Unioncamere: crolla la produzione industriale in Veneto, crisi epocale senza precedenti
Venezia, 20 maggio 2020 | L’emergenza Covid-19 sta rappresentando uno shock violento per l’economia mondiale, con conseguenze socioeconomiche molto gravi. Nonostante la risposta politica rapida e integrata tanto a livello dell'UE quanto a livello nazionale, quest'anno l'economia italiana subirà una recessione senza precedenti e la ripartenza è incerta. Nel primo trimestre 2020, sulla base dell’indagine VenetoCongiuntura, la produzione industriale ha registrato un crollo del -7,6% sull’analogo periodo dell’anno precedente. L’indicatore in questi ultimi anni aveva evidenziato un graduale indebolimento (+1,3% in media d’anno 2019, +3,2% nel 2018), ma la pandemia di Covid-19 ha avuto un violento impatto per il comparto manifatturiero regionale.
L’analisi congiunturale sull’industria manifatturiera di Unioncamere del Veneto è stata effettuata su un campione di quasi 2.000 imprese con almeno 10 addetti, a cui fanno riferimento oltre 74.000 addetti (www.venetocongiuntura.it). Sono informazioni preziose che misurano lo stato delle imprese in un momento particolare di crisi e incorporano inevitabilmente l’incertezza degli indicatori misurati per le specifiche difficoltà di raccogliere informazioni in un periodo unico in cui molte attività manifatturiere erano sospese.
Fino a febbraio l’impatto delle misure di contenimento del virus risultava essere ancora limitato sull’industria, sebbene a fine febbraio un’azienda su cinque dichiarava di essere già stata interessata dal blocco delle attività in Cina e/o nel Sud-Est asiatico per effetto del Covid-19 e il 60% delle imprese era già stato interessato da una riduzione della produzione. A marzo la situazione è rapidamente peggiorata determinando uno shock per tutta l’economia regionale.
«Nel trimestre gennaio-marzo 2020, %) – sottolinea Mario Pozza, presidente di Unioncamere del Veneto – a seguito dell’emergenza Covid-19, il 72,6% delle imprese manifatturiere del Veneto ha dichiarato di aver sospeso la propria attività: un 63% in base alle disposizioni governative, un 9% per scelta. Solo il 27,4% invece ha dichiarato di non essere stato interessato dalla sospensione delle attività: oltre 1 su 3 di queste imprese ha potuto tenere aperto grazie al meccanismo della deroga agli obblighi di sospensione (in particolare per il comparto carta e stampa e i macchinari industriali). Se distinguiamo quindi nel campione le imprese sospese e non dalle diverse ordinanze con obbligo di chiusura, si evidenzia come il crollo della produzione per le attività sospese sia stato di ben il -11,9%, mentre per quelle che hanno potuto continuare a lavorare la produzione sia rimasta stabile (-0,1)».
Guardando all’insieme delle imprese manifatturiere intervistate, sotto il profilo dimensionale le imprese di piccole dimensioni (10-49 addetti) hanno sofferto di più segnando una contrazione della produzione del -9,4%, mentre per le medie e grandi imprese (50 addetti e più) la flessione tendenziale è risultata del -5,9%. Osservando la tipologia di bene la diminuzione è determinata soprattutto dalle imprese che producono beni intermedi (-9,5%) e di investimenti (-8,3%), più contenuta è stata la decrescita per le aziende che producono beni di consumo (-5,5%).
A livello settoriale i comparti che hanno registrato il crollo della produzione più marcato sono per ovvi motivi quelli colpiti dall’obbligo della sospensione, ai sensi dei provvedimenti normativi succedutisi dal 24 febbraio 2020 in poi. La contrazione peggiore, oltre il 10%, si è registrata per i mezzi di trasporto (-16,9%), il legno e mobile (-13,8%), il sistema moda (-11,3%) e il marmo, vetro, ceramica e altri minerali (-10,4%). Flessione meno marcata per metalli e prodotti in metallo (-9,3%), macchine elettriche (-7,8%) e meccaniche (-7%). Più tenue la caduta produttiva nei settori meno colpiti dall’emergenza sanitaria: gomma e plastica (-4,4%), carta stampa ed editoria (-1,3%) ed alimentare e bevande (-1%). Stabile il comparto delle “altre imprese manifatturiere” (+0,3%), grazie alla chimico-farmaceutica.
