Una rottura senza precedenti della storica relazione atlantica
Quella in corso negli Usa non è una “normale” alternanza di governo tra forze che condividono i medesimi valori: è una vera e propria frattura culturale

Abbandonata dall’America di Trump, l’Ucraina sembra andare verso un destino ineluttabile. Il radicale mutamento delle posizioni della Casa Bianca, che cancella la politica di Biden, ha come obiettivo un rapido accordo con Putin, fondato sul riconoscimento delle conquiste territoriali russe e l’imposizione all’ormai sgradito alleato di “spese di riparazione” garantite dalle preziose terre rare ucraine.
Un capovolgimento della scena che ora assume anche il volto degli attacchi personali a Zelensky, definito dall’incontenibile tycoon tornato al potere, «dittatore mai eletto e comico mediocre», concetto subito rilanciato dal sodale Musk.
Semmai qualcuno non avesse capito, Washington ha anche lanciato un altro segnale eloquente, decidendo di non votare la risoluzione Onu che ribadisce l’integrità territoriale del Paese e condanna l’aggressione russa. Espressione sgradita a Mosca, che incassa anche il no Usa a un simile documento del G7.
Nel frattempo i negoziati tra Washington e Mosca avviati in Arabia Saudita proseguono speditamente, e senza presenza ucraina. Americani e russi lavorano a un vertice Trump-Putin destinato a siglare l’intesa, che le rimostranze di Kiev non possono fermare, come conferma anche l’incontro a Kiev tra l’inviato Usa Kellog e Zelensky, finito male.
Insomma, il cerchio si chiude sull’Ucraina, che non ha alcuna possibilità di opporsi alla volontà americana, né alla forza russa. Né, può sperare nelle garanzie all’Europa, inesistenti senza l’appoggio Usa.
L’assenza di una difesa comune non consente alla Ue di esercitare un vero ruolo militare, tanto meno in una missione peace keeping, sgradita alla Russia. Al più, dopo aver incassato il niet del Cremlino a Kiev nella Nato, la Ue potrà accettare tra i suoi membri l’Ucraina, ovviamente accollandosi i mostruosi oneri della sua ricostruzione.
Insomma, la devastante mossa americana, fondata sull’idea di staccare la Russia dalla Cina, considerato il vero competitore strategico dagli Usa, mette a nudo la pochezza di un’Europa sin qui cullatasi sull’idea che le storiche relazioni transatlantiche l’avrebbero messa al riparo da ogni sorpresa. Non è andata cosi.
Oltretutto, quella in corso negli Usa non è una “normale” alternanza di governo tra forze che condividono i medesimi valori: è una vera e propria frattura culturale, esito della lunga guerra interna tra due Americhe contrapposte. Esacerbata dalla novità che il sovranismo trumpista si è saldato con il tecnocapitalismo di Musk e degli altri signori del digitale, e guarda al mondo in un ottica imperiale in cui contano solo potenza e affari.
In questa concezione della politica fondata sulla forza, delle armi e del denaro, non c’è posto né per l’Ucraina, ritenuta zona d’interesse russa, né per l’Europa, considerata un’entità “parassitaria” prosperata sull’aiuto militare e il disavanzo commerciale a stelle e strisce.
Siamo di fronte a una rottura senza precedenti della storica relazione atlantica e del multilateralismo che ha ispirato il canone occidentale dal secondo dopoguerra a oggi.
In questo tempestoso mare globale l’Europa ha poche carte da giocare, almeno a breve: può soltanto cercare, se non viene totalmente paralizzata dalle quinte colonne trumpiane, di sottrarsi alla logica di potenza dei grandi imperi, dalla quale non può uscire che piegata.
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