Il senso del futuro e quel muro tra adulti e ragazzi
Gli esperti lo chiamano disagio giovanile, ma è un eufemismo: si tratta di un’autentica pandemia, come dicono i dati. Un ragazzo su due tra i 18 e i 25 anni soffre di ansia e depressione
C’è da demolire un muro: prima che ci crolli addosso. Di qua adulti sempre meno consapevoli, di là ragazzi sempre più sofferenti e insofferenti. “Ci urlano forte, e dobbiamo ascoltarli”, avverte Giulia Gialdi, psicologa del San Raffaele di Milano. Invece opponiamo loro una sordità recidiva, come segnala un dato proposto da una ricerca condotta negli istituti scolastici: sette studenti su dieci dichiarano un malessere interiore, solo un genitore su tre si accorge che il figlio ha un problema. Semmai lo nega: riversando la colpa sulla scuola, che a sua volta lo rigetta su padri e madri. Uno scaricabarile demenziale.
Gli esperti lo chiamano disagio giovanile, ma è un eufemismo: si tratta di un’autentica pandemia, come spiegano con assoluta chiarezza i numeri di un’indagine svolta dal Censis e dall’Autorità garante per infanzia e adolescenza. Un ragazzo su due tra i 18 e i 25 anni soffre di ansia e depressione. Sei su dieci hanno cambiato in peggio la loro visione del futuro. Il suicidio è la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali, 500 l’anno e 750 tentativi, in forte aumento.
Un ragazzo su cinque compie atti di autolesionismo. E ancora: il 38 per cento segnala problemi alimentari, il 63 per cento ha disturbi del sonno, il 38 per cento ha subìto atti di bullismo, il 54 per cento fa uso di sostanze, il 43 per cento beve alcolici fuori dai pasti e il 14 comincia già dai 13 anni.
C’è un Nord Est in trincea, in questa Caporetto dell’adolescenza: il 58 per cento si sente privo di un adeguato sostegno in famiglia, il 12 per cento fa un uso problematico dei social media, il 62 per cento si dichiara stressato dalla scuola, l’indice di salute mentale è in continuo ribasso specie tra le ragazze.
Non solo si tratta di fenomeni relativamente nuovi, ma sono in forte accelerazione: risultano in allarmante crescita le chiamate in causa di centri sanitari, istituti di ricovero, comunità di accoglienza; gli stessi operatori si trovano in oggettivo deficit di preparazione. Il guaio è che questi limiti si sommano a un pregresso colpevolmente trascurato malgrado le ripetute segnalazioni.
Sono i dati dello stesso ministero della Salute a certificare che le strutture di neuropsichiatria infantile e adolescenziale contano oggi in tutta Italia su 58 realtà residenziali e 53 semiresidenziali, lasciando comunque scoperte intere regioni; con 400 posti-letto complessivi a fronte di un fabbisogno di 700 (in vistosa crescita); con la ricaduta di una deleteria commistione tra i servizi per gli adulti e quelli per i minori. C’è una pesante carenza di operatori specializzati.
Manca il fondamentale coordinamento tra reti sanitarie, sociali ed educative. Tutte distorsioni che l’Autorità garante per infanzia e adolescenza segnala dal 2017, e che ha ribadito nell’ultima relazione al Parlamento, relativa al 2023. Inutilmente, come sempre.
Intanto, come registrano pressoché quotidianamente le cronache, tra i ragazzi dilagano ansia, depressione, perdita di controllo nei comportamenti e nelle emozioni, isolamento sociale, dipendenze, disturbi del comportamento alimentare, violenze, bullismo anche nella variante cyber; soprattutto una micidiale percezione costante di insicurezza e di un futuro ad alto rischio. Un autentico ergastolo dell’esistenza. Inflitto da chi li sta defraudando di un domani.
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