici destinate alla ricarica dei veicoli elettrici, cioè le cosiddette colonnine di ricarica.
Detto superbonus è recuperabile in 5 quote annuali di pari importo nella propria dichiarazione dei redditi con pagamento integrale della fattura.
Ma l’articolo in questione del Decreto Rilancio prevede il recupero anche in altri modi e precisamente con uno sconto in fattura del 100% o con una cessione del credito del 110%.
Con lo sconto in fattura, in pratica il soggetto non sborserà niente. Il fornitore si creerà un credito d’imposta del 110% che potrà utilizzare, in compensazione per pagare imposte, contributi oppure cederlo ad altri soggetti come propri fornitori e banche.
Con la cessione del credito, il soggetto paga completamente il fornitore e poi utilizza il superbonus come:
- pagamento delle tasse in compensazione (in 5 anni a quote costanti, l’utilizzo in meno non può es- sere recuperato),
- credito da cedere a soggetti terzi , incluse banche e altri intermediari finanziari.
Se il soggetto opta per lo sconto o per la cessione, deve richiedere visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta per gli interventi previsti dall’apposito articolo del Decreto Rilancio.
Ancora prima, i tecnici abilitati asseverano il rispetto dei requisiti previsti dai decreti di cui al comma 3-ter dell’art. 14 del decreto-legge n. 63 del 2013 e la corrispondente congruità delle spese so stenute in relazione agli interventi agevolati. Una copia dell’asseverazione viene trasmessa esclusivamente per via telematica all’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA). (15/06)
Annamaria Brusò, dottore commercialista, ODCEC di Venezia
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Domanda. Con l'ultimo decreto ha prorogato al16/09 in unica rata o in 4 rate i pagamenti di alcuni tributi sospesi con scadenza Marzo /Aprile/Maggio
Ora ho voluto dilazionare in questo modo :
Iva 02 sc. a Marzo in 4 rate .... 01/06 - 30/06 -31/07 -31/08
Iva 03 sc. a Aprile in 4 rate partendo 30/06
La mia domanda ....
posso pagare anche prima i tributi sospesi se ho liquidità ....o devo attenermi alle scadenze da DL INIZIANDO al 16/09 unica o in 4 rate ?
Risposta. Ai sensi dell'art. 126 del D.L. 43/2020, i versamenti citati dal richiedente "sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un'unica soluzione ENTRO il 16 settembre 2020 o mediante rateizzazione, FINO a un massimo di quattro rate mensili di pari importo..."., pertanto risulta essere facoltà di scegliere di fare il pagamento in qualunque data, purchè entro il 16.9.2020, o fino a 4 rate (quindi possono anche essere 2 o 3 o quattro). Di conseguenza, è possibile fare il pagamento anche prima delle varie scadenze, avendone la liquidità, senza alcun problema. Da usare solo l'avvertenza di compilare diversi F24 che abbiano la specifica del numero di rata che viene versato (ad esempio 1/4; 2/4; 3/4; 4/4). (15/06)
Alessandro Campana, Dottore Commercialista, Consigliere ODCEC di Vicenza
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Domanda. Salve, io ho avviato l'azienda a Febbraio 2019 e attivazione a marzo 2019. Volevo chiedervi se l'IRAP sarebbe sospeso anche per me e se sarebbe sospeso tutto il saldo 2019 e acconto 2020. Inoltre mi piacerebbe sapere se poi dovrei versare il tot del 2020 e quando.
Risposta. Allo stato attuale, per l'IRAP, non deve essere versato: saldo 2019 e primo acconto 2020. Meglio attendere chiarimenti. C'è tempo sino a fine luglio 2020 (11/6)
Antonio Simeoni, dottore Commercialista, Commissione consulenza e pianificazione fiscale/contenzioso ODCEC di Udine
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Domande. Buongiorno, non ho capito come è quando fare la domanda per i contributi a fondo perduto per le PMI previsto dal decreto rilancio. Premetto che io lavoro nell’ambito degli allestimenti fieristici e le fiere sono chiuse dalla fine di Febbraio e in questi mesi il mio fatturato è zero. Grazie per il vostro tempo.
Risposta. L’articolo 25 DL 19.05.2020, n. 34 (cd. Decreto Rilancio) al fine di sostenere i soggetti colpiti dall’emergenza Covid-19 ha previsto il riconoscimento di un contributo a fondo perduto.
Il contributo spetta a condizione che:
- i ricavi/compensi dell’imprenditore/lavoratore autonomo del 2019 non siano superiori a 5 milioni di euro;
- l’ammontare di fatturato/corrispettivi di aprile 2020 sia inferiore ai 2/3 rispetto a quello di aprile 2019 (non richiesto per chi ha iniziato l’attività dall’1.1.2019).
