Top500 Udine, infrastrutture e mercati esteri: ecco le chiavi della ripresa
UDINE. Il segno meno davanti ai principali indicatori economici del Friuli Venezia Giulia, e anche della provincia di Udine, caratterizzano il 2020. Giù produzione, fatturato, esportazioni, valore aggiunto...
I numeri sono impietosi e certificano l'impatto della pandemia sul tessuto economico regionale. A raccontare questi numeri, gli esperti di Pwc, Prometeia e Fondazione Nord Est, a "Top500 imprese controvento" nel corso dell'evento in live streaming svoltosi ieri dalla sede di Confindustria Udine, organizzato da Nordest economia, l'hub del Gruppo Gedi.I datiPer il Fvg i dati elaborati da Prometeia e Pwc parlano di una contrazione del Pil pari al -9,3%, leggermente più marcata rispetto al dato nazionale del -8,9%, con le province di Udine e Pordenone in arretramento più marcato, -9,6% e -9,4% rispettivamente, e un -8,4% per la provincia di Trieste.
I livelli di produzione industriale, sempre per la regione, segnano una flessione di -12,6%, maggiore del -12,2% nazionale. Più positive le prospettive per il '21, con stime per un recupero del +8,1% a livello regionale, con Pordenone (+9,1%) più pronta alla ripartenza rispetto a Udine (+7,4%) e Trieste (+6,6%).
La battuta d'arresto ha riguardato ovviamente anche le esportazioni, con un calo dell'export di -19,1% per la provincia di Udine e del -17,6% per quella di Pordenone, sempre secondo le elaborazioni di Prometeia e Pwc. Ma già quest'anno gli interscambi commerciali con l'estero sono attesi in ripresa con incrementi del +8,6% per Trieste, +8,7% per Udine e +9,6% per Pordenone.Respiro internazionalePer una regione, come il Fvg, che da sempre ha una spiccata propensione all'export, ecco che l'internazionalizzazione resta una delle vie d'uscita dalla crisi, soprattutto se si sapranno cogliere le opportunità che già si iniziano a delineare in Paesi che, la strada della risalita, l'hanno già imboccata. Cina e Stati Uniti in primis.Fondamentali solidiNel suo intervento,
Manuel Forte di Pwc, ha ricordato i dati di bilancio 2019 per una sola ragione: «Le Top500 del Fvg - ha detto - avevano raggiunto un patrimonio netto di 15 miliardi nel 2019, in crescita del +11% rispetto all'anno precedente, e l'80% degli utili sono stati reinvestiti in azienda».
Una scelta oltremodo saggia «perché affrontare una crisi con un patrimonio netto importante, è un elemento di aiuto». Ora il 2021 e il 2022 «dovranno essere orientati a preservare il valore delle aziende, a preservare la cassa e a ridurre i costi».
I trend da confermareLa crisi pandemica ha rappresentato, e continua a rappresentare, «un forte acceleratore dei trend che erano già in atto, tra cui sostenibilità e digitalizzazione - ancora Forte -. La pandemia ha messo in luce fattori critici dello sviluppo economico, tra cui la sostenibilità percepita ora come una opportunità e non più come un costo, in particolare per l'efficientamento dei processi, lo sviluppo di prodotti e servizi e l'avvicinamento a mercati sensibili a queste tematiche oltre che all'accesso a finanziamenti e agevolazioni».Avanzare nel digitaleL'Italia è fanalino di coda per quel che riguarda la digitalizzazione, un primato negativo che il Paese dovrebbe perdere. Per riuscirci «sono necessari investimenti in infrastrutture e capitale umano» ha ricordato Forte. Infine Alessandra Lanza di Prometeia ha rimarcato che «Il Fvg è un territorio composito con un valore aggiunto diviso tra servizi e industria».
«Dovrà costruire il rilancio su industrie più tradizionali che dovranno puntare sulla ripresa dei mercati esteri, superando in alcuni casi anche le dimensioni delle aziende. Dovranno essere capaci di recuperare su territori diversi, in Asia, poi in Nord America e Europa. Le imprese dovranno imparare a fare più chilometri aggredendo mercati lontani e facendo massa critica».-
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