Vicenzaoro, la sede rinnova il look: «Per il quartiere investimenti per 60 milioni»

Nel 2024 Vicenza celebra 70 anni di manifestazioni orafe. E lo fa riqualificando e ampliando il quartiere fieristico che ospita Vicenzaoro con un investimento da oltre 60 milioni di euro di Italian Exhibition Group (IEG).
Dal 2016 il direttore della divisione gioiello di IEG è Marco Carniello, manager friulano di Udine, che ha attraversato la stagione della fusione delle fiere di Vicenza e Rimini, la crescita e quotazione in borsa della nuova società, il cigno nero del Covid, l’avvio di JGT Dubai e SIJE Singapore in partnership con Informa.

Cosa cambierà nella sede della Fiera di Vicenza?
«È un progetto previsto dal piano quinquennale di IEG, che era stato rinviato a causa del Covid. I padiglioni 2 e 5 saranno rifatti, abbattendo la storica struttura a chiocciola su cinque piani. Gli spazi espositivi aumenteranno del 20%, la nuova area su due piani sarà più funzionale e luminosa, il salone TGold dei macchinari orafi tornerà nel quartiere fieristico. I lavori inizieranno a febbraio 2024 subito dopo Vicenzaoro Winter e saranno terminati a gennaio 2026. Nel frattempo manteniamo tutte le manifestazioni previste».
In prospettiva c’è anche il miglioramento dei collegamenti logistici?
«Sì. Ma in corso d’opera si è deciso di scorporare, e per questo motivo dovrà essere ridefinita e finanziata, la parte riguardante il collegamento con la futura fermata dell’Alta Velocità ferroviaria, prevista nei pressi della Fiera».
Come arriva Vicenzaoro al 2024?
«Siamo tra le tre top fiere B2B di settore al mondo assieme a quelle di Las Vegas e Hong Kong come numero di espositori e di visitatori. Ma al di là delle dimensioni, siamo l’evento di riferimento globale che definisce i trend e l’innovazione nella gioielleria».
Come stanno evolvendo le fiere internazionali?
«Si stanno regionalizzando nei continenti. Quindi Las Vegas per le Americhe, Hong Kong per il Far East asiatico, Vicenzaoro per l’Europa e il Nord Africa. Ci distingue la profonda offerta di Made in Italy, che per noi è un valore posizionante in termini di marketing: il 65% dei nostri espositori sono italiani. Riusciamo quindi ad attirare buyer di fascia alta da tutto il mondo».
La regionalizzazione delle fiere non rende più difficile far venire in Italia i buyer americani ed asiatici?
«No, finché manteniamo la differenziazione sul Made in Italy. Attiriamo operatori del retail da tutto il mondo. Ma anche le grandi maison internazionali del gioiello vengono a Vicenzaoro come acquirenti di pietre preziose e per trovare partner produttivi di alto livello in Italia. Anche nel distretto di Vicenza».
Come è andata Vicenzaoro negli ultimi anni?
«Nel 2023 abbiamo fatto i migliori risultati nella nostra storia come espositori e visitatori. Stiamo consolidandoci, e paradossalmente in questi anni il Covid ci ha fatto accelerare».
In che senso?
«Nel 2020 e 2021, quando tutte le fiere erano sospese, siamo riusciti a fare le edizioni in presenza di settembre di Vicenzaoro, cambiando modelli organizzativi e allestitivi in grande rapidità. Questo ci ha permesso di portare a Vicenza migliaia di buyer esteri che prima non venivano, acquisendo così nuovi operatori. Inoltre, nel 2020 e 2021 la gioielleria ha continuato a vendere con liquidità privata risparmiata rispetto ad altre spese che si erano invece contratte».
Continua il successo del gioiello Made in Italy?
«Dal 2019 l’export è cresciuto del 57%. Aiuta anche il reshoring in Italia di produzioni di molte grandi maison europee, come per esempio Bulgari e Cartier, che hanno accorciato le filiere globali di fornitura. E quindi le loro vendite internazionali di prodotti realizzati in Italia contribuiscono a incrementare l’export nazionale».
Qual è la forza dell’Italia in questo settore?
«In termini di design, creatività, innovazione e tecnologie, l’Italia rimane il riferimento mondiale. In ambito macchinari, per esempio, TGold è la prima manifestazione al mondo, con la predominanza degli espositori italiani».
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