L’ammontare del contributo è calcolato applicando le seguenti percentuali alla differenza tra il fatturato di aprile 2020 e aprile 2019:
- 20% per soggetti con ricavi/compensi 2019 non superiori a 400.000,00 euro;
- 15% per soggetti con ricavi/compensi 2019 compresi tra 400.000,00 e 1 milione di euro;
- 10% per i soggetti con ricavi/compensi 2019 tra 1 e 5 milioni di euro.
È previsto un contributo minimo, pari a:
- 1.000,00 euro, per le persone fisiche;
- 2.000,00 euro, per i soggetti diversi dalle persone fisiche
Il contributo sarà corrisposto dall’Agenzia delle Entrate mediante accreditamento diretto in conto corrente bancario o postale.
L’interessato dovrà presentare, esclusivamente in via telematica, apposita istanza all’Agenzia delle Entrate, nelle modalità che saranno stabilite con apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate ad oggi (8 giugno 2020) non ancora emanato.
Al momento non è quindi possibile l’inoltro dell’istanza, il cui termine scadrà il 60° giorno dall’avvio delle procedure telematiche di presentazione. (11/06)
Mauro Comin, ragioniere commercialista ODCEC di Venezia
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Domanda. A dicembre 2019 ho acquistato un negozio (40.000 euro + 5000 euro di notaio, nessuna agenzia per la transazione; acquisto diretto dal proprietario). In concomitanza, con atto notarile ho dato il negozio in comodato d'uso gratuito a mia sorella, agevolando così la sua attività di cartoleria-assistenza computer. Di fatto, ho agevolato/sostenuto la piccola impresa. Ci sono dei benefici fiscali per questo atto di liberalità? Non percepisco nulla ed avrò l'IMU da pagare. Grazie in anticipo per la gentile risposta.
Risposta. I vari Decreti Legge e DPCM relativi all’emergenza coronavirus non prevedono alcun tipo di agevolazione o contributo per la fattispecie indicata dalla richiedente.
Trattandosi di comodato gratuito, il comodante non ha ragione di essere indennizzato trattandosi, “ab orgine” di prestazione gratuita né tantomeno può addurre richieste di indennizzo (ad esempio credito d’imposta sugli affitti pagati) il comodatario che nulla paga per la detenzione dell’Immobile." (29/05)
Marco Sambo, dottore commercialista, Consigliere ODCEC di Venezia
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DOMANDA. Buongiorno, i miei guadagni si dividono tra lavoro dipendente part time (visual merchandiser, assunzione a tempo indeterminato) e lavoro autonomo (modella e hostess libera professionista in P.I.). Rispetto al primo sono in FIS, rispetto il secondo non ho diritto al bonus, perché già iscritta a una cassa. Ma io sto perdendo metà dei miei introiti. Anzi, il guadagno in P.I., soprattutto in questo periodo, avrebbe superato il lavoro come dipendente. Senza contare che i settori coinvolti (eventi, fiere, set fotografici e cinematografici) saranno gli ultimi a ripartire. C'è una forma di rimborso per la mia condizione?
Risposta. Ai sensi dell’art. artt. 27 del decreto “Cura Italia” (D.L. n. 18/2020, convertito con modifiche dalla legge n. 27/2020) il diritto alla percezione dell’indennità di € 600,00 prevista per il mese di marzo risulta precluso ai professionisti iscritti alla Gestione separata di cui alla Legge n. 335/1995 quand’anche iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie. L’iscrizione ad altre forme di previdenza obbligatorie costituisce, altresì, causa ostativa anche al diritto di percezione delle ulteriori indennità previste per il mese di aprile e di maggio dall’art. 84 del decreto “Rilancio” (D.L. n. 34/2020).
Al caso di specie trova, invece, applicazione l’art. 25 del richiamato ultimo decreto rubricato “Contributo a fondo perduto”; il comma 2) dello stesso articolo, infatti, precisa che tra i soggetti esclusi dal beneficio risultano ricompresi, tra gli altri, i titolari del diritto alla percezione dell’indennità prevista dall’art. 27 del decreto “Cura Italia”. Ragionando a contraris, dunque, chi non ha diritto a quest’ultima indennità, potrà diversamente beneficiare del contributo a fondo perduto nei termini e secondo le modalità previste dall’art. 25 del già citato decreto “Rilancio”, che si ricorda prevedono un calo dei corrispettivi (trattandosi di lavoro autonomo) di oltre un terzo raffrontando i corrispettivi di Aprile 2020 con i corrispettivi di Aprile 2019. Tale contributo ammonta ad un 20% (per soggetti con compensi non superiori a 400.000 euro nel 2019), del 15% (per soggetti con compensi non tra 400.000 euro e 1 milione di euro nel 2019) o del 10% (per soggetti con compensi tra 1 e 5 milioni di euro nel 2019) della differenza tra i corrispettivi di Aprile 2020 rispetto ai corrispettivi di Aprile 2019, con un minimo di euro 1.000 per le persone fisiche. (29/05)
Enrico Grigolin, dottore commercialista, Consigliere ODCEC di Padova
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Domanda. Sono una psicologa dipendente SSN e vorrei fare richiesta bonus babysitter potenziato. Posso accedervi anche se figura professionale non esplicitata nel decreto? Se il mio partner ha fatto già richiesta per i 600 euro del primo bonus posso accedervi anche io o si escludono a vicenda?