“Il quadro delineato – spiega Pozza - dai dati descrive una situazione gravissima che farà sentire i suoi effetti in modo ancora più pesante nei prossimi mesi. Con il crollo della produzione si è bloccata l’industria del Veneto, ovvero la locomotiva del Paese. Il timore è che questi indicatori descrivano solo la prima fase di una congiuntura negativa e che i prossimi mesi ci riveleranno una situazione ancora più difficile. Il fatto che non tutte le attività abbiano riaperto in questi giorni è un segnale di una difficoltà enorme da parte di ristoratori, imprenditori e operatori a rimettere in moto il motore delle proprie imprese”.
Il Presidente Pozza ha concluso il suo intervento con una riflessione sulle misure intraprese per la fase 2 e sulle priorità per le imprese: “non basta una serie di decreti con contributi a pioggia per far ripartire la situazione soprattutto se chi li realizza ha come modello la decrescita felice. È la visione di fondo che non funziona e che rischia di avere impatto zero. Non è solo una questione di risorse, ma anche di coinvolgimento di forze e soggetti che possono dare un contributo fondamentale. Per esempio sull’internazionalizzazione le Camere di Commercio possono mettere a disposizione la capillarità sul territorio e la presenza all’estero per aiutare le piccole medie imprese. E, infine, se la forza del virus sta calando c’è un altro virus che rischia di frenare la ripresa: la burocrazia. È necessario un intervento shock per semplificare procedure e adempimenti e permettere agli imprenditori di lavorare”
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Gli altri indicatori regionali
Fatturato
Il fatturato totale ha evidenziato una drastica diminuzione del -7,5% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno. Se distinguiamo le imprese manifatturiere obbligate e non a sospendere l’attiva rileviamo che nei primi tre mesi del 2020 quelle chiuse hanno registrato una forte contrazione del fatturato del -11,1%, mentre quelle rimaste aperte solo del -1,1%.
Complessivamente, a livello dimensionale la dinamica è determinata sia dalle piccole imprese (-8,4%) che dalle medie e grandi (-6,6%). Emergono le contrazioni di fatturato delle aziende del legno e mobile (-13,2%), dei mezzi di trasporto (-13%), del sistema moda (-9,9%) e dei metalli e prodotti in metalli (-9,1%), mentre segna una flessione meno marcata l’alimentare e bevande (-1,8%). La difficile dinamica del fatturato è ascrivibile sia alla forte contrazione delle vendite interne (-8,6%) che di quelle estere (-5,1%). Il fatturato è crollato per i mezzi di trasporto (-15,7% quello interno, -10,9% quello estero), il legno e mobile (-13,7% interno, -11,5% estero) e per i metalli e prodotti in metallo (-11,1% interno, mentre si indebolisce in misura minore quello estero -2,7%) e del tessile abbigliamento e calzature (-9,3% interno, -11,6% estero). Solo il comparto alimentare, pur con una contrazione del fatturato del -3,7% nel mercato interno, registra una discreta crescita del fatturato estero nei primi mesi del 2020 (+8,4%). Eccezionale il dato delle “altre imprese manifatturiere” (in particolare chimico-farmaceutica) con una contrazione del fatturato interno del -9,4% ma una crescita di quello estero di ben il +25%.
Ordinativi
La domanda più bassa, a causa delle difficoltà logistiche e del parziale blocco delle attività nei principali mercati commerciali, ha determinato la cancellazione degli ordini e il blocco delle filiere internazionali. Nel periodo gennaio-marzo 2020 gli ordinativi totali hanno segnato una performance negativa pari a -7,3% determinata a livello dimensionale dall’andamento delle piccole imprese (-9,6%) mentre le medie-grandi segnano un decremento più debole (-5,2%). Sotto il profilo settoriale balzano le contrazioni dei mezzi di trasporto (-17,6%), del sistema moda (-11,8%), del legno e mobile (-10,8%) e della carta e stampa (-10,1). Stabili invece gli ordini totali del settore alimentare e bevande (-0,1%).
Gli ordinativi provenienti dal mercato interno hanno evidenziato un decremento del -8% determinato dal blocco della domanda sia per le piccole imprese (-9,4%) che per le medio-grandi (-6,1%). A livello settoriale preoccupano le dinamiche dei settori mezzi di trasporto (-14,9%), legno e mobile (-11,1%), carta, stampa ed editoria (-10,8%) e sistema moda (-10,1%), minore contrazione per marmo, vetro, ceramica (-2,9%) e alimentare e bevande (-1,6%).
