Stop all’altoforno a Servola il 1 febbraio, rischio esuberi per quaranta operai
Indicazioni contenute nella bozza di accordo sindacale. In bilico i lavoratori impiegati nella bonifica dell’area a caldo
Operai della Ferriera riuniti in assemblea lo scorso ottobre. A giorni il voto sulla firma dell’accordo
TRIESTE Doveva essere un piano industriale a esuberi zero, ma l’accordo sindacale impostato a Roma nei giorni scorsi rappresenta un’incognita per quaranta lavoratori che verranno impiegati nella bonifica dell’area a caldo della Ferriera di Servola. L’intesa ne prevede il ricollocamento in un nuovo reparto del laminatoio (la ricottura), ma non è chiaro se questo vedrà mai la luce. Il patto fa così riferimento alla possibilità di incentivi all’uscita e si appella affinché Regione, Comune e Autorità portuale battano un colpo sulla possibilità di assorbire manodopera per vie alternative.
Il documento apprestato da Siderurgica Triestina e sindacati attende il via libera dei lavoratori, che si esprimeranno sulla firma il 7 gennaio. Il giorno successivo è fissata ancora ufficiosamente la convocazione al Mise del gruppo di lavoro sull’Accordo di programma, che attende però di conoscere gli esiti della trattativa sui terreni fra azienda e Autorità portuale, nonché l’entità dei finanziamenti da parte del ministero dello Sviluppo economico, che potrebbe chiedere alla Regione di fare la sua parte per chiudere la partita.
Il quadro è insomma ancora incerto. L’accordo sindacale parte dal ribadire come sia stata la Regione a volere la chiusura dell’area a caldo e a manifestare «l’intenzione di accompagnare il percorso con misure compensative finalizzate a realizzare la riconversione e la contestuale occupazione della popolazione lavorativa eccedente». L’intesa cita pure la lettera in cui la Regione a fine agosto aveva legato la riqualificazione agli sviluppi della Piattaforma logistica. Una doppia esplicita chiamata in causa della mano pubblica a garanzia (anche finanziaria) del riassorbimento della manodopera e di una riqualificazione che comincerà dal primo febbraio, data di spegnimento dell’altoforno.
Il documento recepisce i quattro pilastri del piano industriale: smantellamento e bonifica dell’area a caldo, rilancio della logistica, riconversione a metano della centrale elettrica e potenziamento del laminatoio con aggiunta dei reparti di zincatura e verniciatura, nonché possibilità di installare una linea di ricottura. Senza quest’ultima non potrà essere reimpiegata la stragrande maggioranza dei cinquanta lavoratori impegnati nella bonifica. L’intesa conferma inoltre gli impegni economici dell’azienda: un investimento da 180 milioni, cui potranno aggiungersene 50 in caso si decida di realizzare il forno di ricottura. Arvedi ribadisce di voler provvedere in proprio allo smantellamento e alla bonifica dell’area a caldo, evidenziando come «le operazioni di spegnimento degli impianti inizieranno tassativamente dall’1 febbraio 2020». Per la prima volta si indicano poi i tempi per realizzare il business plan: 24 mesi dalla firma dell’Accordo di programma, con incontri trimestrali delle parti per verificare lo stato di avanzamento.
Ma gli interrogativi arrivano sulle conseguenze per i lavoratori. Siderurgica rinnova l’impegno per «la ragionevole salvaguardia dei livelli occupazionali, pur non avendo il gruppo Arvedi alcuna responsabilità nella chiusura dell’area a caldo». Il documento promette in effetti il saldo zero e indica l’obiettivo di passare a Servola da 580 a 417 lavoratori: l’area a caldo perderà tutte le sue 361 unità e quella a freddo passerà da 140 a 338, mentre centrale e logistica manterranno rispettivamente le attuali 41 e 38. Ballano quindi 163 lavoratori: per 66 si procederà con trasferimenti in aziende terze o in altri siti produttivi del gruppo, 58 verranno prepensionati e per i restanti 39 sono previste uscite volontarie con incentivi, a meno che l’impianto di ricottura non ne garantisca l’assorbimento dopo i due anni trascorsi nelle operazioni di bonifica. All’interno dei 163 figurano interinali e tempi determinati, già invitati a valutare il trasferimento nell’impresa Cln di San Giorgio di Nogaro perché, dopo la proroga del contratto concessa su pressione del ministro Stefano Patuanelli, l’impegno è di tenerli al lavoro non oltre il 31 gennaio.
L’accordo fissa 24 mesi di cassa integrazione a partire dallo spegnimento dell’area a caldo, ma non fa menzione della promessa maggiorazione degli importi con fondi di Siderurgica. I sindacati assicurano comunque che gli impegni dell’azienda saranno rispettati e inseriti in successive intese. Nel corso della cigs i lavoratori saranno via via riqualificati per le nuove mansioni: la formazione sarà a carico della Regione sul piano organizzativo ed economico. Ma per i firmatari l’impegno della parte pubblica non può limitarsi a questo. Come recita l’accordo, «le parti hanno preso atto che Regione Fvg, Comune di Trieste e Autorità di sistema portuale hanno dato ampie assicurazioni di un proprio diretto e concreto impegno in materia di tutela e valorizzazione dei lavoratori. Le istituzioni formuleranno proposte occupazionali a integrazione, ove necessario, del piano illustrato nell’accordo sindacale». Le proposte dovranno essere avanzate dal gennaio 2021, ma non è chiaro quanto simile previsione sia impegnativa per enti che non firmeranno l’accordo sindacale. —
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