Risposta Il decreto legge 19 maggio 2020, n.34, c.d. Decreto Rilancio, all’art. 72, ha modificato la disciplina del bonus per l’acquisto del servizio di baby sitting, introdotto dal decreto legge n.18/2020, c.d. Decreto Cura Italia, in conseguenza della sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e della sospensione delle attività didattiche nelle scuole a causa della crisi epidemiologica da COVID-19.
Come riportato anche nel messaggio INPS n.2209, del 27.05.2020, il decreto ha previsto che in presenza dei requisiti indicati, possano essere erogati “uno o più bonus” per l’acquisto dei servizi di baby sitting, fino al 31 luglio 2020, per un importo complessivo massimo pari a:
- 1.200 euro per i lavoratori dipendenti del settore privato nonché per i lavoratori iscritti in via esclusiva alla Gestione Separata (di cui all’art. 2, c.26, L. 335/1995), per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS e alle casse professionali;
- 2.000 euro per i lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, appartenenti alla categoria dei medici, degli infermieri, dei tecnici di laboratorio biomedico, dei tecnici di radiologia medica e degli operatori sociosanitari nonché per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per le esigenze connesse all’emergenza epidemiologica da COVID -19.
Il Decreto Rilancio non ha modifica le categorie di soggetti destinatari dell’agevolazione, già previste dall’art. 25 del Decreto Cura Italia.
Alla luce delle informazioni fornite nel quesito, tenuto conto delle disposizioni normative ancora in fase di conversione e della prassi attualmente disponibile, si reputa che, non rientrando lo psicologo nella categoria dei medici, il bonus baby sitting “potenziato” non possa essere richiesto.
Ricorrendo i tutti presupposti previsti dal decreto, si ritiene altresì che il genitore che già aveva fatto richiesta del primo bonus, possa presentare ulteriore domanda fino al raggiungimento del nuovo limite massimo stabilito dal Decreto Rilancio.
Come specificato dall’INPS possono, infatti, presentare la domanda per i nuovi bonus anche coloro che abbiano già fruito della prestazione bonus per servizi di baby sitting e che hanno ricevuto la somma pari a 600 euro ovvero a 1.000 euro a seconda del settore di appartenenza. Tali ultimi soggetti possono effettuare una nuova richiesta di bonus finalizzata ad ottenere l’importo integrativo del precedente, senza tuttavia superare gli importi massimi previsti pari a 1.200 o 2.000 euro. In tal caso, verrà erogato l’importo residuo tenendo in considerazione quanto già percepito, con possibilità di continuare a fruire del bonus per servizi di baby sitting mediante libretto famiglia, oppure scegliendo i centri estivi e i servizi integrativi sempre per l’infanzia. (08/06)
Romina Fidia Cereser, dottore commercialista, Consigliere ODCEC di Pordenone
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Domanda. Come funziona la cessione del ns credito di imposta 110% alla banca?
Risposta.La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del “Decreto Rilancio” (D.L. 34/2020), in vigore dal 19.05.2020, consente la programmazione del superbonus del 110% per gli interventi di riqualificazione energetica e di adeguamento antisismico sul condominio o sull'abitazione principale (stanno per valutare la possibilità di fruire del bonus anche per gli interventi nelle seconde case)
Questo beneficio decorre dal 1 luglio 2020 e le condizioni per beneficiarne sono:
o fatturazione delle spese dal 1.07.2020;
o miglioramento di 2 classi energetiche, con certificato Ape (Attestato di prestazione energetica: vedi oltre);
o realizzazione di almeno uno dei 3 interventi agevolabili:
§ isolamento termico su almeno il 25% della superficie disperdente lorda dell’edificio;
§ installazione di caldaie a pompe di calore o a condensazione;
§ realizzazione di lavori di adeguamento antisismico.
Un notevole vantaggio per questo bonus consiste nella possibilità generalizzata di cedere la detrazione di imposta a una banca, a un’assicurazione o a un altro intermediario finanziario, oppure di scontare subito lo sgravio fiscale nella fattura dei fornitori. Tuttavia per questa possibilità dovrà essere emanato un apposito regolamento da parte dell’Agenzia delle Entrate con le modalità operative (previsto per la metà di giugno).
Si ricorda inoltre che per fruire del bonus è necessario che i lavori eseguiti comportino il miglioramento di almeno 2 classi energetiche dell’edificio, o il conseguimento della classe energetica più alta: per dimostrarlo, potrebbe essere necessario l’attestato di prestazione energetica (Ape) prima e dopo l'intervento, con asseverazione da trasmettere in copia a sito Enea.