Performance negativa anche per gli ordinativi esteri che registrano un -5,7%. Peggiore la contrazione per le piccole imprese con una variazione del -10,6% rispetto alla situazione delle medie e grandi imprese (-4,2%). Tra le variazioni peggiori si evidenziano il comparto dei mezzi di trasporto (-19,7%), del sistema moda (-16,9%) e del legno e mobile (-9,9%). Si sottolinea la variazione positiva degli ordini esteri per il comparto alimentare e bevande (+7,8%), macchine elettriche ed elettroniche (+1,8%) e la stabilità dei metalli e prodotti in metallo (+0,1%).
Se distinguiamo le imprese manifatturiere obbligate a sospendere l’attiva e non rileviamo che nei primi tre mesi del 2020 quelle chiuse hanno registrato una contrazione degli ordini totali del -10,5%, mentre quelle rimaste aperte del -1,8%.
Previsioni
Sia gli imprenditori che hanno dovuto sospendere l’attività che quelli che hanno continuato a lavorare rimangono pessimisti sul futuro. Nei primi tre mesi del 2020 le prospettive degli imprenditori per i successivi tre mesi sono incerte e legate all’evoluzione della crisi sanitaria. Per la produzione, il saldo tra coloro che prevedono un incremento e coloro che si attendono una diminuzione è risultato negativo per ben -51 punti percentuali, un record di sfiducia storico mai raggiunto prima. Anche per gli ordini interni e il fatturato il saldo ha registrato valori negativi in fortissimo peggioramento rispetto ai trimestri precedenti (oltre -50 p.p.). Solo per gli ordini esteri c’è un leggero minor pessimismo, comunque preoccupante per la ripartenza (-43%). Ci si attende che la fine del lockdown, a partire dal 4 maggio, non porterà a un veloce recupero perché le famiglie continueranno a essere prudenti o a cambiare i comportamenti d’acquisto, le imprese dovranno smaltire le scorte che si sono accumulate negli ultimi mesi mentre la domanda estera risentirà della contrazione dell’attività che ha colpito tutta l’Europa.
Focus: Covid-19 e l’impatto economico sulle imprese manifatturiere
Unioncamere del Veneto ha sottoposto il focus sull’impatto economico dell’epidemia da Covid-19 alle imprese manifatturiere con lo scopo di misurare le ripercussioni di questo delicato momento storico sul tessuto imprenditoriale regionale. Le imprese più penalizzate dal lockdown sono state quelle di piccole dimensioni (10-49 addetti): il 74% ha chiuso, e quelle dei beni di investimento: il 73,4% è stato obbligato a interrompere l’attività. I settori più colpiti dalla chiusura, come da disposizioni dei diversi Dpcm e ordinanze, sono stati il legno e mobile (93%), il marmo, vetro, ceramica (91,6%), il sistema moda (89,2%), i mezzi di trasporto (81,9%). I comparti meno compromessi la carta e stampa (25,6%) e la gomma e plastica (46,5%). L’industria alimentare, come ovvio attendersi, ha meno risentito del blocco delle attività (24%), per quanto la metà delle sospese abbia dichiarato la chiusura per scelta.
Orizzonte temporale di recupero del fatturato
I risultati raccolti confermano la difficoltà e l’incertezza: il 79% delle imprese industriali del Veneto ritiene che difficilmente le eventuali perdite di fatturato generate dall’emergenza Covid-19 potranno essere recuperate entro l’anno, il 14,9% pensa di riuscire a recuperarle entro il 2020 e solo l’1,5% entro il terzo trimestre 2020. Le imprese più pessimiste sul recupero delle perdite di fatturato appartengono per ovvi motivi alle attività dei settori colpiti dalla sospensione così come definito nei provvedimenti normativi succedutisi dal 24 febbraio 2020 in poi: legno e mobile, sistema moda, mezzi di trasporto, marmo vetro e ceramica. Un confortante, seppur ristretto, 4,6% delle imprese sostiene di non aver subito perdite: sono principalmente imprese dei beni di consumo e legate al settore alimentare-bevande, il meno compromesso dall’emergenza sanitaria.
Approvvigionamenti e vendite
Il 60% delle imprese manifatturiere del Veneto con oltre 10 addetti nel periodo gennaio-marzo 2020 ha modificato la propria modalità di approvvigionamento. Per quanto riguarda la tipologia di impresa sono soprattutto le imprese più strutturate e di beni di investimento che hanno cambiato le modalità di approvvigionamento e guardando ai settori le industrie dei macchinari meccanici ed elettronici. Solo il 19,5% delle imprese industriali venete ha modificato la produzione (convertito in altra produzione), ma il fenomeno ha interessato in particolar modo il settore tessile-abbigliamento-calzature dove oltre un terzo (37,5%) delle imprese ha modificato la produzione (si pensi alla riconversione temporanea per produzione di mascherine, camici ospedalieri, dispositivi di protezione, ecc.). Il 55,8% delle imprese ha modificato le modalità di distribuzione/vendita in particolare sono aziende dei beni di consumo e del settore alimentare-bevande, legno e mobile, marmo-vetro e gomma-plastica.
