Visentin, Federmeccanica: «Sì alla Confindustria del Nordest»

VICENZA. «Bene le aggregazioni interregionali, c'è differenza tra rappresentanza e servizi e le territoriali dovrebbero preoccuparsi soprattutto di quest’ultimo aspetto». Così il presidente di Federmeccanica Federico Visentin, a capo della Mevis di Vicenza. Una figura che conosce bene il tema delle fusioni in seno a Confindustria. È stato proprio lui ad accompagnare dal principio la creazione di Niuko, figlia dell'integrazione, oramai fallita, tra la società di formazione di Confindustria Vicenza Risorse in Crescita (di cui era presidente) e l'omologa padovana Fòrema.
Da imprenditore e protagonista della vita confindustriale come vede l'annuncio dell'aggregazione tra Confindustria Veneto e Friuli Venezia Giulia?
«Capisco molto bene il valore e la complessità della sfida delle aggregazioni. Si tratta di strategie che ritengo necessarie per la crescita dimensionale delle imprese del Nordest come pure per recuperare competitività in un mondo sempre più globale. Mevis è protagonista proprio ora di un processo entusiasmante ed impegnativo come questo, e ci confrontiamo spesso su questi stessi temi con gli imprenditori e manager nostri ospiti nei percorsi formativi del Cuoa, di cui sono presidente. Piccolo è bello è uno slogan di un passato che non può più tornare. Mi piace molto l'idea di una Confindustria sovraregionale come quella pensata dai presidenti Carraro e Bono».
Perché?
«È un progetto che si basa su un sistema di imprese omogeneo, che ha esperienze ed esigenze molto simili fra loro. Un progetto che è stato definito giustamente inclusivo e che potrebbe benissimo vedere la presenza anche la Confindustria dell'Emilia Romagna, una struttura che ha dimostrato tuttavia di sapere fare rappresentanza molto bene e forse meglio del Veneto e del Friuli Venezia Giulia».
Le fusioni possono garantire sempre maggiore efficienza ed economie di scala?
«Confindustria non è propriamente un'azienda e risponde a logiche ben precise, in parte molto simili ma in parte anche molto diverse da quelle di un'impresa».
In che senso?
«La nostra associazione risponde a due esigenze: quella di fornire servizi principalmente per le imprese piccole e medie che non sono sufficientemente strutturate per potere gestire alcune funzioni in piena autonomia e quella di essere strumento di rappresentanza delle istanze delle imprese presso gli stakeholder locali nazionali e ed europei».
Quest'ultimo è proprio uno degli scopi dichiarati della Confindustria del Nordest. È un obiettivo che va nella direzione giusta?
«Certo. La riforma Pesenti pone la questione della omogeneità dei territori e della capacità di fare rappresentanza. Una Confindustria del Nordest unirebbe territori con caratteristiche molto simili e potrebbe fare molto bene proprio in chiave di rappresentanza».
E tuttavia quella delle aggregazioni sembra una parola d'ordine che muove non poche territoriali verso integrazioni sempre più vaste, sia in Friuli Venezia Giulia che in Veneto. Cosa ne pensa?
«Penso che il limite della politica delle aggregazioni stia negli obiettivi: se ci si mette insieme, come farebbe un'azienda, per accresce il valore aggiunto della propria presenza sul territorio migliorando servizi e professionalità, allora si centra l'obiettivo. Con l'operazione di Niuko lo avevamo fatto ed è stato un peccato che si sia preferito tornare indietro. Se invece si pensa di crescere dimensionalmente per scalare un ranking della rappresentanza si rischia di fare un errore. Il compito delle territoriali è quello di garantire servizi di qualità alle imprese e portarne le istante nelle sedi opportune a Roma come altrove. Diversa è la questione per strutture sovraregionali come sarebbe una Confidustria del Nordest: in questo caso la capacità di intervenire su temi strategici ha un senso diverso e un respiro geografico, politico e industriale adeguato alla sfida».
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