Inoltre dovrebbe essere necessaria una asseverazione da parte di un professionista (con idonea assicurazione) che attesti la congruità dei lavori eseguiti con le fatture ricevute.(05/06)
Lorenzo Scanavin, ragioniere commercialista, Consigliere ODCEC di Vicenza
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Domanda. Sono proprietario di un appartamento dato in affitto con contratto agevolato. Corrisponde al vero la possibilità di pagare meno imposte sui canoni ricevuti ? Se sì, come si fa la richiesta?
Risposta. Presumo che il lettore faccia riferimento ad un contratto di locazione a canone convenzionato (stipulato alla presenza delle organizzazioni sindacali). In quel caso il proprietario ha diritto ad un ulteriore abbattimento del valore imponibile di un 30% (se applica la tassazione ordinaria) o l’applicazione dell’aliquota del 10% di imposta sostitutiva (se ha optato per la cedolare secca). La “richiesta” a cui il lettore fa riferimento nella seconda parte della domanda è probabilmente quella per la riduzione dell’aliquota IMU da presentare al Comune dove ha sede l’immobile.(05/06)
Lorenzo Scanavin, ragioniere commercialista, Consigliere ODCEC di Vicenza
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Domanda. Avendo già usufruito di alcuni giorni di congedo straordinario emergenza covid per i figli in base al primo decreto, posso in questa seconda fase invece di usufruire dei secondi 15 giorni disponibili chiedere invece il bonus baby sitter?
Risposta. Il Decreto Legge 17 marzo 2020 n. 18 (c.d. “Decreto Cura Italia”) disciplina con l’articolo 25 i congedi e le indennità per emergenza Covid-19 istituite a favore dei lavoratori dipendenti del settore pubblico. Il testo del suddetto articolo è stato successivamente modificato dal Decreto Legge 19 maggio 2020 n. 34 (c.d. “Decreto Rilancio”).
Dalla lettura organica del testo normativo così come modificato si evince che l’utilizzo del bonus baby-sitting è in alternativa alla prestazione dello specifico congedo per il quale è riconosciuta una indennità pari al 50% della retribuzione a carico INPS.
Sempre come specificato dal testo normativo, lo specifico congedo viene riconosciuto per un periodo continuativo o frazionato comunque non superiore a 30 giorni, lasciando pertanto facoltà ai lavoratori che vogliano utilizzarlo di deciderne il quantitativo in numero di giorni.
Pertanto se è già stato richiesto il congedo Covid-19, indipendentemente dal numero di giorni richiesti e utilizzati (30 o minori di 30, continuativi o frazionati), il bonus baby-sitting non è fruibile, in quanto prestazione alternativa al congedo. Si potrà esclusivamente richiedere l’utilizzo di altri giorni di congedo Covid-19, fino a un massimo di ulteriori 15 giorni. (05/06)
Sabrina Palmitessa, dottore commercialista, gruppo di studio "Commercialista del Lavoro" ODCEC di Venezia
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Domanda. Ho in affitto un ufficio e svolgo l’attività broker assicurativo con due dipendenti. Posso usufruire di un credito d’imposta per l’affitto che sto pagando dato che il mio fatturato ha avuto un ‘importante diminuzione?
Risposta. L’art. 28 del D.L. 19 maggio 2020 n. 34 (Decreto Rilancio) ha previsto, per il caso esposto, un credito d’imposta pari al 60% dell’ammontare mensile del canone di locazione per i mesi di Marzo, Aprile e Maggio 2020, a condizione che i ricavi conseguiti nel 2019 non siano superiori a 5 milioni di euro, che l’immobile in affitto non sia ad uso abitativo (occorre cioè verificare con attenzione la classificazione catastale dell’immobile e non tanto l’uso che se ne fa) e che la diminuzione di fatturato nel mese di riferimento sia di almeno il 50% rispetto allo stesso mese del 2019. Il credito d’imposta è utilizzabile solo dopo il pagamento dei canoni di locazione.” (05/06)
Giorgio Longhin, ragioniere commercialista, Consigliere ODCEC di Padova
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Domanda. Salve ho un negozio ad Abano Terme. Sono costretta a chiudere per mancanza di turismo. Posso non pagare l'affitto dei mesi di chiusura per decreto dal momento che il mio contratto prevede la vendita al pubblico ? Posso andare via senza il preavviso di 6mesi per la disdetta ? Non c'è stato modo di trovato un accordo con i proprietari del negozio che pretendono l'affitto intero.
Risposta. L’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del coronavirus sta generando una grave crisi economica in quasi tutti i settori produttivi del Paese. In tale contesto, i gestori delle attività commerciali stanno fronteggiando il problema relativo al pagamento dei canoni di locazione, principale obbligazione del conduttore.
L'art. 91, comma 6 bis del decreto "Cura Italia" ha stabilito che il rispetto delle misure di contenimento in esso previste è sempre valutato per escludere la responsabilità del debitore.
