Auto elettrica, il 2025 sarà l’anno decisivo
Con l’arrivo dei modelli di massa, l’e-car dovrà dimostrare di poter piacere anche nei mercati dove sta faticando. L’autonomia media delle vetture lanciate il prossimo anno supererà i 500 chilometri
Secondo l'Agenzia Europea dell'Ambiente i trasporti sono responsabili per un quarto delle emissioni di CO2 dell'Unione e tra i grandi settori è quello che dal 1990, a causa dell'aumento della mobilità di persone e merci, ha visto le emissioni aumentare di un terzo mentre industria, agricoltura, rifornimento energetico, case, uffici e negozi le hanno ridotte.
L'obiettivo è ridurre entro il 2030 le emissioni dei del 60% rispetto ai livelli del 1990 per arrivare al 90% di riduzione nel 2050. Un obiettivo molto impegnativo che richiede l'utilizzo di tutte le tecnologie disponibili ottimali per ciascun comparto, auto, veicoli commerciali leggeri, mezzi pesanti, camion, navi e aerei.
La quota più elevata di emissioni, il 60,7% del settore pari al 20% circa delle emissioni totali nell'Ue, è dovuta all'automobile e la decisione di consentire l'immatricolazione solo di auto elettriche dopo il 2035 è figlia di questi numeri.
I dati indicano una crescita robusta del mercato delle auto elettriche che nel 2023 ha raggiunto 14 milioni di unità vendute nel mondo e secondo le previsioni dell'Agenzia Internazionale per l'Energia raggiungerà 17 milioni a fine 2024, 60 volte dieci anni fa. Ma la distribuzione è diseguale: il 60% in Cina, il 25 in Europa, il 10 negli Stati Uniti. In Europa la situazione si ripropone con Olanda e Belgio in vetta per quota di mercato, Francia e Germania a metà classifica e l'Italia fanalino di coda con una quota del 3,9%. Il rapporto diMotus-E del 4 ottobre indica in 266 mila il numero delle vetture elettriche circolanti in Italia, su un parco di 40 milioni, mentre sono oltre un milione in Francia, due milioni in Germania, 750 mila in Norvegia e 520 mila in Olanda.
«In Italia il mercato dell'auto elettrica non è ancora nato davvero – dice Toni Federico, responsabile del gruppo di lavoro Clima ed Energia dell'Asvis – è uno di quei casi nei quali una tecnologia vincente dal punto di vista dell'efficienza energetica, dell'impatto climatico e ambientale e dei costi di gestione e manutenzione fa fatica ad affermarsi».
Le ragioni del ritardo sono numerose e la forte tradizione dei motori a combustione interna, i pregiudizi e una certa resistenza all'innovazione sono alcune delle principali. Ma ci sono anche ragioni oggettive: «Nei segmenti più bassi pesa in questo momento il differenziale di prezzo con le auto endotermiche e l'attesa dei modelli di massa in arrivo nel biennio 2025-2026 - dice Francesco Naso, segretario generale di Motus-E, associazione nata per favorire la transizione nei trasporti. – Non ha aiutato l'incertezza sugli incentivi in passato e non aiuta l'assenza di incentivi oggi, ma incide anche l'errata percezione di una carenza di colonnine e l'effettiva necessità di continuare ad aumentarne la capillarità».
L'evoluzione dell'auto elettrica è veloce. Il prezzo delle batterie è crollato dai 1.400 dollari per kilowattora nel 2010 a meno di 140 nel 2023, e quello delle auto secondo la Iea raggiungerà la parità con i motori a combustione interna entro il 2030. L'autonomia media che era di circa 320 chilometri nel 2020 è salita a 470 nel 2023 e sarà di oltre 500 chilometri nei modelli attesi nel 2025, con diversi modelli che viaggiano oltre 650 chilometri. I prossimi anche di fascia bassa dovrebbero avere inoltre maggiore potenza di ricarica. Vedremo se quando arriveranno il mercato si risveglierà: a quel punto sarà determinante l'adeguatezza delle infrastrutture, ovvero la capillarità delle colonnine di ricarica.
Secondo un parametro base, ovvero il numero di colonnine in rapporto al numero di auto elettriche, l'Italia è al terzo posto in Europa con oltre 60 mila punti di ricarica pubblici, siamo invece al penultimo nel rapporto tra il numero di colonnine e gli abitanti. La cattiva notizia è che avendo un basso numero di auto elettriche le colonnine pubbliche fanno fatica a ripagarsi, quella buona è che nonostante ciò il numero sta salendo costantemente, e la tendenza fa ritenere realistico il raggiungimento di 140 mila colonnine pubbliche entro il 2030, alle quali dovrebbero aggiungersi oltre due milioni di punti di ricarica privati realizzando una infrastruttura complessiva adeguata per il parco auto elettriche che di qui a cinque anni dovrebbe raggiungere 4,3 milioni di unità più altri 2,3 di auto ibride plug in secondo le previsioni del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima presentato dal ministro Giberto Pichetto Fratin o 4,3 milioni totali nella più prudente stima di Motus-E.
Conta il numero di colonnine ma importantissimi per l'elettrificazione della mobilità stradale sono anche la loro distribuzione sul territorio e le loro caratteristiche in termini di potenza di ricarica. Oggi il 58% del totale è istallata nelle regioni settentrionali e solo il 20 al Centro e il 22 nel Sud e nelle isole, distribuzione che in parte rispecchia quella delle auto elettriche ma che se non riequilibrata diventa un limite all'allargamento del mercato.
Il secondo aspetto è la potenza di ricarica. Non tutte le colonnine sono uguali, alcune ricaricano con potenze basse e quindi sono più lente (a corrente alternata), altre hanno una potenza media (a corrente continua), altre ancora una potenza alta (ultra fast). Anche le auto elettriche non hanno la stessa potenza di ricarica, oggi solo quelle medio-grandi consentono una ricarica ultraveloce e sarà importante l'arrivo sul mercato di modelli a prezzi più bassi con potenze di ricarica elevate. «Non è necessario che tutte le colonnine siano veloci o ultraveloci – dice Naso – nelle abitazioni o nei parcheggi di scambio vanno bene le colonnine a bassa potenza, nei punti strategici della città e sulle autostrade o superstrade servono punti di ricarica veloci o ultraveloci».
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