Top 500: la Marca è uscita dalla crisi
È ripresa. La Marca è uscita dal lunghissimo rettilineo della crisi. E affronta il 2016 con la forza della sua avanguardia: 420 aziende delle prime 500 sono in utile. E nel 2014 è cresciuto anche chi perde. Un certificato di (buona) salute. Lo stila «Top 500», il dossier di tribuna di Treviso, Pwc, e Ca’ Foscari: alla sua terza edizione, sancisce l’uscita dal guado e conferma di aver accompagnato le nostre imprese nel periodo più buio – nel 2013 erano in mezzo al guado, nel 2014 vedevano l’altra sponda – fino a rivedere la luce. Una missione oggi accentuata dalla nascita di «Nordest economia», nuovo inserto mensile del nostro giornale.
Svolta cruciale, per la Marca. Nessun trionfalismo, ma è stato agganciato il treno della ripresa; gli imprenditori hanno retto l’impatto della crisi («con tenacia, fiducia e determinazione» dirà Vardanega, ex presidente di Unindustria Treviso). E alle aziende e ai protagonisti della ripresa è arrivata ieri, oltre al certificato di sana e robusta costituzione, anche una straordinaria, aggiornatissima bussola. Quella di Federico Rampini. Ieri – alla presentazione del rapporto in un affollato auditorium Appiani – il giornalista de la Repubblica e scrittore ha offerto gli strumenti della sua esperienza intercontinentale per farci orientare nel mondo del Caos (titolo del suo ultimo libro edito da Mondadori), sempre più dominus del dis-ordine mondiale contemporaneo.
Rampini ha delineato il mondo «dove il baricentro non è più l’Europa, e non è più l’America»; dove la globalizzazione per la prima volta rallenta e peseranno sempre più «rivoluzione energetica, demografia, ricerca scientifica»; dove stenta e si ferma il Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), ma mercati vecchi e nuovi offrono «grandissime opportunità, perché Texas e New York sono piazze da aggredire in maniera diversa». L’auditorium ha viaggiato nei gironi concentrici contemporanei - post danteschi? - con cui Rampini nel libro esplora il Caos. L’emergenza ambientale («bisogna salvare la nostra razza dall’estinzione, la precedente è stata quella dei dinosauri; non salvare il pianeta, che ci sopravviverà»); la questione demografica e migratoria («il modello Usa è l’insuperato riferimento per integrare tante etnie, senza buonismi ma con doveri, rispetto delle regole e delle leggi prima dei diritti»); il disordine geopolitico («la sfiducia delle liberaldemocrazie occidentali»); il caos tecnologico («quanti lavori anche intellettuali, quanti colletti bianchi saranno sostituiti dall’intelligenza artificiale»). Ricette? «Smettiamola con i sensi di colpa dell’Occidente, archiviamo il ’900».
Magari, per il Medio Oriente, «la storia della pace di Westfalia per il congresso di Vienna». E poi le speranze. «Draghi, la Bce e Federal Reserve, unici a governare l’economia». E ancora, «la lezione dell’11 settembre: terrorismo (e guerre) non piegano l’economia». E per le imprese trevigiane, occhio alla quasi parità euro dollaro e ai tassi Usa in imminente rialzo...». Infine le provocazioni giunte dalla sala: Rampini ha rilanciato, da autentico «nomade globale), come ama definirsi. I freni di sistema e l’austerity, le diseguaglianze dei redditi, cui nemmeno la new economy pone rimedio; il tetto di Maastricht e le austerity, «che non riescono a frenare la corruzione»; la colossale sottrazione di gettito fiscale dei paesi off shore, ma anche dell’«europeissima Irlanda, tollerata dalla Ue»; i nodi infrastrutturali, vedi la banda larga che ieri ritardava di 2 minuti il ritorno audio nel collegamento volante con Sky. Ma anche riscontri assoluti. Utili che non si trasformano in posti di lavoro e nanismo sono questioni pesanti, nel Nordest delle Pmi. Ma se gli States hanno il 5% di tasso di disoccupazione, la Marca ha il 6,7% (era l’8% in piena crisi). «Anche la più piccola start up deve avere come obiettivo il mondo».
Così, in un ponte virtuale con la Silicon Vallery, Rampini ha invitato gli imprenditori a essere «tanto creativi quanto “disrupting” (dirompenti)». La nuova grande sfida per le imprese di Marca, dopo aver rivisto la luce. Aveva aperto l’incontro Tiziano Marson, caporedattore della tribuna; quindi Pierangela Fiorani, direttore della tribuna e degli altri quotidiani veneti del gruppo Espresso, aveva sottolineato l’impegno del giornale nel raccontare l’economia della Marca e del Nordest, «storia di aziende e di uomini, di idee e di successo»; Filippo Zagagnin (Pwc), aveva ribadito il valore della collaborazione con tribuna e Ca’ Foscari. Fra il pubblico – attentissimo alle dense relazioni tecniche di Moreno Mancin e di Nicola Anzovino – anche il sindaco Giovanni Manildo, il prefetto Laura Lega e i big dell’imprenditoria, da Vardanega a Tomat, da Airoldi a Pastore, da Feltrin a Donadon, da Paola Carron a Gaio, dai Menuzzo a Sabrina Carraro. In sala anche Fabiano Begal, consigliere delegato della divisione Nordest del gruppo Finegil, e Roberto Bernabò, direttore editoriale Finegil.
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