Il conduttore/debitore può quindi non essere obbligato a risarcire il danno causato al locatore/creditore a seguito del mancato pagamento del canone determinato dal necessario rispetto del fatto imprevedibile costituito delle norme emergenziali governative che hanno impedito l'utilizzo del bene oggetto di locazione.
E' tuttavia controversa l'applicabilità di taluni rimedi previsti dalla legislazione ordinaria alle locazioni non abitative, soprattutto in quanto si tratta di una impossibilità temporanea e parziale; gli istituti che secondo alcuni potrebbero essere applicati, mentre secondo altri non possono essere invocati per le locazioni commerciali sono l'art. 1623 c.c., il recesso per gravi motivi di cui all'art. 27 della L. n. 392/78, la presupposizione ovvero l'eccessiva onerosità sopravvenuta.
La eventuale applicabilità dei singoli rimedi richiamati deve essere valutata analizzando più nel dettaglio la situazione specifica concreta dal legale di fiducia che, in possesso di tutte le informazioni del caso, potrà altresì valutare la sussistenza dei presupposti di una rinegoziazione del contratto sulla base dei principi di correttezza e buona fede.
Per completezza, va considerata la previsione contenuta nell’art. 28 del ‘Decreto Rilancio’ di un credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili ad uso non abitativo in presenza di determinati presupposti. (30/05)
(a cura della Commissione Studi Unione Triveneta Consigli dell’Ordine degli Avvocati)
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Domanda. Salve, volevo un consiglio riguardo gli affitti universitari per studenti fuori sede. Data la chiusura delle università è possibile disdire il contratto d'affitto causa corona virus senza pagare i tre mesi di anticipo per la disdetta?
Risposta. I provvedimenti adottati per fronteggiare l’emergenza della diffusione del coronavirus hanno determinato negli studenti universitari fuori sede una situazione di profonda incertezza. Oltre, infatti, a vedere completamente stravolta la vita universitaria dal punto di vista della didattica, il vero problema concerne la gestione dei rapporti scaturenti dal contratto di locazione.
Per questa peculiare categoria di soggetti l’ordinamento giuridico contempla il cd.contratto di locazione per esigenze abitative di studenti universitari. Posto che, così come è avvenuto per le locazioni commerciali, la normativa emergenziale non è intervenuta sul settore di cui si discute, non resta che fare riferimento alla disciplina regolante questo peculiare contratto, oltre a quella prevista in via generale dal codice civile.
I contratti di locazione per studenti universitari, salvo diverse previsioni pattuite dalle parti, prevedono la facoltà per il conduttore di recedere anticipatamente per gravi motivi, previa comunicazione al locatore da inviarsi almeno 3 mesi prima.
A ciò si aggiunge che, in caso di inutilizzo dovuto a misure restrittive, potrebbe trovare applicazione l'istituto della presupposizione, che legittima la risoluzione se, durante l'esecuzione del contratto sia venuto meno, indipendentemente dalla volontà delle parti, il presupposto di cui si era tenuto conto, anche implicitamente, al momento della stipula.
Questo il quadro normativo di riferimento, la soluzione più consigliabile resta quella di un accordo raggiunto tra le parti, in adempimento ai doveri generali della correttezza e della buona fede, oltre che di solidarietà sociale ai sensi dell’art. 2 Cost., con cui ad esempio prevedere una limitata esclusione dell’obbligo di pagamento del canone ovvero una sua riduzione; le modalità di azione e il singolo rimedio più adatto al caso di specie necessita tuttavia di una disamina più analitica svolta dal legale di riferimento.(30/05)
(a cura della Commissione Studi Unione Triveneta Consigli dell’Ordine degli Avvocati)
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Domanda. Perché lo stato italiano non ha ancora modificato il diritto fallimentare che regola concordati e fallimenti visto che dal 2.008 in poi enormi patrimoni immobiliari sono stati svenduti con le aste a ribasso che hanno realizzato un decimo del valore lasciando aperti i crediti bancari e così imprenditori che avevano capitali anche 4 volte superiori ai debiti con banche e fornitori si trovano a dover mettere anche le abitazioni prima casa a disposizione di finanziarie che con 4 soldi hanno acquistato i debiti degli imprenditori rimasti aperti con le banche e pretendono le cifre originarie considerando che la giustizia ordinaria non ha mai tutelato imprese dalla piaga degli insoluti con la beffa di dover pagare su iva non riscossa e come mai lo stato non ha obbligato nelle crisi precedenti questa le banche a ripianare i debiti e permettere il proseguo dell'attività visto che l'accesso al credito per famiglie e imprese è pressoché impossibile ?
Risposta. Il Regio Decreto n. 267 del 1942, disciplinante il fallimento, il concordato preventivo e la liquidazione coatta amministrativa, è destinato ad essere definitivamente archiviato. È stato, infatti, approvato il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, strumento normativo che, nell’intenzione del legislatore, andrà a sostituire il previgente sistema, oggetto di numerosi interventi, spesso destabilizzanti e mai realmente organici.