Occupazione
Per quanto riguarda l’occupazione, nel periodo gennaio-marzo 2020, l’84,1% delle imprese industriali venete è ricorso a qualche forma di provvedimento occupazionale per la gestione delle maestranze, in particolar modo nelle imprese di più grandi dimensioni. Sono in particolare le imprese del legno e mobile e del sistema moda, della produzione di metalli e prodotti in metallo e delle macchine e apparecchiature elettriche e meccaniche. Per fronteggiare il momento di difficoltà le imprese hanno fatto ampio ricorso alla cassa integrazione: vi ha fatto ricorso il 73,9% delle imprese intervistate (soprattutto del comparto moda e del legno e mobile) interessando potenzialmente il 49% dei loro addetti (il “potenzialmente” è d'obbligo tenuto conto della differenza che esiste sempre tra richiesta di CIG e tiraggio). Dove è stato possibile invece si è utilizzato lo smart working (41,3%), in particolare per i lavoratori delle macchine e apparecchiature meccaniche ed elettroniche e dei mezzi di trasporto, e la riduzione temporanea della manodopera (24,6%) coinvolgendo in particolar modo i lavoratori dei mezzi di trasporto, dell’alimentare e bevande, della gomma e plastica, e del marmo, vetro e ceramica. Esiguo il numero di occupati messi in part-time o in altre forme di provvedimento.
Situazione finanziaria
Se si guarda alla situazione finanziaria delle imprese c’è assoluta incertezza sul futuro. A seguito della diffusione della pandemia, il fattore di rischio che ha inciso o presumibilmente inciderà in misura maggiore sarà l’aumento dei ritardi dei pagamenti dei clienti (al primo posto come fattore preoccupante per il 63,1% delle imprese), conseguenti alla sospensione o annullamento degli ordini, il calo dei consumi, il blocco delle consegne e anche ai diversi comportamenti di acquisto. Una preoccupazione sentita soprattutto per le imprese più piccole (10-49 addetti) e della produzione metalli e prodotti in metallo, macchine ed apparecchi meccanici, moda, legno e mobile. Altro grave fattore di rischio è la difficoltà nel sostenere le spese correnti (es. pagamenti dei dipendenti e dei fornitori), sui cui incideranno per ovvi motivi i mancati profitti, l’aumento dei costi delle materie prime, maggiori costi per fronteggiare il virus e mettere gli ambienti lavorativi in sicurezza (sanificazione), e molte altre complicazioni e difficoltà. La difficoltà nel sostenere le spese correnti è il primo fattore di rischio per il 20,8% delle imprese e il secondo per oltre la metà delle imprese (54,6%). Preoccupazioni, seppur inferiori, anche sul fronte delle difficoltà nel rimborso dei finanziamenti (al terzo posto tra i fattori di rischio per il 30,4% delle imprese) e di accesso al credito (al terzo posto per il 27,1% delle imprese). Ridotta la preoccupazione per la richiesta di rimborso anticipato da parte delle banche.
Politiche di sostegno
Timori per la ripartenza riguardano anche le politiche di sostegno. Tra quelle ritenute essere maggiormente adeguate a contenere gli effetti della pandemia sull'economia si evidenziano le politiche per facilitare l’accesso al credito (ad es. Fondo di garanzia), un terzo delle imprese (32,8%) le ritiene al primo posto tra le politiche per contenere gli effetti della pandemia sull’economia. L’accesso al credito è fondamentale per le imprese di piccole dimensioni e del comparto dei metalli, del TAC; delle apparecchiature meccaniche e del legno mobile. Un quarto delle imprese ritiene prioritario anche il rinvio delle scadenze fiscali e altri pagamenti (24,3%) e un altro quarto il potenziamento della Cassa integrazione (22,1%). Fondamentali come politiche di sostegno sono anche la moratoria o il rinvio delle scadenze sui mutui esteso anche alla quota interessi (7,6%) e il credito di imposta sugli investimenti (6,2%). Minor importanza per gli incentivi per l’accesso ai fondi europei e per il lavoro a distanza. Solo il 2,2% delle imprese mettono come prevalente che nessuna politica sarà necessaria/utile per fronteggiare questa emergenza.
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