Una pensionata veneta su due guadagna meno di mille euro al mese

Turati (Spi-Cgil): «Troppa la differenza con i colleghi maschi, si riconosca il lavoro di cura»

VENEZIA. Vivere con una pensione lorda inferiore ai mille euro. Pagare l’affitto, fare la spesa, comprare i medicinali e (spesso) dare una mano a figli e nipoti. È questa la situazione in cui si trova una pensionata veneta su due, come testimoniano gli ultimi dati dell’Inps (aggiornati al 2014) elaborati dallo Spi Cgil del Veneto.

La “condizione” delle pensionate venete rispecchia in modo più ampio le differenze di reddito esistenti anche nel mondo del lavoro fra uomini e donne. In Italia, infatti, le lavoratrici prendono in media uno stipendio che va dal 16 al 30 per cento in meno rispetto ai colleghi maschi. E di conseguenza con le pensioni le cose non vanno diversamente.

«Le responsabilità familiari non sono condivise e i servizi o non ci sono o sono troppo cari. Spesso quindi Le donne – spiega Rita Turati, segretaria generale dello Spi-Cgil del Veneto – per motivi familiari sono costrette ad interrompere la loro carriera lavorativa o a chiedere una riduzione d’orario. Non è un caso che il part time sia molto più diffuso tra le donne. Da questo e dal gap salariale che ancora persiste scaturisce un assegno pensionistico inferiore. In più la prospettiva di vita è più lunga rispetto agli uomini e quindi molte pensionate “campano” con l’assegno di reversibilità che è spesso insufficiente a garantire un livello di vita dignitoso».

I numeri del Veneto (e delle singole province) parlano da soli. Quasi 340 mila “anziane” venete (ovvero circa la metà delle 666mila pensionate presenti nella nostra regione) vivono con meno di mille euro lorde al mese. Di più. Il 10 per cento di loro (circa 70 mila pensionate) deve accontentarsi di un assegno inferiore ai 500 euro mensili. Per gli uomini il discorso è diverso, perché “solo” uno su quattro (circa 140 mila persone) si mette in tasca un assegno inferiore ai mille euro e fra questi il 6,8 per cento deve accontentarsi di una entrata inferiore ai 500 euro.

Guardando alle fasce di reddito più alte, la situazione risulta altrettanto emblematica. Le pensioni lorde sopra i 2 mila euro arrivano in tasca al 26 per cento degli uomini e al 10 per cento delle donne, con una rilevante differenza di 16 punti percentuali.

«I dati elaborati dallo Spi del Veneto – continua Turati – confermano in pieno ciò che si riflette anche a livello nazionale ed europeo. La povertà, che è in aumento, riguarda soprattutto i giovani e gli anziani e su entrambi i fronti vi sono più donne in stato di povertà. Il dato è ovviamente molto negativo e deve essere affrontato, come dicevo, anche a livello europeo. Da parte nostra, proponiamo da tempo il riconoscimento del lavoro di cura, considerando che le donne sono state particolarmente penalizzate dalla legge Fornero che non ha tenuto conto del ruolo da loro svolto nel lavoro di cura, in particolare nei confronti delle persone anziane, che supplisce alle carenze del sistema del welfare. Dunque – conclude Turati – è necessario che venga esteso e potenziato, in tutte le gestioni previdenziali, il riconoscimento delle contribuzioni figurative per i periodi di congedo parentale e per i periodi in cui le donne (ma anche gli uomini) si dedicano al lavoro di cura e di assistenza di familiari disabili gravi».

A livello provinciale, è Treviso il territorio con la percentuale più alta di pensionate che guadagnano meno di mille euro lorde al mese (52,8 per cento), mentre a Rovigo e Belluno la quota scende al 48 per cento. A Venezia c’è la percentuale più alta di pensionate con meno di 500 euro al mese (11,6 per cento).

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