Per il Nuovo Codice era prevista un'entrata in vigore "a scaglioni" delle sue disposizioni:
- le norme, per lo più di natura organizzativa di vigilanza interna, sono entrate in vigore il 16 marzo 2019;
- le norme operative dovevano entrare in vigore il 15 agosto 2020.
L'articolo 5, del d.l. n. 23/2020, ha differito l'entrata in vigore della parte più corposa e significativa del Nuovo Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza il 1 settembre 2021.
Il nuovo codice contiene molteplici novità, tutte orientate a consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese, nonché a salvaguardare la continuità aziendale anche a tutela dei posti di lavoro.
Il nuovo Codice prevede interessanti novità su vari fronti, ma esistono già strumenti ed accorgimenti per evitare che i rischi d'impresa coinvolgano anche i beni personali dell'imprenditore; quale strumento od accorgimento possa essere più adeguato al singolo caso è una valutazione che richiede una analisi specifica della situazione personale di ogni soggetto; dette valutazione ed analisi, con i conseguenti consigli, potranno essere operate dal legale di riferimento a seguito di un approfondimento del caso di specie. (30/05)
(a cura della Commissione Studi Unione Triveneta Consigli dell’Ordine degli Avvocati)
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Domanda. Buonasera il mio quesito riguarda un matrimonio..dovevo sposarmi a ottobre 2020 però causa Covid abbiamo deciso di annullare il matrimonio.avevamo versato 1700 euro di caparra ed ora il ristorante vuole trattenersi il 50%. E’ regolare?
Risposta. La grave crisi epidemiologica in corso, com’è noto, ha imposto l’adozione di numerose misure restrittive atte a contenere i contagi da covid-19.
Dette misure sono state connotate da un elevato grado di invasività nella sfera di libertà personale di ciascuno, causando per l’effetto la compressione, sebbene temporanea, di alcuni diritti fondamentali dell’individuo.
Un tanto ha comprensibilmente spinto molte coppie di futuri sposi - anche in ragione della situazione di assoluta incertezza in ordine all’evoluzione della regolamentazione volta a fronteggiare lo stato emergenziale - a rinviare la data delle nozze o, nei casi più drastici, ad annullare l’evento, rimandando così ogni decisione di merito a data da destinarsi.
Si osserva a tal proposito che qualora i nubendi - come sovente accade - avessero già provveduto, in sede di prenotazione, a versare al ristoratore o, ad esempio, alla struttura recettizia che avrebbe dovuto ospitare l’evento poi cancellato, una somma a titolo di caparra, è ipotizzabile il diritto di reclamarne la restituzione invocando l'art. 1256 c.c. che prevede una specifica ipotesi di estinzione del rapporto contrattuale, ovvero la sopravvenuta impossibilità della prestazione: “Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla”.
Le cogenti limitazioni in tema di distanziamento sociale, spostamento nonché di divieto di assembramento ecc., di fatto comprimono e limitano in maniera significativa il normale svolgimento dell’evento al punto da venire a costituire probabile legittima causa di recesso.
Nella fattispecie potrebbero altresì trovare applicazione anche altri rimedi, quali ad es. l’art. 1463 c.c. che sancisce come nei rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive, a fronte dell’intervenuta causa di impossibilità della prestazione dovuta, è sempre dovuta la restituzione della cosa ricevuta, e ciò in ossequio alla normativa in materia di ripetizione di indebito.
La concreta applicabilità al singolo caso dei rimedi richiamati, o di altri istituti normativi, dovrà necessariamente essere preceduta da una disamina approfondita e completa di tutte le circostanze e della disciplina contrattuale che è intervenuta nei singoli accordi da parte di un legale di fiducia. (30/05)
(a cura della Commissione Studi Unione Triveneta Consigli dell’Ordine degli Avvocati)
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Domanda. Ho il diritto a chiedere il rimborso in denaro in merito l'abbonamento della palestra Visto che non la voglio più praticare per una mia sicurezza in merito al Covid? Il mio abbonamento iniziava a Marzo fino luglio. I titolari della palestra mi hanno risposto che nessuna legge obbliga restituire i soldi Ne vaucer.. Mi sabreppe indicare il D.Legge che che evince il nostro diritto Grazie
Risposta. L’epidemia da coronavirus (covid-19) ha purtroppo costretto ad una lunga e forzata chiusura tutte le attività non rientranti nelle categorie dei cd. servizi essenziali. Tra esse si annoverano naturalmente anche palestre e centri sportivi di ogni genere, luoghi nei quali, causa l’elevato tasso di aggregazione nonché la condivisione indiscriminata di spogliatoi e spazi comuni, sussisteva – e sussiste tuttora - di fatto un elevatissimo rischio di contagio.
