Lezione di umiltà agli Usa che l’Europa deve sfruttare

La giovane epopea di DeepSeek può essere la prova che non ci vuole una disponibilità di risorse in apparenza impossibili per avere voce in capitolo nel nuovo mondo digitale

Marco ZatterinMarco Zatterin
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump
Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump

La zavorra europea si chiama pessimismo. Se i leader europei si concedessero una rapida, sana e seria sessione collettiva di autocoscienza sul rapporto fra l’economia continentale e la rivoluzione tecnologica guidata dall’intelligenza artificiale (AI), potrebbero scoprire che le cose per noi non vanno così male e che il futuro può anche non far paura, anzi.

La giovane epopea di DeepSeek, che ha tutte le ragioni di essere soppesata e verificata con cura soprattutto per l’attendibilità, può essere la prova che non ci vuole una disponibilità di risorse in apparenza impossibili (per l’Europa) per avere voce in capitolo nel nuovo mondo digitale. Perché, se è vero che Trump promette di iniettare sino a 500 miliardi di dollari per raccogliere i dati, gestirli, digerirli e distribuirli alla velocità della luce, è anche vero che ne bastano molti meno per varare una chatbot competitiva. Si può decollare con un decimo di questa cifra. Il che basta a dire che l’Europa farebbe un grave errore a considerarsi fuori dalla grande competizione dell’AI.

I cinesi dimostrano che la barriera di ingresso non è insormontabile come ci hanno raccontato sinora. Vedere gli americani, che hanno cominciato prima e con capitali ingenti, schiumare per la sfida dell’ex celeste impero può paradossalmente essere un incoraggiamento. L’AI è uno dei punti centrali sia del rapporto Draghi sulla competitività europea che è l’ago della “Bussola” per orientare i Ventisette che la Commissione varerà oggi.

Nel documento, curato dall’ex numero uno della Bce, si afferma che l’Ue non deve perdere tempo e investire in poli di eccellenza in grado di integrare innovazione tecnologica, ricerca scientifica e competitività economica, con l’obiettivo di contrastare il predominio delle potenze tecnologiche e divenire attore di riferimento nel panorama globale dell’AI.

Allo stesso tempo, si sottolinea che l’Europa ha le carte in regola per essere un leader mondiale nell’AI, ma solo se sarà in grado di costruire alleanze strategiche, sostenere l’innovazione e, soprattutto, garantire una regolamentazione etica che preservi la centralità dell’essere umano in un contesto tecnologico sempre più complesso.

Il punto è questo. Sinora l’Unione si è occupata delle regole per garantire (giustamente) i cittadini e assicurare la trasparenza del mercato dei dati. Il programma Horizon ha stanziato per il periodo 2021/2027 95 miliardi di euro per l’innovazione, dei quali 1,5 sono mirati diritto all’AI. Con Digital Europe ne ha messi sul fuoco altri 7,5 per lo stesso periodo, mentre Invest Eu ne ha proposti in dote 26,8.

La benzina per partire. Bisognerebbe scaldarla con un vero mercato dei capitali (presente nella “Bussola per la competitività”) e nella cura della frammentazione delle iniziative degli Stati membri che, al solito, pensano anzitutto a sé stessi, salvo poi dire che è colpa dell’Europa se va male.

Occorre trovare un modo per convogliare il risparmio nell’innovazione, dalle startup alle iniziative congiunte dei grandi gruppi. Siamo in ritardo, è vero: fra il 2015 e il 2022 le aziende europee hanno investito 770 miliardi l’anno in meno delle rivali a stelle e strisce. Se si vuole, si possono trovare tanti alibi per proclamare la sconfitta. Ma dire ora che è una missione senza speranza vuol dire negare il potenziale dei nostri talenti.

Il vero problema, semmai, è un altro. Da tempo gli analisti temono che quella tech sia una bolla destinata a esplodere. Gli investimenti in AI hanno fatto guadagnare miliardi a chi vende i microchip, tuttavia non è detto che la spesa alla fine renda. L’incidente Deepseek potrebbe rompere il giocattolo. Non bene, per i mercati che amano la speculazione. Ma se l’Europa ci credesse, e identificasse i modi per attirare i capitali e convogliarli verso le imprese innovative, neanche tanto alla lunga potrebbe invertire la tendenza. Da queste parti si cresce se c’è una crisi, purtroppo. Il momento potrebbe essere quello giusto. 

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