Nucleare, l’arrivo delle nuove tecnologie divide le istituzioni del Nord Est

Gli imprenditori chiedono che l’Italia apra alle nuove tecnologie per l’energia atomica. Ma mentre il governo prepara una legge, nel Nord Est le istituzioni appaiono divise

Maurizio Cescon
Il reattore sperimentale, alimentato con energia elettrica, in costruzione a Brasimone in Emilia da Newcleo ed Enea
Il reattore sperimentale, alimentato con energia elettrica, in costruzione a Brasimone in Emilia da Newcleo ed Enea

Nucleare di quarta generazione, mini reattori, fusione. Mai come oggi il tema della produzione di energia elettrica per uso industriale e civile attraverso la fissione dell’atomo è di stretta attualità. I motivi sono molteplici. Le rinnovabili da sole coprono una piccola parte del fabbisogno, sempre più rilevante nelle società altamente tecnologiche e si tratta comunque di approvvigionamenti instabili. Il gas naturale è in balia dei fornitori mondiali, tra tensioni geopolitiche e forti oscillazioni dei prezzi. L’idrogeno è ancora di là da venire, anche se le ricerche sul campo sono in stato avanzato, soprattutto a Nord Est. Il nucleare, in questo panorama, sarebbe dunque una tessera indispensabile nel puzzle che comporrà il mix energetico del futuro.

Ma prima di sdoganare nuovamente l’atomo (in Italia fino al referendum del 1987 erano attive alcune centrali) servirà un lungo e complesso iter legislativo e soprattutto la volontà politica. Perché se tra gli imprenditori nordestini, pur con sfumature diverse, c’è un’apertura alla possibilità di utilizzo del nucleare, tra amministratori ed esponenti di partito c’è maggiore prudenza, a volte freddezza. In ogni caso, a meno di improbabili accelerazioni autorizzative, passeranno ancora diversi anni prima di tagliare il nastro di una qualsiasi centrale che contenga un reattore.

I passi della legge

Il Consiglio dei ministri ha approvato, lo scorso 28 febbraio, un Disegno di legge delega in materia di energia nucleare sostenibile, con il quale si intende garantire la continuità nell’approvvigionamento energetico e la sostenibilità dei costi gravanti sugli utenti finali, ma anche favorire il raggiungimento dell’indipendenza. Un vero e proprio rilancio di una tecnologia, quella nucleare appunto, messa da decenni in congelatore, dopo il divieto seguito dal referendum.

Il Ddl dovrà essere esaminato dal Parlamento (e già in questa occasione è facile prevedere un dibattito acceso tra le forze politiche) che, entro un anno, si esprimerà con un voto. Il governo, in ogni caso, dà per scontato che sulla questione, sarà poi indetto un referendum. L’esecutivo Meloni avrà 12 mesi di tempo per emanare i decreti attuativi del Disegno di legge.

Il quadro normativo terrà conto di alcuni paletti. Il più importante riguarda l’istituzione di un’autorità di sicurezza nucleare (Asn) struttura con uno staff dedicato che vaglierà le domande delle aziende per l’autorizzazione. Si terrà quindi conto di tutte le tecnologie che punteranno alla neutralità tecnologica.

Terzo step, la cosiddetta fast track, ovvero una corsia preferenziale di approvazione del progetto per un reattore in Italia se c’è già un percorso regolatorio in un altro Paese Ocse, una sorta di via libera accelerato. Quarto elemento che sarà inserito tra i decreti, la possibilità di riprocessare le scorie nucleari per fare nuovo carburante. Ci sarà un punto che riguarderà la formazione dell’opinione pubblica sul nucleare pulito, con campagne informative e budget dedicato. Infine l’incentivo a ricerca e sviluppo, per arrivare al traguardo della fusione, favorendo le partnership pubblico-privato.

Le associazioni degli industriali

Tra Veneto e Friuli Venezia Giulia gli imprenditori guardano in modo favorevole all’iniziativa. «Di fronte a una crisi energetica sempre più grave, l’Italia deve valutare già oggi tutte le tecnologie disponibili per garantire un futuro davvero sostenibile e competitivo - osserva la presidente di Confindustria Veneto Est Paola Carron - . Uno dei principali fronti aperti del sistema energetico attuale riguarda la programmabilità della produzione: le fonti rinnovabili, pur essendo pulite, non assicurano continuità, rendendo difficile soddisfare la domanda costante di energia, soprattutto per le industrie ad alta intensità energetica, come quelle del cemento, della chimica e della metallurgia. Il nucleare, in particolare con gli impianti di quarta generazione, sarà capace di offrire una soluzione affidabile, garantendo stabilità e prevedibilità nella fornitura di energia».

Paola Carron, presidente di Confindustria Veneto Est
Paola Carron, presidente di Confindustria Veneto Est

«L’energia da fonti nucleari rappresenterà una scelta sostenibile, oltre che strategica. Inoltre, integrandosi con altre fonti pulite, come l’idroelettrico, potrà contribuire a un mix energetico bilanciato e sicuro. È il momento di superare pregiudizi e divisioni ideologiche, adottando una visione pragmatica e lungimirante per il bene del Paese. In Confindustria Veneto Est ne siamo convinti, per questo partecipiamo attivamente ai gruppi di lavoro di Confindustria nazionale dedicati proprio allo studio del nuovo nucleare per l’Italia».

Decisamente favorevole all’utilizzo del nucleare per scopi civili il presidente di Confindustria Alto Adriatico Michelangelo Agrusti. «La Francia sta puntando sulle mini centrali (entro il 2031 ne sarà realizzata una che vede la partecipazione dell’azienda italiana Newcleo, ndr), e non è la sola - dice - . Dobbiamo smetterla con le valutazioni su base ideologica. Le paure millenaristiche non finiranno mai, ma ci vogliono governi autorevoli disposti a sfidare l’impopolarità. Le scelte strategiche per l’energia dovrebbero essere sottratte alla potestà referendaria e alla burocrazia locale».

Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico
Michelangelo Agrusti, presidente di Confindustria Alto Adriatico

Aperturista pure il presidente di Confindustria Udine Luigino Pozzo. «Dobbiamo saper gestire il giusto mix - afferma - delle cose, credendo che le rinnovabili, il nucleare e l’idrogeno potrebbero garantirci la miglior soluzione per il rispetto dell’ambiente. Oggi grazie ai progressi tecnologici il nucleare, dai reattori modulari di piccole dimensioni alle tecnologie di quarta generazione, offre sicurezza, efficienza e flessibilità, superando le criticità del passato».

La posizione delle regioni

Il Veneto ha appena presentato ai consiglieri regionali il nuovo piano energetico (Nper) nel quale non c’è traccia di sviluppo dell’energia nucleare. Si punta invece all’incremento delle rinnovabili, alla riduzione delle emissioni, al miglioramento dell’efficienza e soprattutto all’introduzione dell’idrogeno verde. L’obiettivo è di arrivare al 43% di energia prodotta da fonti rinnovabili nel 2030. Il presidente Luca Zaia e la sua giunta potranno eventualmente prendere in considerazione la questione del nucleare solo se ciò sarà previsto dal Piano energetico nazionale.

Più possibilista il Friuli Venezia Giulia, con il presidente Massimiliano Fedriga che ribadisce «la sicurezza del nucleare di oggi» e vorrebbe candidare la Regione a essere area di sperimentazione per il nucleare sicuro, ovvero quello a fusione, che produce la quantità di scorie di un centro diagnostico».

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