Il D.p.c.m. 17 maggio 2020 ha tuttavia provveduto a delineare le linee guida da adottare per la ripresa in sicurezza di tutte le attività sportive, e dal 25 maggio scorso, grazie ad un significativo ridimensionamento dell’indice di diffusione del virus, palestre, piscine e centri sportivi hanno potuto finalmente riaprire le porte dopo ben 77 giorni.
Va evidenziato, sul punto, che per l’intera durata del lockdown tutti i titolari di abbonamento si sono trovati nell’effettiva impossibilità di usufruire di servizi il cui costo era stato già saldato anticipatamente. Per ovviare a tale spiacevole inconveniente, l'art. 216, comma 4 del DPCM "Rilancio", ha previsto la possibilità di scelta tra l'estensione gratuita dello stesso per un periodo pari ai giorni perduti a causa della chiusura forzata (77 giorni) o, in alternativa, il rilascio di un voucher di pari durata, da utilizzare entro un anno.
L'analisi della sussistenza dei presupposti per richieste diverse, legate a situazioni specifiche e particolari - come ad esempio l'impossibilità di usufruire della palestra entro un anno, o per il periodo di estensione -, potrà essere richiesta ad un legale di riferimento. (30/05)
(a cura della Commissione Studi Unione Triveneta Consigli dell’Ordine degli Avvocati)
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Domanda. Ho ricevuto dalla mia Banca il rifiuto alla richiesta di prestito grazie al DL LIQUIDITÀ con garanzia statale 100% per importo inferiore ai 25k€ Massimali, con la seguente motivazione:“In merito alla richiesta di finanziamento di cui all’Art 13, comma 1, lettera m), del Decreto legge 8 aprile 2020 n. 23 (“Decreto Liquidità”) inoltrataci in data 23/04/2020, siamo a comunicarle che il settore ATECO 66.19.22 relativo alla sua attività economica è escluso dall’ammissibilità alla garanzia del Fondo MCC.“ Volevo sapere: la motivazione soggettiva è corretta?
Risposta. Noto che il Codice ATECO è il 66.19.22, che si riferisce all’attività degli Agenti, mediatori e procacciatori in prodotti finanziari. Dalla semplice lettura dell’Art. 13, comma 1, lett. m), Decreto Legge n. 23/2000, si ricava che il finanziamento, garantito dal Fondo centrale di garanzia PMI, fino ad un importo massimo di € 25.000, può essere chiesto dalle PMI e persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni sulla base del presupposto che l’attività sia stata danneggiata dal Coronavirus, la quale deve essere attestata da apposita autocertificazione.
L’importo ottenibile è pari al 25% dell’ammontare dei ricavi, sulla base dell’ultimo bilancio o della dichiarazione fiscale presentata (dichiarazione dei redditi anno 2018 oppure dichiarazione Iva anno 2019). Non esiste, quindi, una preclusione in base al Codice ATECO, pertanto, la motivazione data dalla Banca al soggetto richiedente è, a mio avviso, carente, o insufficiente, non essendo in linea con il dettato normativo richiamato dalla banca stessa nella risposta data al cliente.
Sarebbe, quindi, opportuno che la Banca desse ulteriori chiarimenti in merito all’imprenditore che ha richiesto il finanziamento sul reale motivo del rifiuto ricevuto, che non pare giustificato.(28/05)
Marco Orlandi - Commissione valutazioe d'azienda e finanza d'impresa Ordine DCEC di Treviso
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Domanda. Sono un giornalista pubblicista iscritto all'Ordine dei Giornalisti; ho una collaborazione coordinata e continuativa con un quotidiano per cui sono iscritto all'INPGI 2. Da alcuni anni ho dovuto affiancare a quella collaborazione un'attività non giornalistica di libero professionista e sono titolare di partita iva. Il luogo presso il quale svolgo la mia attività è chiuso dal 23 febbraio a seguito dell'emergenza Covid-19, per cui da quella data non ho più potuto svolgere la mia attività. Su indicazione del commercialista ho presentato domanda per il bonus COVID-19 all'INPS in quanto - secondo il suo parere - la mia principale fonte di reddito è quella derivante dall'attività svolta con Partita IVA (sono iscritto alla gestione separata INPS).
Ho ricevuto il rigetto della domanda da parte dell'INPS in data 19 maggio 2020 dopo che per quasi 7 settimane la stessa risultava in attesa di esito: la motivazione è stata che la domanda non è ammissibile in quanto iscritto ad altra forma previdenziale obbligatoria. Il termine per la presentazione delle domande all'INPGI scadeva però il 30 aprile. Cosa posso fare per ricevere il bonus che dovrebbe spettare di diritto a tutti quelli che si trovano in condizioni di difficoltà e di riduzione dell'attività lavorativa? Preciso che il compenso complessivo lordo per l'attività giornalistica svolta nei mesi di febbraio, marzo e aprile è stato pari a 40 euro.
