Top 500, Venezia punta su Venezia
MESTRE Il mondo dell’impresa strizza l’occhio alla città metropolitana, ma ammette di conoscerla troppo poco. Per competere guarda al mondo facendo leva sul marchio Venezia e sulla qualità del Made in Italy. L’impresa veneziana chiede più spending review alla politica, meno tasse e più sostegno alle imprese “eroiche”, come le chiama Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Venezia, che ci mettono “anima, cuore e patrimonio” per far andare bene le loro aziende. Quattro imprenditori sul palco dell’Università di via Torino si sono confrontati con il direttore della “Nuova di Venezia e Mestre”, Pierangela Fiorani e con il caporedattore Maurizio Caiaffa in occasione della presentazione di “Top 500”, la rilevazione su indici e performances delle aziende veneziane che ha decreto il podio composto da Pam, Coin, San Benedetto.
L’indagine dell'Università Ca' Foscari di Venezia (a cui è dedicato l’inserto oggi in edicola, realizzato con Pricewaterhouse Coopers) è una interessante fotografia del mondo imprenditoriale veneziano che sente addosso il timido vento di ripresa dopo la crisi. 19 miliardi di ricavi aggregati, utili per 262 milioni, un reddito operativo in crescita di quasi il 20 per cento per le 500 aziende monitorate dal rapporto. Fatturato aggregato in crescita del 2,9 per cento. Tanti, specie le piccole e medie imprese, fanno bene ma serve investire di più in innovazione. In provincia l’occupazione negli ultimi mesi è cresciuta del 1,5 per cento.
La ripresa c’è ma dovuta soprattutto al calo del costo del petrolio e del dollaro, la paura del ritorno della recessione resta nelle parole di Zoppas. Si segnalano difficoltà per il tessile, abbigliamento, lentezza per il commercio al dettaglio e la chimica. La tavola rotonda ha fatto emergere per l’economia veneziana la necessità di innovare ma anche di rimanere legati alla tradizione. Anche se è difficile agire in un paese penalizzato dalla tassazione sulle imprese, dal cuneo fiscale, dall’eccessiva burocrazia. Il primo nemico, avvisa Zoppas, resta la corruzione: «Circa un 40-50 per cento di investimento delle imprese viene sottratto dalla corruzione. Venezia ha vissuto – dice Zoppas – un caso emblematico. Il governo intervenga, altrimenti siamo tutti penalizzati».
Arrigo Cipriani, patron dell’Harris Bar spiega che «i suoi due locali di Venezia dal 2008 ad oggi si sono salvati dalla crisi grazie ai locali all’estero e nessun dipendente a Venezia è stato licenziato. Solo un cuoco che era andato in tv». Lui ora pensa ad investire anche in una tenuta a Torcello non può non ricordare «che il costo del lavoro qui pesa per il 48 per cento mentre a Londra per il 22». Enrico Marchi, numero uno della Save e che ha investito 800 milioni per il raddoppio da qui al 2021 dell’aeroporto Marco Polo svela che la querelle con Costa (Porto) sulle quote Vtp cela un progetto chiaro: «Vorremmo mettere al servizio della crocieristica quel che abbiamo imparato con l’aeroporto e stiamo prendendo materiale dal Disney institute che si occupa di servizi ai passeggeri. Del resto ad Amburgo, Porto e aeroporto hanno fatto una società assieme per la crocieristica». «Evitiamo alla città un destino da comparse», lo avvisa Massimo Vidal della Mavive Spa (più 17 per cento nel 2014) che lavora soprattutto con l’estero e pensa ora di far diventare un franchising il marchio “Merchant of Venice”. «Guardando alla città metropolitana», rileva, «basta iniziare a migliorare servizi, trasporti e costi e farci uscire dall’inciviltà in cui ci troviamo». Luigi Valsecchi, amministratore delegato del calzaturificio Ballin ammette che per una azienda del lusso è difficile oggi trovare manodopera giovane e qualificata. «L’orlatrice si vergogna di dire quale lavoro fa alle amiche. La manodopera richiede investimento», spiega.
Riproduzione riservata © il Nord Est