L’ecologismo che non piace alla destra
La crisi climatica non è una “ideologia” da combattere per il suo presunto estremismo. È una realtà terribilmente concreta che minaccia la vita delle prossime generazioni e del pianeta intero


Una vera e propria “Internazionale di destra” è andata prendendo poco per volta forma e forza grazie ai partiti europei detti sovranisti ma ora ha un leader globale: Donald Trump.
Quali sono i maggiori obiettivi polemici di questo schieramento? Sicuramente i diritti conquistati negli scorsi decenni per le donne e per le minoranze, etniche e di genere. Ma anche le politiche di difesa dell’ambiente che mirano alla limitazione dell’uso di combustibili fossili e di devastanti sostanze chimiche, e a proteggere la biodiversità.
Gli argomenti invocati per reprimere le tutele ecologistiche sono però in parte differenti tra loro. Trump e i suoi seguaci, anche nel sostenere l’abolizione di ogni limite ai combustibili fossili, fino a tornare al carbone, ricorrono a un’arma che è loro familiare: il cospirazionismo.
Fanno circolare soprattutto sui social la tesi per cui il cambiamento climatico sarebbe una bufala fabbricata dai nemici degli Stati Uniti e le politiche ambientaliste sarebbero immotivate oltre che ostili agli interessi americani.
Che la ricerca più seria dimostri il contrario per loro non è un problema, anzi: combattere la scienza, dalle grandi università alle verità accertate in campo medico, serve a ottenere larghi consensi.
La destra europea - a cominciare da quella italiana - non arriva a tanto, limitandosi a dichiarare che in Europa «bisogna rivedere le norme ideologiche del Green Deal» e combatterei presunti fanatismi.
L’aggettivo “ideologico” è convenientemente vago e insinuante: chi lo usa non deve assumersi la responsabilità di proporre seriamente politiche diverse né tanto meno di esporre dimostrazioni scientifiche che contrastino quelle su cui si basano le politiche ambientali.
Si dichiarano comunque genericamente dalla parte dell’ambiente, ma sostenendo che le politiche in materia vanno comunque subordinate alle priorità dell’economia e naturalmente (siamo pur sempre dalle parti del nazionalismo) degli “interessi del Paese”.
È giusto ricordare che in questa azione subdolamente propagandistica le destre trovano un aiuto nel modo stesso in cui le politiche ambientali sono comunicate: Green Deal è un’espressione poco comprensibile alla maggioranza dei cittadini e il piano che va sotto questo nome mette insieme molte azioni in parte poco coerenti tra loro.
Però la crisi climatica non è una “ideologia” da combattere per il suo presunto estremismo. È una realtà terribilmente concreta che minaccia la vita delle prossime generazioni e del pianeta intero. Le norme europee sono pur sempre un passo, certo discutibile, per la difesa dell’ambiente. Sopprimerle (perché di questo in realtà si tratta) sarebbe una svolta violenta nella direzione opposta.
Perché la citata “Internazionale di destra” è ostile alle politiche ecologiche? Mentre la sua avversione ai diritti maturati dagli anni Sessanta è parte chiaramente della politica reazionaria che mira a tornare ai “valori tradizionali”, la difesa della natura non è così chiaramente marcata come “di sinistra”, anzi sarebbe parte del bagaglio culturale di molti movimenti conservatori.
Alla base dell’antiecologismo della destra c’è soprattutto la promozione di interessi economici che trovano nelle norme ambientaliste un ostacolo inaccettabile e che agiscono da tempo contro le regole europee. Come ad esempio tempo fa con l’effimero “movimento dei trattori”, scomparso dopo avere ottenuto la soppressione di alcune norme sui pesticidi, ma che ora va formando un potente asse con la nuova Internazionale di oligarchi e nazionalisti.
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