Dal medico siamo troppo impazienti
Episodi, più o meno motivati, di insofferenza, non sono auspicabili e quasi mai conducono a risultati vantaggiosi

La coppia pazienza-impazienza, dove ormai la pazienza cede il posto all’impazienza, è entrata nella vita quotidiana di ciascuno di noi. La pazienza dovrebbe essere una virtù da praticare in ogni momento, da mettere al centro di qualunque esperienza educativa, mentre viene quasi sempre relegata in un comportamento senile caratterizzato dalla stanchezza e dalla mancanza di vigore esistenziale. Invece, l’impazienza è diventata un tratto che appartiene agli anni della giovinezza e al mantenimento della voglia di vivere allargando i propri orizzonti.
Questa impazienza di bruciare i tempi per realizzare se stessi in fretta, senza perdere le opportunità che si presentano, difficilmente è rappresentabile come una virtù, se solo consideriamo quale nutrimento riceve dall’ansia crescente di fare in fretta perché il tempo scorre veloce e le occasioni sono poche e bisogna coglierle al volo.
Ansia e impazienza, oggi dominanti, fanno sì che i nostri desideri diventino appunto frettolosi, cioè che in ciascuno prevalga la fretta. Le opportunità esigono rapidità di decisione: se stai troppo a pensarci, se cerchi di trasformare l’ansia in una riflessione paziente, rischi che un altro ti preceda e che l’opportunità svanisca. Questa è la società in cui ormai abitiamo: niente di nuovo nella contesa che ho appena evocato, anzi l’impressione è che stiamo andando complessivamente verso il peggio.
Ma entriamo, per capirci, in uno scenario più preciso, dove la parola pazienza viene investita di una specificità molto determinata, cioè lo scenario medico. Dentro tale scenario, che tutti conosciamo direttamente, ciascuno diventa un “paziente”: paziente perché patisce di una qualche malattia, ma anche e soprattutto perché dovrà accettare di conformarsi a una situazione che richiede attesa e disponibilità nei confronti dell’istituzione medica.
Episodi, più o meno motivati, di insofferenza e impazienza, non sono auspicabili e quasi mai conducono a risultati vantaggiosi, come se il paziente non possa sottrarsi a una situazione che non gli lascia scampo: è bloccato in tale dipendenza – e qui la pazienza deve essere necessariamente esercitata – che corrisponde a qualcosa di obbligato, a cui nessuno può sottrarsi se non vuole fare del male a se stesso.
Il paziente deve restare qualcuno che sopporta in vista di un vantaggio: qui insomma la pazienza è una sorta di virtù obbligata. Occorre allora fare un salto da questo ruolo di paziente, che tutti conosciamo, a un esercizio della pazienza libero da obblighi e che sarebbe necessario in ogni situazione per non restare ingabbiati nella fretta.
Ma l’esempio sanitario ci permette un’altra riflessione, un po’ meno ovvia, che riguarda il medico, certo non tutti i medici. È una tendenza che ormai è evidente, e cioè un’impazienza che sta generalizzandosi nel corpo attuale della medicina, soprattutto ovviamente nella sanità pubblica.
La tendenza a cui mi riferisco è un fatto che ognuno può constatare a proprio svantaggio: la pazienza ha smesso di rappresentare quel tratto virtuoso che dovrebbe appartenere alla medicina e dunque ai medici. Dispongono di un tempo sempre più ridotto da dedicare ai loro “pazienti” (o supposti tali), a volte si limitano a passare accanto al letto dove sta il malato senza pronunciarsi, perché i malati sono tanti e il tempo è quello che è. Cito questa situazione, che quasi tutti conosciamo, per sottolineare un paradossale rovesciamento: neppure il medico, tranne rare occasioni, pratica la pazienza, ovvero un’attenzione “paziente” al paziente che si trova davanti.
Traggo, da questa rapida incursione nelle pratiche della medicina, la conferma che la pazienza non è più di casa in nessun luogo della società attuale perché, soprattutto, manca il tempo per esercitarla e, alla fine, decade dalla caratterizzazione di virtù all’idea di qualcosa che impedisce il procedere e il risultato delle pratiche, e non solo di quelle mediche che ho qui rapidamente esemplificato.
Certo, anche nel mondo medico troviamo eccezioni, e se ci imbattiamo in un comportamento positivo, in cui prevale la pazienza, può darsi che ce lo ricordiamo per tutta la vita. Ciascuno di noi dovrebbe sforzarsi di esercitare la pazienza verso coloro che ci prestano ascolto e ci chiedono qualcosa, anche se questo atteggiamento diventa ogni giorno più difficile e raro. —
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