Top 500 Padova: competenze e innovazione, le imprese puntano sul Bo
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PADOVA. L’investitura esce in maniera netta, in modo quasi plebiscitario. L’asset sul quale le imprese padovane devono puntare per garantirsi un futuro di sviluppo, e con loro tutto il territorio, è l’Università.
Potrebbe sembrare scontato ma così non è, stando anche alle evidenze che emergono dal nuovo rapporto Top 500. Perché di fronte alla ricerca di maggiore o nuova competitività, il panorama che schiude il tessuto produttivo padovano è quello di un sistema dove «chi innova corre». E in quel «chi» c’è il rovescio della medaglia.
«Non si vive di sole eccellenze» ha sottolineato il presidente di Confindustria Padova, Massimo Finco. «Padova e il Veneto su questa scena possono essere in prima fila, a patto che diveniamo consapevoli – Regione, Università e noi imprenditori per primi – che per non essere comparse, occorre definire una visione condivisa per l’innovazione e la ricerca industriale diffusa, con investimenti e programmazione adeguati». Un vuoto da colmare.
Nuove competenze. La presentazione del rapporto Top 500, curato dal dipartimento di Scienze economiche del Bo e PwC in collaborazione con il mattino di Padova e Confindustria Padova, è diventata così l’occasione per tracciare una rotta – quella dello sviluppo del territorio ma sarebbe il caso di dire di una comunità – che in questi ultimi anni pare smarrita.
«Elemento centrale è, e sarà, la qualità delle risorse umane» ha sottolineato Gabriele Del Torchio, manager di lungo corso, che ieri ha animato la tavola rotonda moderata dal direttore de il mattino di Padova Paolo Possamai insieme a Massimo Carraro (Morellato & Sector), Nicola Michelon (Unox) e Francesco Nalini (Carel).
«L’imprenditore da solo non fa nulla: è un direttore d’orchestra e se l’orchestra non è all’altezza il direttore non va da nessuna parte». E qualità delle risorse significa Università. Certo, non solo.
Un ruolo determinante, è emerso, lo devono giocare anche gli istituti tecnici e la possibilità di portare gli studenti in azienda integrando i loro percorsi formativi. «A patto, però, che dietro alle esperienze di alternanza-scuola lavoro ci sia un progetto» è stata la sottolineatura del professor Giovanni Costa dalla platea.
Chiave e cuore. Formazione, quindi. Anche continua come alla Carel dove «un’ora alla settimana ogni dipendente si ferma per aggiornarsi» ha spiegato Nalini. Ma non basta. Perché se le «persone sono il cuore, la tecnologia è la chiave» ha aggiunto il dg del gruppo di Brugine.
E tecnologia chiama in causa il secondo aspetto che rimanda all’Università, ovvero l’innovazione. «Anche per questo il Bo è un asset enorme per Padova» ha proseguito Nalini. La rilevanza è stata testimoniata dallo stesso Del Torchio che ricordando come i simulatori di gara usati dalla Ducati per preparare il Motomondiale siano realizzati dal Bo ha detto in modo chiaro che «un tessuto imprenditoriale che ha nella manifattura il proprio punto di forza ha bisogno di una forte università tecnica di riferimento. Che nasca da un’alleanza tra atenei o sia individuata in quella di Padova non importa».
La vocazione del Bo è evidente e, a margine, il prorettore al Trasferimento tecnologico, Fabrizio Dughiero, ha raccolto la sfida.
Ostacoli e opportunità. Certo non è tutto scontato, si diceva. Nicola Michelon l’ha messo bene in evidenza. «L’Università è una fucina di talenti eccezionale. Ci sono, però, ancora da superare delle barriere per avvicinare di più i due mondi e per, in generale, portare in azienda gli studenti. Vale per gli universitari ma anche per gli studenti delle scuole superiori».
Così come Finco: «L’università deve farsi un po’ più piccola e le imprese un po’ più grandi affinché il rapporto sia proficuo». Reso evidente l’asset sul quale puntare, tuttavia, resta sul tavolo il tema della vocazione imprenditoriale.
«La manifattura non si discute» ha concluso su questo punto Massimo Carraro «ma vista la storia di Padova vale la pena ragionare sui servizi. Questo territorio nel tempo si è conquistato il ruolo di capitale dei servizi, ma oggi non è più così. E se si guardano a quelli più moderni e a più alto valore aggiunto si scopre che Padova ha perso molto. Bene, quindi, l’innovazione di prodotto e l’Industria 4.0 ma non dimentichiamo che serve innovazione anche nei servizi".
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