Risposta: Secondo il Decreto Cura Italia 18/2020 art. 27 non spetta l’indennità di euro 600 per coloro che, pur essendo iscritti alla gestione separata INPS, sono, altresì, iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.(28/05)
Francesca Mazzavillani - ragioniere commercialista Consigliere dell’ODCEC di Venezia
Mary Munaro - dottore commercialista Consigliere dell’ODCEC di Venezia
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Domanda. Avete notizie sulla richiesta per il fondo perduto? Azienda nata nel 2019. Grazie
Risposta. Ad un'azienda nata nel 2019 spetta il contributo a fondo perduto. Se non esiste una fatturazione nell’aprile 2019 da confrontare con quella di aprile 2020, spettano comunque euro 2.000,00 di contributo. (28/05)
Vallì Zillio - ragioniere commercialista Vice Presidente dell’ODCEC di Venezia
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Domanda. Dove e come si richiede il contributo a fondo perduto per la perdita di fatturato relativa alla differenza tra aprile 2019 e aprile 2020? Nel nostro caso scesa da 290Keuro a 180Keuro con fatturato annuo 2019 da 3,6mil (classe 10%)
Risposta. L’articolo 25 del DL 19/5/2020 n. 34 - cosiddetto “Decreto Rilancio” - prevede il riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore dei seguenti soggetti titolari di partita Iva:
- esercenti attività d’impresa con ricavi <5 milioni di euro relativi al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto (2019 per i “solari”);
- esercenti lavoro autonomo con compensi <5 milioni di euro relativi al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto (2019 per i “solari”);
- reddito agrario, di cui all’art.32 TUIR.
MODALITA’ DI CALCOLO DEL CONTRIBUTO
L’ammontare del contributo è determinato applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare del fatturato/corrispettivi del mese di aprile 2020 e l’ammontare del fatturato/corrispettivi del mese di aprile 2019. La predetta percentuale è pari al:
-20%per i soggetti con ricavi/compensi < a 400.000euro nel periodo d’imposta 2019;
-15%per i soggetti con ricavi/compensi > 400.000 e < 1.000.000euro nel periodo d’imposta 2019;
-10%per i soggetti con ricavi/compensi > 1.000.000 e < 5.000.000euro nel periodo d’imposta 2019.
È comunque garantito ai soggetti rientranti nell’ambito di applicazione della norma, al verificarsi delle suddette condizioni, un contributo minimo non inferiore a 1.000 euro per le persone fisiche, e a 2.000euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
Il contributo non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi e IRAP.
Per beneficiare di tale contributo l’ammontare del fatturato/corrispettivi del mese di aprile 2020 deve essere inferiore ai 2/3 dell’ammontare del fatturato/corrispettivi del mese di aprile 2019.
A fine di ottenere il beneficio i soggetti interessati dovranno presentare invia telematica un’istanza all’Agenzia delle Entrate, le cui modalità saranno definite con un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate.
SOGGETTI ESCLUSI: soggetti di cui all’art.162bis TUIR, chi ha cessato l’attività alla data di presentazione dell’istanza, chi ha percepito l’indennità di cui agli articoli 27 e 38 del D.L.17.03.2020 «bonus600euro», i lavoratori autonomi e dipendenti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria.” (28/05)
Carmen Pezzuto - Consigliere dell'Ordine DCEC di Padova
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Domanda. Volevo chiedere se dopo aver usufruito delle 9 settimane di cassaintegrazione, ne sono state messe a disposizione ancora per mancato lavoro.
Risposta. Sì, il Decreto “Rilancio” (D.L. n. 34 del 19.05.2020) ha esteso il periodo usufruibile di cassa integrazione anche nel caso in esame (lavoratore dipendente CCNL “artigianato illuminazione fino a 10 dipendenti”, quindi con assegno ordinario FSBA causale “Covid-19”). Dopo aver usufruito completamente delle prime 9 settimane di cassa integrazione, è possibile un incremento di ulteriori 5 settimane sempre nel periodo compreso tra il 23.2.2020 ed il 31.8.2020; esaurite anche queste, è possibile un ulteriore eventuale incremento massimo di altre 4 settimane di cassa integrazione nel periodo compreso tra il 1.9.2020 ed il 31.10.2020. (28/05)
Davide Iafelice - Consigliere dell'Ordine DCEC di Padova
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Nota a margine. Le presenti risposta vengono pubblicata a mero scopo divulgativo e mirano ad offrire un inquadramento non esaustivo dei profili di maggiore interesse relativi al caso specifico sottoposto all’attenzione del professionista.Esse venegono formulate avendo riguardo alla normativa vigente al momento della pubblicazione e non possono generare alcun affidamento non costituendo né parere legale né altro tipo di consulenza professionale.Si declina pertanto ogni responsabilità in merito ad azioni od omissioni, danni diretti ed indiretti, costi e/o perdite che possano insorgere a fronte dell’utilizzo delle informazioni contenute nella medesima.
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