Dove nasce la sfiducia nella medicina
L’epidemia da Covid-19, nel 2020-21, è stata un punto di svolta, sia in quanto ha dimostrato che le nostre società, anche le più ricche e avanzate, possano trovarsi disarmate di fronte a un morbo imprevisto
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Sono molti i segnali di una crescente e diffusa tendenza a non dar credito ai medici, alle istituzioni sanitarie e alla scienza che è alla base del loro lavoro: una tendenza che può arrivare in alcuni casi a forme di fanatico cospirazionismo, che in Italia purtroppo porta anche a frequenti aggressioni contro il personale curante, ma che, al di là di queste espressioni estreme, mina in profondità tutto il rapporto tra società e medicina.
L’epidemia da Covid-19, nel 2020-21, è stata un punto di svolta, sia in quanto ha dimostrato che le nostre società, anche le più ricche e avanzate, possano trovarsi disarmate di fronte a un morbo imprevisto, sia in quanto ha favorito il nascere di movimenti di protesta contro i vaccini, accusati di rappresentare un’intromissione dello Stato nel corpo dei cittadini oltre che di favorire interessi miliardari. I grandi risultati che sono stati ottenuti, per i No Vax come per tutti i sostenitori di teorie del complotto, non contano nulla, di fronte alle presunte “verità” che sostengono con tetragona sicurezza. Ora a favorirli ci sono precise scelte politiche: come la decisione del governo di annullare le multe a chi si era rifiutato di vaccinarsi, o quella del presidente eletto Usa di affidare il ministero della Sanità a un personaggio, Robert Kennedy jr., non solo contrario ai vaccini ma che sostiene diverse teorie bislacche, per esempio quella secondo cui il virus del Covid sarebbe stato programmato per colpire alcuni gruppi etnici e risparmiarne altri.
La medicina è una scienza: questo significa che non proclama dogmi assoluti, ma è continuamente in cerca della verità. E che può sbagliare. Ma ha ottenuto risultati straordinari soprattutto nel corso degli ultimi secoli: che hanno permesso di debellare mali terribili, di prolungare di molto l’attesa media di vita, di combattere con successo anche un morbo esploso all’improvviso. Come si spiega allora la caduta, oggi così precipitosa, della fiducia diffusa in questa scienza? Ci sono fattori che caratterizzano specifici Paesi: in Italia il crollo della spesa sanitaria ha portato a una situazione drammatica sia in termini di strutture che di personale, e spesso la comprensibile esasperazione verso ospedali fatiscenti e personale insufficiente viene scaricata proprio su quelli che il lavoro invece, e tra tante difficoltà, lo fanno.
Ci sono altri fattori a carattere globale: la diffidenza in parte comprensibile verso i superprofitti dell’industria farmaceutica, il risentimento verso il sistema delle assicurazioni sanitarie, e d’altra parte il facile accesso in rete a informazioni che spesso non hanno niente di scientifico, o comunque non sono interpretabili seriamente da chi di medicina non sa nulla, e spesso ha difficoltà a leggere testi anche molto più semplici. Tutto questo fa sì che troppi si ergano a giudici senz’appello di chi si sforza di curare, esigendo terapie perfette che non ci possono essere, cercando “responsabili” per ogni morte anche inevitabile. Che troppi pretendano di credere alla “loro” medicina, liquidando come inutile anzi dannosa quella della ricerca e delle istituzioni.
Così una società già divisa dalla diseguaglianza sociali e da opinioni sempre più gridate e incompatibili si trova spaccata anche nei confronti della scienza. Proprio in momenti come questi ci dovremmo rendere conto invece di quanto sarebbero indispensabili alla democrazia princìpi comuni e saperi, per quanto imperfetti, condivisi. —
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